Capitolo 18.

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"Sapessi quante volte t'avrei detto addio, ma riflesso nei tuoi occhi sembro bello anch'io!"
-Nitro.

Mattia's Pov.

Lei se n'è andata da un po'. Non mi ha nemmeno guardato per sbaglio. Niente di niente, se n'è andata e basta.

Volevo fermarla, ma non l'ho fatto.

Volevo dirle di restare, ma non sarebbe servito a nulla.

Volevo fare mille cose, urlarle contro per poi baciarla, gridarle quanto mi danno fastidio i suoi atteggiamenti, gridarle che la odio e sarei stato sincero, ma alla fine mi sarebbe piaciuta lo stesso.

La odio quando sembra non rendersi conto della realtà, quando la vedo piangere per qualcuno che non la merita, dovrei incazzarmi, dirle quanto è stupidamente ingenua ma puntualmente l'abbraccio.

La odio quando la vedo la mattina, con quei capelli arruffati e gli occhi ancora stanchi. La odio quando mi guarda con quegli occhi che farebbero perdere chiunque si ferma per un attimo a guardarla.

La odio quando ride, cazzo.
Quando lo fa vorrei non smettesse mai.

La odio perché mi piace così dannatamente tanto, ma non può essere mia.

Non posso innamorarmi di lei, non posso permettermi di perdere la testa. Non voglio amarla, farebbe troppo male. Devo salvarmi finché sono in tempo.

Prendo il cellulare, e le invio un messaggio, prendendo la scusa della litigata per allontanarmi.
"Torna dal tuo uomo perfetto, non hai bisogno di un babysitter." Invio, e per un attimo sento un peso sul petto, e sembra che il mio cuore batte un po' di meno consapevole del fatto che non sarà più come prima.

"Perfetto." Dice la risposta. Rientro in casa, mentre il freddo e la rabbia crescono ogni secondo di più, e scoppio quando vedo il nostro "quadro" appeso ancora al muro. Tiro un pugno per sfogarmi e poi mi butto sbuffando sul divano.

Quel fottuto cuscino ha ancora il suo odore.

Mi siedo, affondando le mani tra i capelli. Non posso farcela qui, troppi ricordi insieme.

Sembra stupido e incredibile allo stesso tempo, ci si può affezionare ad una persona in così poco tempo, e fa così dannatamente male quando la vedi scivolare via.

Prendo le chiavi chiudendo la porta alle mie spalle dopo aver preso tutte le mie cose, ora neanche quel posto era più lo stesso senza lei.

Marika's Pov.

«Allora?» Sbuffa lei per l'ennesima volta, per poi portare una mano sulla mia spalla con quel sorriso che farebbe sorridere chiunque.

«Okay andiamo.» Dico finalmente, e lei annuisce aprendo lo sportello. Siamo rimaste in macchina davanti al locale per un po', dovevo solo trovare le parole giuste ed evitare di parlare di noi. Sempre se c'è mai stato un noi.

«Guarda chi c'é!» Sorrido automaticamente non appena vedo Davide corrermi praticamente incontro.
«Ehi!» Rido quando mi prende in braccio girando su se stesso.

Quando i miei occhi incrociano quelli di Simone, la mia espressione cambia.

Dopo aver salutato tutti, mi schiarisco la voce prima di iniziare.
«Come vanno le cose al locale?» Chiedo, girando intorno al discorso.
«Alla grande.» Si affretta a rispondere quello che una volta era il mio ragazzo.
Noto i ragazzi guardarlo con un'espressione quasi indecifrabile.

«Di merda.» Lo corregge Lorenzo.
«I clienti si sono dimezzati, o peggio.» Aggiunge Davide.
«Magari potete prendere in considerazione l'idea di far tornare Mattia.» Suggerisco, alzando le spalle.
«Prima di tutto non se ne parla, parlando di quel coglione.. Non ha le palle di venire a parlarci lui?» Sputa Simone ed io comincio ad innervosirmi.

«Sei serio? Il coglione che non ha le palle ti ha steso l'altro giorno, e.. ah. Tu non hai reagito.» Rispondo a tono, per poi concludere con un falso sorriso.

«Io dico che Briga rientra.» Si intromette Davide, guadagnandosi un'occhiataccia dall'amico.
«Scusa frà, ma continuando così dovrò chiudere il locale. Anche per me dovrebbe tornare.» A quell'affermazione di Lorenzo noto con la coda dell'occhio la mandibola di Simone tendersi.

Prende la sua giacca palesemente irritato, brontolando una sfilza di parole irriconoscibili, per poi chiudere sbattendo la porta del locale.

Prendo il telefono dalla tasca per informare Mattia.
"Vieni al locale. Ho una sorpresa per te, dovrò pur farmi perdonare per stamattina no? So che non puoi capirmi ma riassumo in due parole: sindrome premestruale. Dai su, sBRIGAti. Okay, era pessima. Ti voglio bene." Ridacchio mentre invio il messaggio dopodiché prendo posto al tavolo insieme agli altri.

Tra una chiacchiera e l'altra la risposta non tarda ad arrivare.
"Usate troppo spesso la scusa del ciclo voi ragazze sai? Poi magari incontrate anche un coglione disposto a perdonarvi. Ovviamente non parlo di me. Vengo ad una condizione, Ciamber." Sorrido per quel buffo nomignolo non appena leggo.

"Quale condizione?" Chiedo, evitando il discorso sul ciclo.

"Stasera voglio te, un film horror, e del cibo, al rifugio. Ci stai?" Il sorriso si amplia leggendo.

"Ci campo da te?" Invio, riprendendo ciò che lui aveva detto qualche giorno fa.

Mattia's Pov.

"Non mi dispiace poi così tanto. Cinque minuti e arrivo." Invio prima di entrare in macchina.

Da quando l'ho sentita ho cambiato totalmente umore.

E contro ogni possibile ragionamento le ho chiesto per l'ennesima volta di venire da me.

Il fatto è che a volte invece che la cosa giusta bisognerebbe fare la cosa che ci rende felici no?

Non appena entro al locale noto con mia grande felicità che di Simone non c'è traccia.

«Ri-benvenuto nella band.» Ridacchia lei, indicando i ragazzi.

«Anche se per poco mi è mancato il tuo sorriso.» Dico, avvolgendole il collo con un braccio e lasciandogli un leggero bacio sulla guancia.

Restiamo per un po' lì mentre facciamo qualche prova e mi stupisco del fatto che non riesco a staccarle gli occhi di dosso mentre canto.

Come se le stessi dedicando tutte le mie rime, le mie canzoni più belle, me stesso. Come se le stessi dedicando il mio mondo.

Dopo essere tornati al "rifugio", ci piazziamo sul divano col computer davanti sommersi da patatine, cioccolata, popcorn e buonissime altre schifezze decisamente poco salutari.

Durante il film sento lei stringermi il braccio. «Hai paura?» Quasi rido, chiedendo. «Fottiti, tu e il film horror.» Ribatte, facendomi scappare un'altra risata.

Cerco sotto le coperte la sua mano, per poi stringerla intrecciandola con la mia.

«Fifona.» La prendo in giro scherzosamente, e il mio cuore sembra accelerare quando lei non risponde, ma stringe la presa avvicinandosi di più a me.

«La prossima volta col cazzo che vengo, ora non riesco a dormire.» Sarà almeno mezz'ora che si lamenta girandosi e rigirandosi nel letto, non facendo dormire neanche me.
«Sono tutte stronzate.» Cerco di tranquillizzarla ma non posso fare a meno di ridere.
«Stronzo.» Sbuffa lei, girandosi ancora.

«Vieni qui.» Sospiro, avvicinandomi a lei, facendo aderire la sua schiena al mio petto e circondandole la vita con un braccio.
«Va meglio?» Chiedo, lasciandole poi un bacio sulla spalla. Sorrido quando annuisce.

«Sei consapevole del fatto che non ho praticamente più una casa da quando ti ho conosciuto?» Dice poi, quasi sussurrando. Non ho il tempo di rispondere che lei continua.

«Mi sento un po' come se fossi tu, la mia casa.»

Rainbow. | BrigaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora