Capitolo 15

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Italia, estate 2021

C'era tanta euforia nell'aria insieme all'afa. Dopo la vittoria dei campionati europei di calcio, ogni italiano aveva riscoperto dentro di sé un senso patriottico che non sapeva di avere. Ci sembrava di essere invincibili, pieni di orgoglio e senza nulla da invidiare agli altri.

Invece, per me le cose non erano affatto cambiate. Vivevo le mie giornate come al solito: tra il lavoro precario di supplente in diritto alle superiori e i miei tentativi di sfondare come scrittore. Avevo sempre desiderato di riuscire a sfondare in qualcosa, ma l'unica cosa che riuscii a rompere nella vita, fu la finestra della mia classe con una pallonata in prima liceo.

Nonostante i grandi desideri, la mediocrità restava il mio marchio di fabbrica.

Non c'è niente di più brutto della mediocrità. È come un eterno limbo da cui è quasi impossibile uscire, e io c'ero dentro fino al collo.

Ne ero la personificazione vivente. Tutto ciò che mi circonda la richiama, è inevitabile.

Ma nella mia mediocrità c'era lei, fuori posto come un elefante in una cristalleria, si era insinuata nella mia vita in modo defilato, ma con effetti dirompenti.

Ritornai a casa e Cristina mi aprì la porta. Ero stato a fare compere, mentre lei si organizzava per la cena. Avere il suo sguardo su di me mi faceva sempre sorridere, anche questa volta fu così.

Lei aveva un modo tutto suo di farmi sentire speciale. A me bastava stare con lei per essere felice, ma Cristina, invece, riusciva a tirare fuori il meglio di me. Ogni volta che mi vedeva trovava sempre qualche cosa da correggere, che fosse un capello fuori posto, gli occhi arrossati, la camicia sgualcita o un pessimo abbinamento di vestiti. E una volta messo tutto a posto, mi rubava furtivamente un bacio, come se fosse un timbro di garanzia da applicare su un prodotto. Trascorsi i primi mesi di convivenza, iniziai a fabbricare intenzionalmente dei piccoli difetti da farle aggiustare e ogni volta le nostre labbra si trovavano.

Mi piaceva da morire essere approvato da Cristina.

"Ciao, hai preso tutto?"

"Sì, tutto quello che hai scritto."

"Sei passato di nuovo in libreria?" chiese vedendo la busta coi libri.

"Non posso farne a meno, lo sai."

"Dovrebbero dedicarti una targa visto quanto tempo passi lì dentro."

"Una vita senza libri è una vita che non merita di essere vissuta."

"Sì, sì, ma non esagerare. Ogni volta che vai lì lasci minino cinquanta euro."

"Non è vero... forse. Ma stavolta mi sono trattenuto."

"Non ti credo." disse disfacendo le buste della spesa.

"Nemmeno io. Però, quando esco da una libreria con una busta pesante in mano, mi sento molto più ricco di quando sono entrato. E poi una volta fuori, vedendo quelle persone con abiti tutti uguali e telefoni da mille euro alla mano, mi sento ancora meglio, perché io possiedo qualcosa che altri non hanno, a cui nemmeno pensano, cose che non possono immaginare restando soffocati nell'anfratto del conformismo."

"Matteo!"

"Che c'è?"

"Hai dimenticato i pomodorini."

"No, li ho presi."

"Hai preso solo quelli rossi, dovevi prendere anche quelli gialli."

"Ah, c'era scritto nella lista?"

"Sì. C'era scritto."

"Scusa, ci ritorno."

"No, lascia stare. Mi devi aiutare qui."

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