Capitolo 3

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L'indomani mi recai al parco e come ogni sabato mattina mi aspettava, seduto all'ombra di un salice, il mio amico Carl. Un simpatico settantenne afroamericano, veterano dell'esercito e grande appassionato di scacchi. Lo trovai seduto al solito tavolino, mi aspettava con la scacchiera, una di quelle pieghevoli, già aperta e con tutti i pezzi posizionati nelle loro case con una cura meticolosa. La storia di quella scacchiera era particolare: l'aveva acquistata la fidanzata di Carl, Louise, in negozio di antiquariato di New Orleans, gliela regalò per il suo ventunesimo compleanno, poco prima che partisse per la guerra in Vietnam. Quando tornò a casa, trovò la sua ragazza con un altro e spaccò il naso del ragazzo proprio con quella scacchiera. I due, però, si amavano e quando Louise riparò la scacchiera, tornò tutto come prima.

"Buongiorno, Nick."

"Buongiorno, Carl."

Non era di molte parole, anche se qualche volta gli piaceva intromettersi negli affari degli altri, soprattutto nei miei.

Dopo le consuete carezze di benvenuto ad Argo, iniziammo a giocare. Io avevo il bianco, quindi toccava a me l'incombenza di iniziare la partita. Di solito, avere un tempo in più rappresentava un vantaggio, ma contro un avversario come Carl, molto bravo nel difendersi e contrattaccare, diveniva quasi un disagio: una scelta sbagliata e zac! Partita andata. Sia chiaro, non ero certo un gran maestro ma giocavo da tempo, soprattutto online contro altri giocatori da tutto il mondo. Non me la cavavo male, anzi ero abbastanza bravo. Però, spesse volte dovevo arrendermi davanti all'esperienza di una vita intera, accumulata da Carl in giro per il mondo, soprattutto a Manhattan. Quando abitava nella grande mela, partiva dal Bronx e trascorreva intere giornate in posti come il Washington square garden o in altri parchi a giocare a scacchi, ripulendo i malcapitati a colpi di cinque o dieci dollari.

La partita ebbe inizio. Pedone in e4 per me, pedone in e5 per Carl. Sviluppo di cavalli, di alfieri e iniziarono i primi scambi di pezzi.

"Allora, come vanno le cose?" chiese.

"Bene direi, tu?"

"Mhmm," rispondeva sempre con un grugnito se non aveva voglia di replicare. "Niente amichetta oggi?"

"No, anche ieri mi ha dato buca."

Riuscii a prevedere un suo attacco e col cavallo minacciai la sua donna che fu costretta a spostarsi. Ribatté con un grugnito dei suoi.

"E il lavoro, come va?"

"Alla grande."

"Scrivi ancora quelle porcherie?"

"Non sono porcherie. Alla gente piace e poi vendono bene, quindi..."

"Quindi un cazzo, ragazzo! Soldi o meno, rimarrà sempre porcheria. Sbaglio o la prima volta che ci siamo visti avevi detto di voler scrivere il nuovo romanzo americano? Ne è passato di tempo."

"Scrivere il nuovo romanzo americano non è poi così facile, e se una cosa non ti piace non vuol dire che sia una porcheria."

"L'arte moderna però è una porcheria."

"Sì certo, quelle cose non hanno alcun senso."

"L'ho letto il tuo primo libro, Nick, anche se era una storia per ragazzi si intravedeva il talento. Secondo me stai solo perdendo tempo dietro a quella ragazza. Concentrati sul tuo lavoro."

"Non vado dietro a quella ragazza, è già impegnata."

"Come se te ne importasse qualcosa."

"Ma come siamo chiacchieroni oggi."

Da lì in poi, quasi per dispetto, rimase in silenzio per una quindicina di minuti. Ebbi un paio di sviste clamorose, lui mi graziò alla prima, ma alla seconda non ebbe pietà e fu così che persi la prima torre, non ci volle molto per perdere anche l'altra. Abbandonai qualche mossa dopo, mi accorsi che ero troppo distratto per giocare decentemente.

Sempre in silenzio, Carl sistemava i pezzi per la prossima partita.

"Proprio ieri gli ho visti mentre litigavano in macchina, almeno credo. Lui sembrava molto arrabbiato."

"E lei?"

"Lei, lei sembrava triste. Camminava come se avesse una palla di ferro attaccata al piede, quasi avesse paura di salire in casa con lui."

"Tutto questo l'hai capito guardandoli dalla finestra?"

"Che vorresti dire?"

"Magari stai lavorando un po' troppo di fantasia. Magari vedi solo quello che vuoi vedere: un'opportunità per stare con lei."

"So bene quello che ho visto."

"E anche se fosse? Sai quante volte ho litigato con Louise? Un'infinità, ma poi si sistemava tutto. C'era quella cosa che chiamano amore."

"E se qui non ci fosse?"

"Assicuratene con certezza."

"Come?"

"Chiediglielo! Adesso giochiamo."

"Quello che dici non ha senso."

"Siete voi giovani a non avere senso. Avete timore della vostra stessa ombra. Se nel sessantotto volevi una ragazza te la prendevi e basta. Se ci stava ok, se no amen, ne puntavi un'altra."

"Vorrei  che oggi fosse così semplice."

"Sei tu a rendere tutto difficile, datti una mossa a concludere con lei e inizia a scrivere quel romanzo. Ho una certa età sai, e vorrei leggerlo quando ancora sarò in grado di comprenderne le parole. Prima di entrare in un ospizio, non so se mi spiego."

"Perfettamente."

"Prima di aver bisogno di una badante straniera anche solo per pulirmi il..."

"Dai smettila! Ci seppellirai tutti quanti."

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