28. Sospetti

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Dopo una domenica tranquilla passata in compagnia di Osman, Adile, la bimba, Cey Cey e Ayhan, una nuova intensa settimana di lavoro iniziò. Can era ancora un po' arrabbiato con Sanem per la storia di Deren.

Arrivò il lunedì e sperò di distrarsi un po' concentrandosi sul tanto lavoro in corso, ma quando quella mattina raggiunse l'ufficio, dopo aver salutato sua moglie, diretta al piano di sotto, ci trovò Deren.

Era comodamente seduta sul suo divano. Dalle vetrate notò che suo fratello Emre non era ancora arrivato.

Entrambi erano arrivati prima del solito.

Deren l'attendeva con ansia.

Quando Can entrò non si accorse subito di lei. Solo quando, raggiunta la sedia della sua scrivania, si rese conto di chi aveva davanti.

"Buongiorno." lo salutò Deren.

"Buongiorno... Deren? Che ci fai qui? Che succede? Ci sono problemi?" chiese Can a raffica.

Non era da lei aspettare nel suo ufficio.

Deren si alzò e chiuse la porta.

"Dobbiamo parlare." disse.

"Dalla faccia non si prospetta niente di buono..." commentò Can osservando la sua espressione seria.

"Ascolta, se ci sono problemi con qualche progetto, dammi il tempo di accendere il pc per controllare due cose e poi facciamo subito una riunione, va bene?" disse Can mettendo subito le mani avanti.

"No, Can, tranquillo non riguarda il lavoro. Ho bisogno di parlarti di un'altra cosa." rispose Deren seria.

"Adesso mi preoccupi... che succede?" chiese aggrottando la fronte.

"Vieni." disse facendogli segno di sedersi vicino a lei.

Can obbedì in silenzio.

La guardò e poi chiese perplesso: "Bulut Sta bene?"

"Bulut? Certo che sta bene! Perchè dovrebbe stare male?" chiese retoricamente lei.

"Ok, allora parla, non tenermi sulle spine." la spronò Can.

"Ecco, non so da dove cominciare..." ammise Deren.

"Dall'inizio... penso che sarà più semplice." rispose sarcastico lui.

"Ecco... Can sabato ho notato la tua espressione... non era poi così diversa dalla mia." iniziò.

"La mia espressione? Che aveva la mia espressione? A cosa ti riferisci Deren?" chiese Can sempre più confuso.

"Penso che anche tu abbia pensato la stessa cosa che credo io.... Riguardo ad Hatay." disse timidamente.

"Hatay? Deren, seriamente hai chiuso la porta del mio ufficio per parlare di Hatay?" chiese Can.

"Can... ma non capisci?!" sbottò Deren.

"Cosa non capisco?" chiese lui a sua volta.

"Uffa... voi uomini... Can ma sei serio? Non dirmi che il cognome Yuksel non ti dice proprio niente..." disse Deren.

"Ah... quello..." dici.

"Eh! E cos' altro?" rispose retorica lei.

"Ecco, per un attimo ammetto di averci pensato, ma hai sentito, no? Non può essere lei. E' una coincidenza. Non fissiamoci la testa." rispose subito lui.

"Una strana coincidenza però... non ti sembra?" le chiese Deren.

"Voglio dire, appena ho sentito pronunciare quel cognome, mi si è gelato il sangue nelle vene. Ho pensato che il passato stesse bussando di nuovo alla nostra porta." disse Deren toccandosi il petto.

2. QUESTO E' SOLO L'INIZIO. STORIE DI UN FUTURO DA RACCONTARE (ITA VERSION)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora