Sigarette Coreane

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È solo lavoro, nient’altro, Isabelle, stai calma. Me lo continuo a ripetere, in macchina, tamburellando i polpastrelli sul volante, mentre mi avvicino allo stadio. Mandano sempre me, secondo loro sono la più talentuosa ma credetemi, son stronzate. Il motivo per cui vengo sempre inviata a fotografare sedicenti rockstar poco vestite impegnate a realizzare le peggio porcherie sul palco è che attraggo gli uomini, anche se non lo voglio davvero. Se li attraggo, mi sorridono e si lasciano fotografare più facilmente. È nauseante, lo so. Ma è questo il mirabolante mondo del metal se sei una donna.
In tutto questo ho scordato di presentarmi, tipico di me. Mi chiamo Isabelle Godard, ho trent’anni e faccio la fotografa per Metal Hammer. Fotografare le band e gli artisti non è il lavoro dei sogni, ma mi permette di mettere la scodella sul tavolo e soprattutto pagarmi il conservatorio. Vivo a Berlino, quartiere universitario, quinto piano senza ascensore, con una coppia di coinquiline lesbiche che stanno insieme, Sarah e Nikki. Studio, lavoro e faccio danza del ventre, non ho un minuto libero per me, ergo non ho una vita sociale e se devo essere sincera, nemmeno mi importa. Tutto ciò che voglio è laurearmi, lavorare e magari andare via dalla Germania. In questo momento sto per andare a fotografare i Rammstein al primo dei tre concerti a Berlino per questo Zeit tour. E dovrei avere l’entusiasmo di una fangirl visto che sono la mia band preferita e che li vedrò da una posizione privilegiata, ma se devo essere completamente onesta, giuro che non me ne potrebbe fregare di meno. Cosa mi aspetto di trovare, l’uomo della mia vita? Ho smesso di crederci dieci anni fa.
Arrivo per le sette, preparo l’attrezzatura e via, giù, ennesima serata di lavoro. È sempre la solita merda: inquadra e scatta, inquadra e scatta. Cerco di non fissarli troppo, in fondo non sono modelli. Uno però attira la mia attenzione, anche se cerco di non farglielo notare troppo: Till Lindemann è un omone che in foto appare decisamente più alto, ma meno piazzato di quanto sia in realtà, ha i capelli platinati, il viso pieno di piercing e due occhi smeraldo capaci di passarti ai raggi X volente o nolente, per avere sessant’anni e delle vene da cui è passato di tutto non è nemmeno così male. Peccato che tra le sue gambe abbiano transitato migliaia di donne, che abbia l’intrigante ossessione del sesso non protetto, al punto da farci una canzone sopra e che lo rende squisitamente incline alle mts, che tracanni continuamente vino un po’ come il suo celebre genitore e che abbia l’hobby della distruzione di qualsiasi oggetto gli capiti a tiro, diciamo che è molto lontano dall’essere un tipo anche lontanamente affidabile e onestamente questa cornice distrugge decisamente il suo fascino. No, sono troppo intelligente per cadere nella sua rete, se si aspetta ciò, farà prima ad arrendersi. E poco importa se, come me, sia una collezione vivente di traumi che esprime attraverso musica e poesia. Lo fotografo con attenzione, cercando di cogliere ogni emozione possibile espressa da quel volto finemente scolpito come fosse pregiato marmo di Carrara. Ogni tanto mi lancia sguardi furtivi ma sono troppo, troppo concentrata nel mio lavoro per dargli davvero corda. Finalmente questo strazio finisce, tre ore per le quali sono stata pagata fin troppo poco per i miei gusti. Prima di tornare finalmente a casa decido di appoggiarmi ad una transenna e di fumare una sigaretta per snellire lo stress di quella serata. Tiro fuori il pacchetto ma mi rendo conto di  aver perso l’accendino.
«Merda!» esclamo ad alta voce. Intorno a me non c’è nessuno, eccetto un uomo molto alto, ammantato e con un colbacco russo. Non fa così freddo da indossare quegli abiti, penso. Deve essere uno di loro. O la va o la spacca, ho bisogno di fumare.
«Mi scusi» chiedo a voce alta. Quella montagna umana si gira, lasciandomi senza parole.
«Mi dica» mi risponde Till, con un sorriso
«Avrebbe da accendere?» chiedo, cortese
«Ma certo, solo se posso… sfilarle una sigaretta. Sa, mi è proibito fumare, quindi le scrocco alle belle donne». Madonna, il piacione. Qualcuno mi uccida, volevo solo il suo accendino. Accosto la sigaretta al suo Zippo, poi gliene passo una, che prende con delicatezza tra le dita massicce e tatuate.
«Sono belle forti, eh?» mi chiede
«Sono coreane» rispondo, mentre tossicchia
«Non dovrebbe fumare, invecchia la pelle» commenta, osservandomi.
«Beh, nemmeno lei. Le si rovina la voce» rispondo, seria
«Non credo, sono anni che lo faccio di nascosto» risponde con un occhiolino
«Beh, immagino che il tabacco non sia la sua unica trasgressione» rispondo, sarcastica
«Non tocco le droghe dal 98» risponde, velocemente
«Che ne dice dell’alcool?» no, non mi faccio prendere in giro.
«L’alcool in effetti è una mia debolezza» risponde con un sospiro.
«E non solo. So dei festini pornografici che svolge regolarmente dopo ogni concerto» aggiungo, voglio metterlo in difficoltà.
«Anche, non è un segreto» ammette. È consapevole. Peggio ancora.
«Qualcuno l’ha anche accusato di sfruttamento della prostituzione, visto che la sua agente seleziona… insomma, coloro che avranno l’onore di passare una notte brava con lei, onestamente è rivoltante» dico con repulsione, ma ride. Mi ride in faccia. È senza alcuna vergogna.
«Dicono davvero questo di me?» continua a ridere, mi sento onestamente presa in giro.
«Beh, non che lei stia facendo nulla per evitare di propagandare certe dicerie» risposi piccata.
«E lei? Lei cosa pensa di me?» mi chiede, guardandomi dritto negli occhi
«Cosa penso di lei? È sicuro di volerlo sapere?» rispondo con un’altra domanda, agitata
«Si, non si risparmi. Mi insulti anche. Sarò il suo punching ball stanotte» disse, continuando a sghignazzare
«Io penso, onestamente, che lei, signor Lindemann, sia un uomo che potrebbe decisamente lasciar perdere certe manie da rockstar che ormai sono anacronistiche e concentrarsi sulla sua produzione artistiche, cosa che le riesce alquanto bene, se devo dire la mia» rispondo con sincerità.
«È un complimento?» mi chiede, con un mezzo sorriso
«È una critica costruttiva» rispondo a bassa voce
«Io lo prendo come un complimento» mi sorride ancora. Vorrei che la smettesse. Mi stava terribilmente antipatico e vorrei che continuasse a starmi antipatico.
«Beh, non tutta la produzione artistica. Alcuni suoi lavori li trovo decisamente di cattivo gusto» aggiungo. Capisce immediatamente dove voglio arrivare.
«Si sta riferendo a Till The End?» mi chiede
«Esattamente, signor Lindemann. Quel videoclip è di quanto più becero, inquietante e misogino I miei occhi abbiano avuto occasione di vedere» rispondo con la voce che trema
«L’ha guardato con attenzione?» mi chiede, senza smettere di guardarmi negli occhi
«In tutta onestà no» rispondo, seria
«Bene, perché se lo avesse fatto avrebbe colto il messaggio», il suo tono si fece più secco
«C’era un messaggio?» chiedo con sincerità
«Le risulta che produco qualcosa senza un preciso scopo? Certo che c’era un messaggio, io sono…nient’altro che un fantoccio, un pezzo di carne, da usare e gettare a piacimento delle donne.» mi risponde, secco
«Beh, chi è causa del proprio mal…» inizio
«Dovrebbe sforzarsi di andare più a fondo, con le persone, signorina. Forse, troverebbe qualcosa che la sorprenderebbe davvero, se solo la smettesse di soffermarsi sulla superficie» mi risponde, lasciandomi senza parole. Non ho il coraggio di replicare.
«Domani sera ci sarà?» mi chiede, deluso.
«Si, ci sarò» rispondo.
«Buono a sapersi. Le auguro una buona notte» mi dice, allontanandosi, lasciandomi sola tra i peggiori sensi di colpa. Ma che cazzo mi è venuto in mente? Sono senza rispetto. Valle a sentire adesso, le ragazze, cosa penseranno di me. Ottima mossa, Isabelle, senza alcun dubbio. Imbarazzante. Torno a casa, testa tra le gambe, vergognandomi come una ladra. Le ragazze dormono e finalmente trovo il coraggio di guardare Till The End. Sorvolo sulle varie scene piccanti, nauseata, alla ricerca del significato nascosto tra tutti quei corpi che si strusciano e sbattono tra loro. E poi lo vedo, lo riconosco quello sguardo, quegli occhi vuoti di chi è rassegnato ad essere usato e poi gettato, quello sguardo che ogni giorno riconosco allo specchio, che ha indurito il mio cuore. I sensi di colpa sono troppi, necessito una punizione, nell’unica maniera che conosco.

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