48. Tulip

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Erano cambiate così tante cose nel giro di qualche anno: Axel, la persona che credevo mi sarebbe stata accanto senza chiedermi nulla in cambio, stava diventando insistente e indagando sul mio ragazzo; le sessioni bdsm nei club erano diventate solo un lontano ricordo, come il vizio di frequentare persone diverse ogni settimana; una persona era entrata nella mia quotidianità e l'aveva completamente stravolta, facendomi quasi odiare la persona che ero prima di conoscerla.
Pensavo a questo mentre cercavo di respirare, tentando di controllarmi.
Controllo, controllo, controllo.
Sarebbe mai cambiata la corsa verso la conoscenza di sapere qualsiasi cosa sarebbe accaduta? Probabilmente no e per questo, cedere mi spaventava più di tutto il resto.
Una mano familiare e con due vene inconfondibili sfiorò le mie, e in un secondo mi ripresi: ero a cena alle Hawaii, con Jay.
<<Scusami>> esordii accennando un sorriso, mi ero estraniata senza neppure farci caso.
J:<<Domani ho la giornata libera, riprenderò con il secondo incontro il giorno dopo>> cambiò discorso, facendomi sentire meno in colpa per non averlo ascoltato.
<<Sai contro chi combatterai?>> la brezza marina e il caldo mi colpirono dalle caviglie fin sulle guance, percependo il sale sulla pelle. Avevo optato per una cena semplice: tavolino in legno sulla spiaggia e il ristorante alle nostre spalle prenotato solo per noi.
Addentai un pezzo di salmone, così buono da farmi salivare incessantemente ma cercai di concentrarmi.
J:<<Un certo Pankow, non so molto di lui, preferisco non farmi troppe idee su come sia ma sulla sua tecnica>> bevve un sorso d'acqua, contraendo leggermente il bicipite gonfio da sotto la camicia leggera bianca e guardandomi con la coda dell'occhio mi sorrise mostrando la fossetta.
Mi stava provocando?
Non capivo oggettivamente cosa mi attraesse nel vederlo dopo un incontro o dopo gli allenamenti, sapevo solo che lo volevo di più e in modo diverso. Il sudore sulla sua pelle, i muscoli ancora tesi per lo sforzo e l'espressione che aveva quando mi guardava non era la solita, sapevo avesse meno filtri. Era la prima volta che un uomo mi attraeva perché era un uomo o forse perché lui sapeva esserlo bene.
<<E cosa sai della sua tecnica?>> accavallai le gambe implorando al calore che proveniva dalle cosce di smettere.
J:<<Che è lento, dovrei riuscire ad aprirmi un varco e prenderlo alla sprovvista>> si strofinò la mascella, dove si intravedeva la barba scura che cresceva e mi accorsi che non aveva indosso l'anello che gli avevo regalato.
<<Non hai l'anello>> un magone mi colpì la bocca dello stomaco perciò contrassi i denti per placarlo.
J:<<Mi si gonfiano le mani dopo gli incontri, Tulip>> fece una pausa e poco dopo indietreggiò, alzandosi in piedi e arrivando dall'altro lato del tavolino. Non aggiunsi nulla, non controbattendo e reprimendo l'istinto di prendermela.
Forse quell'anello non era poi così importante, pensai mentre giocherellavo con il mio, che non toglievo mai.
J:<<Incredibile...>> sorrise scuotendo la testa, incredulo per qualcosa che non mi era chiaro.
Mi ritrovai, senza il minimo preavviso, presa e caricata sulla sua spalla.
<<Si può sapere che diavolo stai facendo?!>> ero tanto alta da avere le vertigini, era in quel modo che vedeva il mondo?
J:<<Credi non capisca quando te la prendi?>> il tatto ruvido dei suoi polpastrelli mi strinse una gamba, proseguendo ad ogni passo maggiormente verso l'altro.
<<Jay>> protestai debolmente, non c'era nessuno nei paraggi e fortunatamente potevamo arrivare alla suite anche da una via più privata senza dare spettacolo. Mi agguantò il sedere da sotto il vestito facendomi mugolare e il pollice sfiorò il mio centro aumentando il formicolio che percepivo. Le palpebre si fecero pensanti mentre tentavo di rimanere lucida guardandomi attorno.
Cosa aveva in mente di fare?
Dopo un breve tragitto si fermò per un istante, aprendo la porta che mi sembrò della nostra stanza e dopo qualche passo mi sdraiò sul divano.
Avevo fame, dannatamente fame, ma non volevo ammetterlo.
J:<<Ti infastidisce non abbia l'anello?>> da in piedi si sbottonò i pantaloni liberandosene rapidamente.
<<Non mi va di dirtelo>> incrociai le braccia, la carta della seduzione era mia e sapevo tenerla a bada molto più di lui.
J:<<Ti ha dato parecchio fastidio allora>> si fece spazio tra le mie cosce, cercando di ammorbidirmi baciandomi il collo ma con scarsi risultati.
J:<<Non ti piace proprio l'idea di vedermi libero, mh?>> si abbassò, alzandomi il vestito e succhiandomi l'interno coscia.
<<Non tirare la corda>> lo avvisai, per quanto mi eccitasse la situazione e avessi immaginato di ritrovarmi lì con lui, non doveva esagerare.
J:<<Me lo fai venire duro quando mi parli così>> un tremore e vuoto mi iniziò a premere il basso ventre, e prima che potessi replicare la sua bocca era sulla mia intimità. Mi feci sfuggire un gemito e percepii il suo sorriso contro le mie mutandine subito dopo.
Stronzo.
<<Piace più a te che a me>> percepii il tessuto abbandonarmi e le sue labbra nuovamente su di me, senza barriere. I brividi mi percorsero ogni centimetro della pelle, rendendomi difficile trattenere il piacere e la schiena che si inarcava.
J:<<Sono certo sia così>> intravidi il suo sguardo color ghiaccio orgoglioso di ciò che stava facendo, tentando probabilmente di farsi perdonare per non aver indossato l'anello.
Si stava impegnando e Dio se lo stava facendo bene.
Quando si sollevò per darmi un bacio sulle labbra, alzai le gambe tremanti per stringerlo a livello delle anche, sapendo quanto adorasse quella sensazione.
J:<<Sei ancora arrabbiata?>> sussurrò preso a succhiarmi il collo e prendendomi i fianchi.
<<Non sono arrabbiata, vorrei solo prendertelo...>> dissi mentre con entrambe le mani andavo alla ricerca del suo cazzo e glielo liberai dai boxer <<e metterci qualcosa qui, magari lasciandotelo per giorni quando non ci sono>> strusciai il pollice sul glande, soffermandomi sull'apertura dell'uretra spingendo leggermente <<cosa ne pensi? Molto meglio di un collare o un anello, no? Non si vede ma lo senti>> il suo respiro era profondo, caldo, e soffiava contro il mio viso.
<<Sembravi così sicuro di te fino a poco fa>> sbattei le ciglia, prendendomi gioco di lui e parlandogli poco distante dalle labbra. Era completamente preso dalla situazione, come ogni volta che minacciavo il suo cazzo d'altra parte, era il modo più veloce per ottenere la sua attenzione.
<<Sei fortunato che non siamo qui per divertirci ma questi giorni passeranno in fretta e->> la sua bocca su di me non mi permise di concludere la frase e quando cercai di staccarmi, la sua lingua mi prese con un'intensità tale da farmi girare la testa.
J:<<Mettimi al mio posto Tulip>> insinuò una mano nel varco tra i nostri corpi, prendendo le mie ancora avvinghiate al suo membro.
J:<<Mettimi dove vuoi>>.
Quella sera fu la prima, in tutta la mia vita, in cui lasciai ad un uomo di stare sopra di me e prendermi ripetutamente con un ritmo incessante. Era dolce, gentile e mi rendeva ancor più sensibile ad ogni falcata dentro di me.
J:<<Stringimi>> mi ripeteva mentre andava avanti a darmi piacere e io lo ascoltavo, non gli schiodavo le braccia dal collo desiderando fosse reale.
Merda, mi stava piacendo troppo.
Mi venne da piangere quando il culmine iniziò a presentarsi dietro l'angolo, piansi così tanto da non riuscire a trattenere i singhiozzi e il tremore. Mai mi sarei fidata di un altro uomo come mi fidavo di lui.
J:<<Concentrati su di me Tulip, sono io>> mi baciò ogni lacrima versata, ogni punto che sentivo soffocare e ogni parola che non riuscivo a dire. Sorrisi senza rendermene conto quando incrociai nuovamente il suo sguardo, ero felice e spaventata allo stesso tempo.
Ci si sentiva così mentre si stava guarendo?
Le cicatrici sulla mia schiena si infuocarono quando strinsi le cosce e vennì, ma non ebbi il tempo di pensarci che mi sollevò dal divano per portarmi chissà dove.
J:<<Stai bene?>> chiese mentre mi teneva sopra di sè su quello che riconobbi il letto della suite. Annuii, ringraziandolo mentalmente per non aver esagerato sovrastandomi con il suo peso. Mi sentii leggera cavalcandolo fino allo sfinimento, fino a quando non venne senza lasciare neanche una goccia sul lenzuolo color panna.
Urlai e mi sfogai, reclamando quelle dannatissime gocce che ora colavano giù per le mie cosce.
Il vizio di farmi una doccia dopo il sesso non era, però, cambiato. Non correvo più nel bagno senza spiegazioni ma sentivo ugualmente la necessità di pulirmi, anche se non lo facevo più da sola.
J:<<Spero di non aver esagerato>> passò una spugna sulle mie spalle e mi spinse con la schiena al suo petto.
<<No, è stato solo diverso>>
"Diverso", diverso dall'avere il controllo, dal sapere se e cosa sarebbe successo poi...
Sì, era stato decisamente diverso.
Il suo tocco sulla pelle sembrò l'azione più naturale al mondo, il profumo che emanavano i suoi capelli era tanto simile al mio dal credere stessimo vivendo insieme. Pensai, per solo un istante, che quei giorni alle Hawaii fossero la mia quotidianità, che ritrovarmi con lui nella doccia fosse consuetudine e pure ascoltare il suo respiro e il cuore che batteva forte sotto il mio orecchio.
J:<<A volte immagino di essere seduto su una panca sul portico di una casa in legno, sai, una di quelle vecchie... e di chiamarti, il caffè sta diventando freddo e so quanto ti piaccia caldo ma non arrivi perciò ti chiamo ancora e ancora>> sospirò <<fino a quando non mi raggiungi, portandomi una felpa e rimproverandomi di non fare attenzione al vento di quel periodo, sei bellissima ma diversa>> lo ascoltai, attenta ai particolari del suo racconto. La luce soffusa, il clima ventilato e la nostra vicinanza rendeva il tutto ancora più romantico. Non mi era chiaro il punto del suo racconto o come fossi arrivata asciutta nel letto ma sentivo stesse per dire qualcosa di importante.
J<<A volte ti immagino mentre hai qualche anno in più di adesso, mentre prendi in braccio un marmocchio alto mezzo metro e mi dici di farlo giocare a baseball nel giardino>> spalancai gli occhi, incredula su ciò che aveva appena detto. Ero innamorata, certo, ma non avrei pensato lo fosse anche lui fino a quel punto.
J:<<So che siamo su due mondi completamente differenti, che dobbiamo finire gli studi e che tu andrai chissà dove come avvocato ma mi piace immaginare una realtà come quella...>> era calmo e la sua tranquillità fece quietare il respiro anche a me. Non ero spaventata ma spaesata, davvero un ragazzo come lui voleva una vita del genere con me?
J:<<Ti chiederò di sposarmi un giorno, anche se so che potresti avere ben meglio di me perché non sei l'unica a dire di essere egoista, lo sono anche io>>
Passarono pochi minuti, interminabili ma intensi, ero certa sapesse a cosa stavo pensando e che mi stava lasciando del tempo per elaborare.
<<Vorrò un cane>> sussurrai con un filo di voce, non avevo il coraggio per parlare più forte.
J:<<Un cane?>> rise, probabilmente scaricando la tensione e mi sollevai, guardandolo direttamente.
<<Un pastore belga nero, per la precisione, e con il pelo lungo... ne avevo uno uguale quando vivevo in Florida>> mi dolevano le guance da quanto stavo sorridendo, era già come vivere un sogno e una parte di me immaginava lo stesso futuro per entrambi. Desideravo che i nostri destini fossero uniti in una sola sostanza, non mi importava di nient'altro e sapere quanto i suoi sentimenti fossero proiettati nel futuro mi rendevano sicura come non mai.
<<Ti amo, angelo>> dissi mentre gli stampavo un bacio sulla fronte <<ma per la faccenda del bambino, mettimi prima l'anello al dito>>

Burning Snow 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora