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-Signore, le sta esplodendo la bocca!- mi prese le guance tirandole leggermente

-ma sei scemo? È solo una caramella- gliene diedi un po' invitandolo a mangiarle.

All'inizio si mostrò incerto, però poi le ingoiò.
-cof cof- gli diedi qualche pacca sulla spalla prima che si strozzasse con le granelle. Sorrisi.

Era fantastico come mi facesse ridere anche solo con una stronzata.

-ora andiamo a comprarti qualche maglietta e dei pantaloni, passiamo a fare la spesa, lasciamo tutto in macchina e ci facciamo un giro sulle montagne russe- gli spiegai per poi alzarmi aspettando che lui facesse lo stesso

-La Russia è uno stato, le montagne della russia...-

-si, certo, su andiamo- lo presi per il cappuccio e lo trascinai nel primo negozio di abbigliamento

I minuti passavano interminabili in quel camerino. Lui continuava a ripetere di non voler nulla, ma era palese che ne avesse bisogno.

Era davvero restio. Non si trattava come un essere umano. Aveva una considerazione di sé stesso pari ad uno schiavo nell'antico Egitto.

Dopo circa mezz'ora di cambi, riuscì a comprargli una felpa rossa, una maglia nera con le onde di Kanagawa, dei jeans larghi, una tuta e qualche altra cosa che tanto userò anche io.

Sembrava piacergli quell'ora d'arte. Chissà perchè....

Mentre aspettavo però mi venne un altro dubbio.

Ma noi eravamo amici? O semplici coinquilini?

Stava iniziando a esserci una certa confidenza tra noi, più o meno. Facevamo tutto assieme e convivevamo da quindici giorni.

Di certo non lo amavo, ma per esempio se mi avesse chiesto di portargli la carta igienica sarei tranquillamente entrato nel bagno senza farmi troppi problemi. Avevo iniziato a chiamarlo Eiji.

Anche se lui diceva cose strane tipo che: "non dovevo dargli troppa confidenza, perchè lui era inferiore" o cose così, che io tanto ignoravo.

Non ci abbracciavamo, facevamo complimenti o roba simile. Ma non era una relazione opportunista. Ne avevo abbastanza di quel genere di cose.

In ogni caso, così pareva a me almeno. Glielo avrei chiesto poi. Forse anche lui ci pensava? Non avevo proprio idea di cosa gli passasse per la testa sinceramente.

So solo che al super mercato avvenne una cosa strana. Eijiro mi stava attaccato.

Ora, avrei potuto capirlo se mi fosse sempre stato attaccato da quando siamo usciti, ma qualche ora prima non aveva indugiato troppo a lasciarmi il braccio per allontanarsi a prendere un costume di Halloween per me. O anche ad allontanarsi per entrare nel camerino da solo.

-Signore- mi tirò la maglia mentre cercavo di prendere il latte che sarebbe scaduto il più tardi possibile

-che c'è? Non vedi che sono impegnato?- ripresi la lista della spesa in mano

-mi sento osservato, come se migliaia di piccoli occhi mi stessero guardando- si guardò indietro

Mi girai stranito, non c'era nessuno di sospetto nelle vicinanze. Pensai fosse solo ansia sociale

Ricordavo bene il me bambino che faceva difficoltà a parlare con tutti. A iniziare un discorso e portarlo avanti.

Nel periodo dell'adolescenza mi vennero i primi attacchi di panico.

Nel ripensare alla sensazione di ansia, paura e panico mi venne un vuoto allo stomaco.

Mia madre si informò e capì come aiutarmi a gestirlo.

Una volta, ad esempio, mentre facevamo una cena di famiglia una mia zia lontana mi chiese come mai non fossi con i miei amici.

Io non avevo ancora trovato persone da definire tali. Questo mi portò a provare una tale angoscia da dover scappare al bagno a calmarmi.

Provai, quindi, a ripetere le parole con cui la donna mi aveva tranquillizzato quel giorno. Parole che a me servivano ancora tutt'oggi, e che mi erano rimaste impresse.

-sei stato davvero bravo fino ad ora, fai passi da gigante. Emh ti senti magari mhh come se il petto ti venisse schiacciato? Possiamo respirare ass-

-no no no. Non hai capito. C'è qualcuno che mi guarda me lo sento!- continuava con le sue peripezie

-beh puoi vederlo con i tuoi occhi che non c'è nessuno. Solo il commesso che riodrdina la soba fredda, vabbè comunque ora andiamo via- presi le ultime cose e tornammo alla macchina

Misi le buste nel cofano mentre Eijiro iniziava a respirare forte.

-Oi, sali in macchina. Ci andremo un'altra volta alle giostre- gli accarezzai il braccio

-scusa, non volevo rovinare questa giornata- si asciugò velocemente una lacrima salata

-non è stata colpa tua, avvolte capita di non sentirsi bene. Oggi non hai fatto schifo- gli passai un fazzoletto

Nel silenzio partimmo verso casa.

-potresti prendere un'altra strada? Mi sento ancora pedinato- forse stava esagerando, ma comunque lo assecondai.

Aggiustati lo specchietto retrovisore, c'era solo una macchina nera.

-ora non tormentarti però, andiamo a casa, ci facciamo un tè e sistemiamo tutto quello che abbiamo preso-

Forse se quel giorno non avessi preso quell'altra strada sarei morto, ma ancora non lo sapevo....

Happy Sugar Life KIRIBAKU Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora