Capitolo 15.

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"Quante volte mi è bastata una delle tue voci per farmi dimenticare di tutte le croci."
-Gemitaiz.

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Continuo a guardarmi intorno senza dire nulla, restando semplicemente a bocca aperta.
«É bellissimo.» Quasi sussurro, catturando ogni dettaglio di quel posto per poi guardare Mattia con la coda dell'occhio, sta sorridendo.

E quel sorriso rende tutto ancora più bello, ancora più magico.

Rimango ad osservarlo mentre tira fuori dallo zaino una coperta, stendendola a terra sul prato, per poi sedercisi sopra.
Mi fa cenno con la mano di sedermi vicino a lui, e involontariamente sorrido.

Credo sia questa la vera felicità. I sorrisi quelli spontanei, quelli che non ti sforzi a farli perché devi nascondere la tristezza, ma quelli che ti vengono, così, senza un apparente motivo.

Mi sdraio mettendomi comoda, e lui fa lo stesso. Mi rannicchio avvicinandomi a lui, che con una mano mi accarezza la schiena. Vorrei poter fermare il tempo, vorrei poter essere così, felice, per sempre.

Lascio che il suo profumo invade le mie narici, e si. In questo momento mi sento completamente fuori di testa. Se devo collegare il suo profumo a un qualcosa, io dico che sa di felicità.

Non so per quanto tempo siamo rimasti così, senza dire o fare nulla, semplicemente abbracciati, a guardare il cielo, il lago, le nuvole. Io davvero non lo so, l'unica certezza é che vorrei farlo ancora e ancora, e non mi stancherei mai.

«Di chi ti ricordi per sorridere?» La sua voce é talmente bassa che riesco a malapena a sentirlo, quando sussurra spezzando il silenzio.

Alzo le spalle senza rispondere, senza dare troppa importanza alla domanda. «Tu?» Chiedo poi, alzando leggermente la testa quanto basta per guardarlo. Con la testa sul suo petto, riesco a sentire il suo respiro, anche se non molto, il mio cuore sembra impazzito, lo sento rimbombare come non mai. Non risponde, copiando il gesto che ho fatto io, poi accenna un sorriso, senza incontrare i miei occhi.

Può sembrare stupido, ma quella domanda continua a frullarmi in testa. Così sciocca, e così piena di significato. É un po' come chiedere chi ti salva quando stai per crollare, chi ti tiene in vita. Scegliere una persona, non é poi così facile. A dire il vero, scegliere la tua persona, non è per niente facile.

Che poi, non la scegli tu, vi scegliete, é diverso.

Probabilmente dovrei pensare alla mia famiglia, ai miei genitori, a Simone. Eppure più mi guardo intorno, più mi accorgo che non c'é posto migliore in cui vorrei essere.

Lui ha questa strana capacità di farmi sentire sempre a casa, sempre a mio agio. È come se fossi sempre nel posto giusto, con lui di fianco a me.

«Di te.» Quasi sussurro dopo un po', forse pensando ad alta voce. Non appena mi accorgo di ciò che ho appena detto, giuro che vorrei sprofondare.

Alzo lo sguardo per incontrare il suo, é confuso, credo non abbia capito. Faccio un bel respiro.

«Di te mi ricordo per sorridere.» Ammetto, guardando poi in basso. Non lo sto guardando, ma sta sorridendo, ne sono sicura. Non dice nulla, continua solo ad accarezzarmi, ma per me va bene anche così.

Mi sposto dal suo petto quando sento il suo telefono squillare. Lo osservo mentre lo tira fuori dalla tasca per rispondere, e mi sposto istintivamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Dimme fraté.» Dice, non appena risponde.
«Che cazzo dici?» Quasi urla, alzando il tono di voce. Stavolta sono io a guardarlo con aria interrogativa.
«Cinque minuti e arrivo.» Conclude dopo aver imprecato parecchie volte, per poi chiudere la chiamata.

Continuo a guardarlo, è irritato. Le sue nocche sono bianche, la sua mandibola tesa. Si passa nervosamente una mano in mezzo ai capelli.

«Era Davide.» Mi informa poi.
Davide?
«Che é successo?» Chiedo preoccupata e curiosa allo stesso tempo.
«Simone, vuole buttarmi fuori dal gruppo.» Ride, quasi divertito da ciò che ha detto.
«Come se possono andare avanti senza di me ormai.» Ride ancora, recuperando lo zaino.

Mi alzo, e dopo aver ripiegato e sistemato la coperta, lo seguo in macchina, diretti verso il locale probabilmente.

[...]

«Si può sapere che cazzo di problemi hai?» Siamo appena entrati, credo che non hanno aperto oggi, visto che ci siamo solo noi.
«Tu sei fuori.» Urla Simone, puntandogli il dito contro, per poi spostare lo sguardo su di me.
«E tu faresti meglio a sparire, puttana.» Mi scruta dall'alto al basso quasi disprezzandomi.

«La puttana che ti ama ancora.» Vorrei urlare, ma non lo faccio.
Davide si avvicina, mettendomi un braccio intorno al collo.
«Ci ha raccontato di oggi.» Spiega.
«Non siamo andati davvero a letto insieme.» Mi sento in dovere di giustificarmi per ciò che ho detto poche ore fa, e lui annuisce sorridendo.
«Immaginavo.» Si limita a dire.

«Non vorrei metterti ancora le mani addosso, non so se potrei fermarmi, coglione.» Dice Mattia, ancora palesemente irritato dal contesto.
«Sta zitto.» Ribatte l'altro, probabilmente non sapendo cosa dire.
«Simone pensa cazzo, i clienti si dimezzeranno senza Briga nel gruppo.» Lorenzo cerca di farlo ragionare, ma non credo sia possibile.
«Tu stanne fuori.» Ringhia.

«Vabbene, allora io me ne vado. Non tornate da me a piangere quando non vi si inculerà più nessuno.» Chiude il discorso Briga, prendendo la sua giacca e uscendo dal locale.

Rivolgo un occhiata ai ragazzi, e senza guardare nemmeno per un attimo Simone, esco anch'io seguendo Mattia.

Mattia's Pov.

Dire che sono divertito è poco. Tempo due giorni neanche e ripenseranno a ciò che hanno fatto. Dopo poco che sono fuori, appoggiato alla mia macchina e con la sigaretta tra le labbra, vedo Marika spuntare fuori dal locale.

«Stai bene?» Chiede, mettendosi vicino a me.
«Certo.» Dico subito, ed é così.
«Non sono io ad aver sbagliato.» Alzo le spalle per poi continuare.
«Le questioni di lavoro non devono centrare nulla con la vita privata.» Faccio un altro tiro, per poi guardarla.

«Andiamo a casa?» Chiede, e il cuore comincia ad accelerare. Dio, quanto suona bene questa frase se é lei a dirla.

«Ci campi da me?» Rido, ma infondo non mi dispiace.
«Mi rilassa stare lì, e poi a casa rischio di farmi assalire dai ricordi facendo qualche stronzata.» Stavolta é lei ad alzare le spalle.
«Andiamo a casa.» Le sorrido, mentre saliamo in macchina.

Non appena entriamo lei si butta subito sul divano. Ormai si é fatta sera, e dopo aver mangiato é andata a dormire con un "devo alzarmi presto domani." Per poi sbuffare. É quasi adorabile quando ha sonno con quei capelli spettinati e i miei vestiti.

Salgo in camera anch'io dopo un po', prendendo carta e penna. Incomincio a scrivere e guardando lei, le parole vengono da sole.

Rainbow. | BrigaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora