Privè

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Risveglio pessimo. Ho pianto, tanto. L’autolesionismo non è di certo la maniera giusta di far fronte alle cose, me ne rendo brutalmente conto, ma non è che io ci possa far molto, onestamente, è l’unico meccanismo di coping che io abbia mai usato nella mia vita. Beh, eccetto l’alcool. Ma è una storia chiusa, dopo anni di frequentazione degli Alcolisti Anonimi. Mi alzo dal letto nervosamente, scrutando il cielo terso e luminoso. Nikki è già in piedi che prepara il porridge per Sarah, io non prendo mai altro che non sia una tazza di americano bollente.
«Allora, com’è andata?» mi chiede adorabilmente. Io e Nikki ci conosciamo ormai da cinque anni, da quando ho iniziato il conservatorio. Di origini afroamericane, non mi vergogno a definirla la mia migliore amica nonostante la nostra età parecchio avanzata. Violoncellista laureanda, come me, lavora come DJ e organizzatrice di eventi, una testa pazza, una fonte inesauribile di energia. Tre anni fa ha invitato Sarah, una tipa conosciuta in discoteca, a convivere con lei. Le avevo detto che non sarebbe durata, mai stata così felice di sbagliarmi, almeno su quel fronte. Sarah è inglese, nata e cresciuta a Manchester, trasferitasi a Berlino per imparare l’inglese lavorando in una bakery, adesso gestisce un caffè letterario con i gatti, in cui ogni tanto va a dare una mano Nikki. La bionda, la mora e la riccia, così ci chiamano alle serate, quando tutte e tre andiamo a far girare la testa ai peggiori individui che abbiano mai avuto l’onore di vivere in terra tedesca. Ovviamente, Sarah è la bionda, classica inglesina tutto zucchero, un incrocio tra la principessa Diana e Sharon Stone, molto femminile, non la vedrete mai indossare qualcosa che non sia pastello. Nikki è la più sicura di sé tra noi, la sua fresca bellezza afro, con i ricci selvaggi e la pelle di velluto non lasciano indifferenti, è la più sportiva tra di noi ed il suo stile la rispecchia in tutto e per tutto. Spesso partecipa alle spartan races, si allena moltissimo e onestamente vorrei avere la sua costanza, quelle due lezioni settimanali di danza del ventre per me sono già una tortura.
«Bah, insomma, è andata» rispondo, cercando di non lasciar trasparire la mia agitazione
«Solo andata? Cristo Isabel, ci hai fatto un testone enorme parlando per MESI di quanto aspettassi questo momento nella tua vita e adesso… boh, non ti capisco» risponde Nikki, nervosamente
«Ho lavorato, tutto qui.» taglio corto. No, non me la sento affatto di raccontare che ho trattato il frontman dei Rammstein con saccenza e maleducazione.
«Secondo me è successo qualcosa» dichiara Nikki
«Insomma…» dico io, arrendendomi. Tanto è inutile continuare a far finta di nulla.
«È il caso che io sappia cosa è successo?» chiede ancora, in tono più morbido
«Ho avuto una discussione con Till Lindemann» rispondo, affondando il viso nella mia tazza, per l'appunto dei Rammstein come la maggior parte delle mie cose.
«Hai avut… HAI INCONTRATO TILL LINDEMANN?» urla sorpresa, gli occhi sgranati
«Si, dopo lo show. Mi ha chiesto una sigaretta, fuma di nascosto. Abbiamo parlato un po’, ha cercato di provarci con me ma sai com’è, ci prova con tutto ciò che respira.» inizio, cercando di non mostrare delusione
«Cazzo, che onore!» ridacchia Sarah, che aveva sicuramente sentito ogni cosa
«Onore? L’ho trattato malissimo, gli ho risposto in maniera super saccente. Mi sento davvero in colpa e non so che fare» rispondo, lasciandomi andare
«Aspetta… che è successo?» chiese di nuovo, con fare sicuro Nikki
«Gli ho detto che Till The End è un video disgustoso e misogino e mi ha dato della superficiale, mi ha detto che c’è un significato nascosto» rispondo piano
«E lo han trovato il significato nascosto? O è solo una cazzata da artisti?» mi chiede Sarah
«Boh l’ho riguardato, credo abbia ragione lui» singhiozzo
«A me quel video sembra tutto tranne che un videoclip musicale» commenta Sarah
«Dai ma è palesemente un porno, deve fare per forza l’artista tormentato del cazzo. Non farti fregare Isa, si è comportato in quel modo perché gli è bruciato il rifiuto» risponde Nikki, ridendo
«Si, ma si è offeso» rispondo, cercando di non piangere
«Ma dai, ma quello non si offenderebbe mai, ma non lo vedi che scopa con chi capita!» risponde Nikki, strappandomi un sorriso
«Hai schivato un bel proiettile» commenta Sarah
«È così che la pensate?» chiedo retoricamente
«Ma certo. Si potrebbe pensarla diversamente?» risponde Sarah «Tu hai fatto il giusto per evitare l’ennesimo essere disgustoso che ti ronza attorno»
«Ma è Till Lindemann» rispondo io
«E quindi? Resta sempre un maschio» aggiunge Nikki
«Anche se terribilmente affascinante, lo ammetto, è come tutti gli altri» aggiunge Sarah
«Occhi verdi e fisico da armadio 4x4 non compensano l’assenza di buon senso, ricordalo» mi fa notare Nikki
«Si ma… magari ha ragione lui. Sono superficiale.» sto difendendo Till, ma come non mi vergogno.
«Non ti trovo superficiale» risponde Sarah
«Ma dai, ma non dirlo nemmeno per scherzo, è solo un idiota» cerca di tirarmi su Nikki
«Io… io credo di dovermi scusare» aggiungo, finendo il caffè
«Fallo stasera. Ma non sottometterti. Tanto a lui interessa solo…» mi ricordò Sarah
«E non temere, sta pur certa che da me non avrà nulla» rispondo decisa
«Beh, spero» rise Nikki «È il sogno di tutte le donne»
«Non il mio. Mai il mio» rispondo secca, uscendo dalla stanza.
La mia voglia di lavorare non è mai stata così poca. Cerco di evitare Till ogni volta che posso, giro la testa quando mi guarda, mi sento esplodere dal senso di colpa. La mia testardaggine è sempre stata un problema, fin da piccola, quando gli altri bambini non mi sopportavano. Respiro a fondo, cercando di trattenermi dalla voglia di piangere e dal senso di colpa che mi rode lo stomaco. Ripongo la fotocamera nella custodia e mi preparo a lasciare l’arena, quando una signora alta e bionda sui tacchi a spillo mi ferma, con aria interrogativa. Sembra una mistress, una di quelle dei porno che tanto vanno di moda adesso dove feroci ragazzacce probabilmente femen torturano stupidi nerd. Mi chiedo perché sia conciata in quel modo ma temo di sapere la risposta.
«Miss Godard? » chiede scrutandomi torva
«Sono io» rispondo
«Cortesemente potrebbe seguirmi? Il signor Lindemann ha richiesto di cenare privatamente con lei nel privè» risponde pacata. È uno scherzo? Till Lindemann vuole vedermi dopo ciò che gli ho detto ieri? Resto per un attimo a bocca aperta, in stato di shock. E adesso? Chiudo gli occhi, respiro a fondo ed annuisco. Seguo la donna in fondo ad un lungo corridoio, in una sala semi illuminata con due divanetti in velluto, un tappeto di vera pelliccia ed un tavolo basso in vetro nero, ricoperto di vassoi di finger food e costose bottiglie di vino. Lo stomaco mi fa dieci capitomboli, l’aria inizia a mancarmi, la testa mi gira: no, non riesco a mangiare davanti alle persone. La sola idea di mangiare mi mette i brividi, mangio ogni due o tre giorni se posso, cerco di evitare e vado avanti a caffè ed energy drinks. Mangiare mi fa sentire debole e incapace di controllarmi ed io odio non avere il controllo sulle mie emozioni. No, non toccherò nulla, non passerò per una cicciona ingorda. È l’ultima cosa che mi serve.
«Il signor Lindemann la raggiungerà tra poco, sta facendo una doccia» mi disse la donna, prima di lasciarmi da sola in quella enorme stanza a tremare d’ansia. Mando un messaggio veloce alle ragazze, poi mi mordicchio le unghie, nervosamente. La porta si apre e qualcuno attraversa la soglia, chiudendola piano. Till si avvicina al divano, lentamente. Non indossa altro che un paio di cargo pants neri, è scalzo e a torace scoperto. Fisico invidiabile per avere 60 anni, decisamente. Non c’è un cedimento, un filo di pancetta, smagliature, niente. Perfetto come una statua greca. Mi alzo dal divanetto, ma mi fa cenno di sedermi. Non so cosa dire.
«Signor Lindemann, io…» inizio, ma tremo. «Volevo porgerle le mie più sincere scuse per il mio comportamento assai maleducato»
«Non ha niente di cui scusarsi, signorina. Mi piacciono le donne di carattere, pungenti e combattive.» risponde con un sorriso. Non si è offeso, cavolo.
«Volevo informarla che ho riguardato il video, come mi ha suggerito di fare, ho capito cosa intendeva» mi giustifico
«Non ho dubbi che lo abbia capito, del resto mi sembra una persona riflessiva» risponde, sereno, stappando una bottiglia di rosé e versandomelo in un calice.
«Come mai ha scelto di… cenare con me e non di partecipare al post-show come di consueto?» chiedo, sorseggiando.
«Guardi, potrei avere qualsiasi donna io volessi, in uno schiocco di dita. Ma francamente, non mi interessa granché. È troppo facile ottenere le cose in questa maniera.» risponde guardandomi negli occhi e sedendosi accanto a me.
«Temo di non aver afferrato» esclamo a bassa voce
«Mi interessano quelle come lei, signorina. Raffinate, introverse, incapaci di perdere il controllo, sempre alla costante ricerca di quiete e razionalità. Mi piacciono le persone difficili, le sfide impossibili». Ci sta provando?
«Beh, io… suppongo di essere una sfida impossibile» dico annuendo, dandomi un tono
«Non ho dubbi. Se posso permettermi di esprimere la mia più sincera e onesta opinione, Isabelle, penso che in lei ci sia molto più di ciò che da a vedere. Cerca di apparire dura, impenetrabile, di respingere con inflessibilità ogni possibilità di provare un’emozione diversa, quasi lo temesse» mi dice, guardandomi negli occhi. Come fa a saperlo? Come può sapere con esattezza come mi sento? Nemmeno quattro anni di terapia sono bastati alla mia psicologa per farmi dire quelle parole ed adesso lui, senza nemmeno conoscermi…
«Io non temo di provare emozioni» rispondo incerta
«Ma rifugge ogni possibilità» risponde Till, prontamente
«Suppongo di sì. Beh si, è così» ammetto, a voce bassa
«Isabelle, posso darti del tu?» mi chiede cortese
«Ma certo» rispondo piano
«Di persone ne ho conosciute a migliaia, forse anche un milione. Prova ad immaginare quante. Ecco, ormai penso di essere in grado di riconoscere chi ho di fronte.» prosegue, sorseggiando il vino. Le sue mani sono enormi, non avevo mai fatto caso a quanto fossero spesse le sue dita, a quanto fossero affusolate e perfette nella forma. Non riuscivo a smettere di guardarle, nemmeno mi avesse ipnotizzata.
«Beh, suppongo di sì» rispondo quasi casualmente.
«Quindi lascia che ti dica una cosa. Riconosco un cuore indurito da uno inaridito. Il tuo non è arido. Non saresti in grado di apprezzare le mie opere se lo fosse.» dice con un mezzo sorriso.
Il mio cuore. Un mattoncino al centro del mio petto che ormai ho quasi dimenticato che esista e che adesso mi ricorda prepotentemente il suo posto, battendo come un tamburo nell’abisso. Ma dove vorrà mai andare a parare?
«Signor Lindemann…» inizio, la mia voce trema
«Till… » mi corregge lui. Respiro profondamente.
«Till» ripeto «Till, non so come fai a sapere queste cose». La mia voce rassomiglia le fiammelle delle candele che ci avvolgono.
«Diciamo che ho la capacità di entrare subito nelle scarpe delle persone che ho di fronte» sorride
«Non ho dubbi che tu sia molto empatico» rispondo a voce incerta
«Non ho dubbi che lo sia anche tu.» risponde, il suo sorriso si allarga.
«Non credo di star capendo bene» esclamo piano
«Beh, non mi piace essere schietto, Isabelle. Rovina la magia» mi risponde, bevendo ancora un sorso di vino senza staccare quegli immensi, tristissimi, occhi verdi dai miei.
«Allora non esserlo» rispondo in un sussurro
«Conosci il mio progetto Lindemann?» chiede con un mezzo sorriso
«Certo» rispondo piano
«Bene, allora lascia che mi esprima nella maniera in cui eccello maggiormente» disse quasi sussurrano, poi si mise dritto, si schiarì la voce, prese fiato un paio di volte e prese a cantare.
«Your heart is a diamond, Every soul wants to steal it
From your fort, your fort of skin, You let nobody in».
Per un attimo, ma solo per un attimo, avevo intuito che stesse per cantare proprio quella. Non poteva saperlo, non c’era alcun modo per cui potesse saperlo, ma era la mia canzone preferita, per la maniera in cui descriveva perfettamente la mia anima.
«Your heart is a diamond, A bleeding treasure
Crushed together by grief and violence,
Tons of pain, big pressure».
Respiro a fondo, i brividi diventano scosse elettriche nella mia schiena che suda freddo, il mio petto è rigido, l’aria sembra improvvisamente quella delle cime di montagna, così rarefatta da non essere respirabile, la sua mano si avvicina alla mia appoggiata sul divano. Non riesco a guardarlo negli occhi, non ce la faccio, fisso il suo petto, il suo addome morbido che si contrae e si rilassa ad ogni nota, mentalmente prendo appunti che potrebbero servirmi per l’esame di canto.
«Your heart is a diamond, So hard and cold
So uncut and so silent, In a breathing vault».
La sua mano scivola, lentamente, sul mio petto ansante, sfiorandolo appena. Tremo per un secondo, temo voglia palpeggiarmi com’è abituato con tutte le altre, ma sento le sue dita appoggiarsi delicatamente tra le clavicole ed il seno, a sentire ciò che sta cantando. Smetto di respirare quando sento il tocco delle sue dita, ma non smette di cantare.
«Good hearts, so hard to find, I will wait and stay
A diamond ring will take its place, Around my soul one day».
La sua mano sale, sfiora le mie labbra con il pollice mentre tiene il mio mento tra le sue dita.
«Isabelle, vorrei penetrare la tua anima, inebriarmi delle tue sensazioni» mi sussurra, smettendo di cantare e avvicinando pericolosamente il suo viso al mio. Chiudo gli occhi ma qualcosa mi esplode dentro. Sarà come gli altri. Sarà come tutti gli altri. Mi prenderà, mi userà e mi getterà via. Ho promesso a me stessa che non sarebbe più accaduto. Riapro gli occhi.
«NO» dico con decisione. La sua mano lascia il mio viso.
«Isabelle…» sussurra, sconvolto. Non deve essere abituato a subire un rifiuto.
«No. Non voglio. Non forzarmi. Mi dispiace» dico quasi tremando, poi mi alzo di scatto e corro via dalla stanza mentre le lacrime scorrono sulle mie guance che ancora sentono il calore delle sue mani.

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