Capitolo 14

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Dormii fino a tardi. Un sonno inquieto, un po' per il caldo, un po' per ciò che era accaduto la notte scorsa.

Il giro delle librerie era terminato e questo era il mio ultimo giorno a New York. Avrei dovuto liberare la stanza nel pomeriggio, come da accordi. Potevo benissimo restare qualche altro giorno volendo, se non altro per guardare Nola terminare il suo lavoro, dato che riguardava anche me. Ma avevo timore di ciò che poteva rivelarmi e poi desideravo tornare ad Alphaville il prima possibile per stare più vicino a Elizabeth.

Passai la mattinata a riordinare la camera e fare la valigia. Nella testa vorticava ancora come un tornado l'idea di accettare la proposta.

Era davvero allettante, troppo per rifiutarla. Forse sarebbe stata la cosa più vicina all'immortalità cui un uomo possa ambire. Inoltre, non sapevo affatto a quante persone prima di me era stata avanzata la stessa offerta. Né cosa avessero scelto queste ultime. D'altronde come avrei potuto saperlo? Non avevo mai sentito nulla del genere prima. Se in precedenza ci fosse stato qualcuno a scrivere il proprio consenso su un biglietto, era chiaro che avrebbe mantenuto il più totale riserbo per tutta la vita.

Mi chiedevo cosa avessero fatto queste persone di tanto grande con la loro seconda occasione, il tutto per compiacere i capricci di un essere immortale. Chissà quanto tempo doveva trascorrere prima di annoiarsi a morte di non morire? Io non mi sarei stancato tanto facilmente. Non che volessi essere immortale, piuttosto preferirei guardare il mondo da un punto di vista diverso. Senza viverlo. Sì, mi piacerebbe essere solo un paio d'occhi che fluttuano nel cielo e osservano il tutto. I progressi dell'umanità, il modo di vivere del futuro. Non ci sentiamo forse tutti tristi a sapere oggi, in questo preciso istante, che fra cent'anni di noi rimarrà soltanto la polvere? Vorrei tanto sapere cosa viene dopo. Perché non può finire davvero così, altrimenti sì che sarebbe una fregatura.

In cucina era già tutto apparecchiato per il pranzo, Evelyn si destreggiava ai fornelli, alle prese con quella che aveva l'aria di essere una carbonara. Nola era seduta sulla poltroncina davanti alla tela, stava pulendo i pennelli con un panno bagnato. Non mi aveva ancora visto, ma sapeva bene che ero dietro di lei. Percepiva chiaramente la foschia di dubbi che mi circondava come se fosse esposta in bella mostra, davanti a tutti. L'aveva rappresentata fedelmente nel suo dipinto: mi accerchiava da ogni lato lasciandomi poche vie di fuga. Per ogni attimo sprecato ad aspettare, una di esse si chiudeva per sempre.

Come quella sagoma nera e piccolina, a tratti disperata, cercavo aiuto guardandomi attorno. L'unica persona che potrebbe farmi stare meglio era prigioniera di una relazione in cui non si riconosceva più, mentre la risposta ai miei patemi d'animo era nelle mani di una pittrice lesbica dai poteri sovrannaturali. Eravamo messi bene.

"Buongiorno, Nick. Sapevi che per fare la carbonara ci va solo il tuorlo? Io però non sono tanto capace di separarli quindi ho messo sia il rosso che il bianco."

Nola sghignazzò a denti stretti facendosi sentire più del dovuto.

"Se sei così brava perché non vieni tu a cucinare?" disse Evelyn con una paletta di legno in mano.

Chiesi all'aspirante chef se le servisse dell'aiuto. Lei rispose di no e mi disse di andare da Nola.

"Ha più bisogno lei del tuo aiuto che me. Devi sbloccarla, Nick."

"Che vuol dire sbloccarla?"

Lei con le mani mi fece segno di andarmene e mi spinse verso la sua compagna.

Con la tavolozza intrisa di colori e misture diverse, Nola se ne stava con lo sguardo corrucciato a pulire i pennelli e a fissare la tela. Sembrava che quei tentativi col colore fossero i risultati di una ricerca fallita. L'oggetto dello studio era qualcosa di sfuggente e misterioso che non sapeva bene nemmeno lei come rappresentare.

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