35.Tulip

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Odiavo il giorno del mio compleanno, non mi piaceva festeggiarlo e tendevo a ricadere nelle vecchie abitudini più facilmente. Avrei potuto bermi una bottiglia di whisky intera mentre scopavo il primo ragazzo che mi capitava sott'occhio, Raiden magari o un altro sulla lista, oppure Axel che non si faceva mai sfuggire l'occasione di starmi più vicino. Tendevo a mettermi nei casini, avere atteggiamenti autodistruttivi lasciandomi andare fin troppo.
A:<<Quindi per stasera è tutto pronto>>
Ero a casa di Axel quella mattina, sapeva di non potermi lasciare sola in un momento simile da quando mia madre se ne era andata, e per questo passavamo la giornata insieme. Se durante gli altri giorni dell'anno ero inavvicinabile, al mio compleanno ero vulnerabile e mi lasciavo accudire, anche se solo dal mio migliore amico. Per questo ora mi ritrovavo sdraiata sul suo divano con la testa sulle sue gambe, mentre mi accarezzava. Non avevo superato l'abbandono di mia madre e sapevo che probabilmente non l'avrei mai fatto.
<<Non credo tornerò qui dopo la festa>> dissi voltandomi verso la sua pancia e guardandolo meglio da sotto. Detestavo guardare un uomo dal basso, tuttavia mi sentivo... non sapevo come mi sentivo... ma era orribile, vuota e insignificante.
A:<<Perché no? Torniamo sempre a casa mia, mangiamo, ci guardiamo un film e dormiamo insieme>>
Avevo trascorso anni all'insegna del sesso e dell'alcool per passare la notte senza ricordare chi mi avesse lasciato senza dire niente, da quando avevo preso sul serio la terapia però, avevo trovato la soluzione per non autodistruggermi: Axel. Era l'unico che sapesse come gestire le mie emozioni, i miei attacchi di rabbia e non lucidità. Lo era, fino a quando non incontrai Jay.
<<Dovrei stare da Jay>> mi passò il pollice sulla guancia destra e le altre dita dietro la nuca, massaggiandomi e facendomi socchiudere appena gli occhi.
A:<<Non sarebbe meglio stare qui con me? Posso essere molto gentile e->> non lo lasciai finire
<<Non usare parole che usi con le altre con me>> alzai gli occhi al cielo e mi alzai mettendomi seduta. Non gli mancavano le donne, ne aveva tante ai suoi piedi ma ciò che non avevo mai sopportato erano i giochetti che spesso proponeva anche a me. Mi faceva sentire non speciale.
A:<<Nessuna vuole che io sia gentile e anche se lo volessero, non riuscirei>> lo guardai con la coda dell'occhio da dietro la mia spalla sinistra e mi focalizzai per un attimo sulle sue labbra, carnose e sinuose.
<<Non riusciresti>> non era una domanda, forse più una riflessione a voce alta anche se mi scivolò fuori come un sussurro.
A:<<No>> sospirò e mi tirò verso di sè, facendomi appoggiare il viso al suo petto. Era caldo, il suo cuore batteva così forte che mi sembrò risuonasse in tutta la stanza e le sue mani grandi e un po' ruvide mi accudivano. Profumava di pulito e della sua solita nota tostata e speziata. Soffocava i miei istinti malsani dandomi attenzioni, ma sapeva che sarebbe durato poco e non gli avrei dato ciò che mi chiedeva ininterrottamente da quando eravamo piccoli. Ci avevo provato una volta ma lui aveva tradito la mia fiducia e le cose cambiarono in seguito a mia madre e altre ragioni.
A:<<Sai che possiamo tornare in Florida quando vuoi, dai miei genitori>>
<<Mi mancano i tuoi>>
Il signore e la signora Astor, o come li chiamavo io, Oliver e Audrey. Mi avevano accolto nella loro casa quando ne avevo più bisogno, avevo addirittura una camera mia per quando volevo scappare dalle grinfie di mia madre, ma credevo di averli delusi dopo essermene andata.
A:<<Manchi molto anche a loro, mi chiedono spesso come stai, quasi più di me>> rise, facendomi vibrare il corpo e un magone misto a rimorso si diffuse nel mio cuore.
Ricordavo dei biscotti fatti in casa da sua madre, delle chiacchierate davanti al camino con suo padre e delle corse in giardino a notte fonda con il mio amico quando ero ancora una bambina. Erano ricchi da far paura, come la mia famiglia, ma erano umili ed entrare nella loro villa era meglio di tornare a casa mia. Mio fratello non era sotto il mirino di mia madre come lo ero io, spesso lo portavo con me dai signori Astor quando non riuscivo a nascondere i lividi per solo una giornata e chiedevo loro di tenerlo all'oscuro di tutto. Lo volevo proteggere, più di quanto salvaguardassi me stessa, ma pur essendo facile mentire a un bambino più cresceva più era difficile trovare scuse.
Era parte di me e non doveva essere come me, lui doveva essere ciò che io non sarei mai riuscita a diventare... migliore.

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