Capitolo 4

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Marzo

Venerdì sera mi recai al cinema. Per essere una serata di fine di marzo sulla costa atlantica si stava bene, si preannunciava un anno molto caldo. Ci eravamo dati appuntamento in un bar lì vicino e io, non sapendo bene il perché, arrivai con mezz'ora di anticipo. Nell'attesa che Elizabeth arrivasse, presi un caffè, giusto per essere sicuro di non sbagliare durante il film. Non sapevo nemmeno quale film dessero in sala, Elizabeth aveva parlato di serata retrò e io speravo solo in qualcosa di non troppo vecchio e noioso. Mi piacevano i vecchi film, però avevo dei gusti tutti miei e rifiutavo di accettare un film come capolavoro, solo perché così considerato dalla critica.

Poco dopo, vidi Elizabeth fuori dal locale con la testa china sul suo smartphone, la raggiunsi all'istante.

"Oh ciao Nick, stavo per chiamarti, anche tu in anticipo?" chiese lei.

"Sì, ho come una smania di arrivare sempre puntuale."

"Sì, capisco. Manca ancora un po' al film, facciamo un giro?"

"Volentieri."

Ci incamminammo lungo la strada, l'aria frizzante ma piacevole.

Rimase per un po' in silenzio, concentrata a pigiare tasti virtuali sullo smartphone, io la osservai con curiosità.

"Scusa, da quando mia mamma ha scoperto WhatsApp non fa altro che riempirmi di messaggini."

"A volte mi chiedo cosa ci faranno diventare questi telefoni, ormai c'è la nostra vita lì dentro, mi chiedo se non sia un po' troppo. Alcune volte, siamo così presi dal far vedere la nostra vita agli altri, da dimenticare ciò di cui abbiamo veramente bisogno."

"È vero, però sono comodi e utili. Dimmi un po' della tua famiglia, non siete di queste parti, vero?"

"No, siamo di Boston. Io non appena finito gli studi, mi sono trasferito qui in cerca di un posto tranquillo in cui scrivere."

"E l'hai trovato, giusto?"

"Oh sì, il posto perfetto." finché non sei arrivata tu a scombussolare le mie giornate, pensai.

Arrivammo fino alla libreria, l'unica purtroppo, della nostra piccola Alphaville. Il commesso stava per chiudere ed erano accese poche luci, tra cui quelle della vetrina. Elizabeth si chinò leggermente e con lo sguardo gironzolava qua e là in cerca di qualcosa. Potevo intuire cosa stesse cercando.

"Eccoli qui!" girandosi mi rivolse un sorriso.

Conoscevo il proprietario della libreria, Mike, che da quando venne a conoscenza del mio arrivo in città si impegnò sempre nel far trovare i miei libri in bella mostra. Io, per riconoscenza, passavo sempre da lui in occasione di presentazioni e altri eventi, o magari anche solo per passare il tempo a perdermi tra gli scaffali per poi riemergere nel nostro mondo.

Osservando i libri assieme a me, mi fece la stessa domanda che mi avevano rivolto decine di volte: "Tra quelli che hai scritto qual è il tuo preferito?"

"Non saprei, tutti sono importanti per me in un modo o nell'altro."

"Un po' come quando un figlio chiede alla mamma se vuole più bene a lui o al fratello, vero?"

"E la mamma è costretta a rispondere che vuole bene a entrambi e allo stesso modo."

"Secondo te i genitori hanno veramente un preferito?"

"Non lo so."

"Io però so quale preferisco tra i tuoi libri." disse indicando un piccolo libro al centro della vetrina, non più lungo di duecento pagine. Era una ristampa in brossura del mio primo libro scritto quattro anni fa, in copertina un'immagine tratta dall'omonima serie TV.

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