VII

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Cazzo.

Perché era venuto proprio lì? Perché aveva aspettato che la porta si aprisse? Sapeva che c'era qualcuno dentro alla stanza? Che cosa stava aspettando?

- C-colonnello Quaritch. - balbettò cercando di sostenere il suo sguardo pesante come un mattone. Aveva ghiaccio al posto delle pupille. - Come mai qui? - domandò con una familiarità indesiderata.

Si fece da parte quando l'uomo entrò dentro alla stanza, rendendola più piccola di quanto già non fosse a causa della sua figura imponente. Avrebbe voluto scappare da quella situazione ma l'idea di lasciare quell'uomo dentro alla vecchia stanza dei genitori dopo quello che aveva scoperto, non le piaceva affatto. Quando si girò, lei trattenne il fiato, sentendosi sottomettere dalla sua aura pericolosa.

- Non sei un po' troppo grande per quelli? - domandò con voce roca.

Guardò il proprio petto, notando solo in quel momento come stesse stringendo il pupazzo. Divenne viola in viso. Lo vide appoggiarsi alla scrivania e squadrarla da capo a piedi. Distolse lo sguardo, cercando di frenare l'improvvisa tachicardia.

Sono nei guai fino al collo. Ma come faceva a sapere che ero qui dentro? Non ci sono telecamere, ho controllato.

- Dimmi, come mai sei qui?

Cadde dalle nuvole. - Scusi?

- Perché sei qui? - ripeté con voce bassa, facendole venire i brividi.

La ragazza cercò ossigeno a sufficienza per rispondere. - Era giunto il momento.

- Il momento per cosa? 

Non le permetterò di entrare nella mia testa.

- Per guardare in faccia la realtà. - rispose sostenendo il suo sguardo grazie ad una forza di volontà a lei sconosciuta. - Fin da quando sono qui ho cercato di tenere il loro ricordo distante per smettere di soffrire. - stava raccontando una verità straziante pur di tenere le informazioni di quel diario lontane dalle sue mani sporche di carburante e grasso. - Ma era giunto il momento di metabolizzare la loro morte e di conseguenza la mia perdita, quindi sono venuta qui per cercare di fare ciò.

Vide l'uomo alzarsi e fare qualche passo verso di lei per poi fermarsi a qualche centimetro di distanza. La stava perforando con lo sguardo, come se la puzza di sudore non fosse già abbastanza nociva. Cercò ugualmente di mantenere un contatto visivo per far si che non la smascherasse. 

Fece un ghigno. - Spero tu abbia trovato quello che stavi cercando. - sussurrò rocamente e con voce profonda, gutturale, ruvida.

- Purtroppo ho trovato solo questo. - rispose a tono mostrandogli l'orsetto che aveva stretto al proprio petto fino a quel momento. 

Continuò a guardarla, come volesse entrarle nel cervello per scoprire i suoi più oscuri pensieri e segreti. - Felice che tu abbia trovato qualcosa. 

- Grazie. - disse in un soffio, sentendo mancare l'aria. - Posso congedarmi, signore?

L'uomo mise le mani dietro alla schiena, gonfiando il petto come un pollo. - Permesso accordato, recluta. - rispose enfatizzando l'ultima parola. Le aveva come messo un marchio di fabbrica. Era sotto il suo comando e fu in quel momento che la ragazza si rese conto del suo status: una semplicissima recluta, un pedone che avrebbe potuto eliminare immediatamente appena commesso un passo falso. Ingoiò la saliva inesistente e abbassò il capo prima di dargli le spalle; ripassò la carta magnetica sullo scanner e appena le porte si aprirono, uscì da quella stanza divenuta claustrofobica. Più camminava verso la propria camerata più era convinta che Pandora avesse più ossigeno rispetto a quel luogo. 
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oel ngati kameieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora