Capitolo 18

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Non mi ero mosso di un centimetro dall'interruzione del segnale. Non avevo nemmeno il coraggio di guardarmi allo specchio, figuriamoci di contattare Elizabeth. Me ne stavo sprofondato sulla sedia, schiacciato dai sensi di colpa. Stavo per mettermi a piangere, quando l'arrivo di un suo messaggio mi riportò alla realtà.

—Ci sei?

—Sì, eccomi.

—Hai visto, vero?

—Sì, come stai?

—Abbastanza bene. Ho passato di peggio.

—Ti chiedo scusa per tutto questo. Forse ho sbagliato, forse non funzionerà.

—No. Deve funzionare. La prossima volta cercherò di provocarlo di più.

—Ti prego, non fare follie. Non posso vederti così. Perché non scappiamo? Anche adesso, prendi solo dei vestiti e vieni qui. Partiamo subito.

—Per andare dove? Non servirà a nulla. Non mi lascerà in pace e poi non voglio coinvolgerti più di quanto abbia già fatto.

—Quindi vuoi continuare con questo stratagemma?

—Sì, è l'unico modo che ho per conquistarmi la libertà. Continuerai ad aiutarmi, vero?

—Certo. Non ti lascerò da sola.

—Grazie, Nick.

Non potevo lasciarla da sola, neanche per tutto l'oro del mondo. Anche se quella intrapresa era la strada migliore, non potevo caricare tutto sulle spalle di Elizabeth. Dovevo ideare da solo un piano B da attuare all'istante in caso di emergenza. La prima idea che mi venne in mente fu ancora quella della fuga. Dovevo farmi trovare pronto in ogni momento. Andai in camera a prendere le valigie. Oltre a quella che usavo di solito, ne avevo un'altra più piccola. Riempii quest'ultima con l'occorrente per una settimana di viaggio: quattro paia di pantaloni, quattro t-shirt, biancheria, spazzolino e dentifricio. Alla fine, avanzava addirittura dello spazio. L'altra valigia la riservai ad Elizabeth; non volendo dirgli nulla, la cosa migliore era comprarle vestiti, biancheria intima e tutto quello che potesse occorrergli, pur non avendo idee molto chiare in merito. Infine, caricare tutto in macchina e aspettare il momento opportuno. Alla meta ci avrei pensato una volta in viaggio. La cosa più importante in quel momento erano i soldi, senza non si andava da nessuna parte. In un doppio fondo, nascosto nell'armadio, tenevo la maggior parte dei contanti, oltre agli originali di alcuni certificati di deposito. Erano poco più di un migliaio, pronti per qualsiasi evenienza. Sommati a quelli che avevo nel portafogli, arrivavo a milletrecento dollari, ma potevo ritirarne ancora al bancomat.

Quando stavo per mettere via il portafogli, notai un cartoncino bianco risaltare tra le altre tessere, come se brillasse di luce propria. Lo tirai fuori e mi ricordai di quella sera.

Sul biglietto da visita risaltava ancora la scritta vergata in blu elettrico

"hotel Excelsior, stanza n° 668".

Almeno era la prova che non era stato tutto un sogno, ero stato veramente in quella camera e avevo avuto la conversazione più strana della mia vita. La voce di quella donna risuonava suadente nella memoria.

Stando alle sue parole ero stato scelto come candidato al Ritorno, mi era stata offerta la possibilità di avere una seconda occasione, di schiacciare il tasto rewind sulla mia vita e di tagliare le parti che non mi piacevano per sostituirle con altre migliori. Ricchezza, potere, amore...

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