Laurea

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«Pronta?» mi sussurra all’orecchio Till, mentre indosso un abito da opera di Gucci che mi ha appositamente comprato per l’occasione. Mi sto truccando e mi tremano le mani.
«Farò una grandissima figura di merda, amore»
«No, non credo. Hai passato tutti gli esami con voti altissimi» mi sorride
«Grazie a te, vorrei sottolineare»
«Smettila, hai fatto un gran lavoro»
«Paul non verrà, vero?» non lo vedo da quando è uscito dall’ospedale, praticamente non esce di casa. Mi manca tantissimo.
«Non credo. Spero di sì». Indosso gli orecchini con i lapislazzuli che mi ha regalato e mi alzo in piedi. Non sembro nemmeno io.
«Sei stupenda, amore mio» mi sorride
«L’autista è arrivato?», il suo sorriso è molto sornione.
«Vieni a vedere». Prendo la borsa ed esco in giardino, dove noto, con mia enorme sorpresa, che si è posteggiata una limousine.
«Vuoi farmi portare lì in limousine?»
«Sì. Perché nasconderci ancora? Facciamo il nostro arrivo regale»
«Penseranno tutti che sono una raccomandata» e soprattutto una troia
«Isabelle, ti basterà aprire la bocca per dimostrare loro il contrario»
«Io… ho paura». Sta per arrivarmi un attacco di panico immenso.
«Dai, saliamo». Lo fisso. È di una bellezza incredibile con quel completo nero. Sembriamo due divi del cinema.
«Andiamo…» dico, salendo timidamente nella limousine. Ci teniamo per mano, durante tutto il viaggio. Arrivati al teatro dell’opera, veniamo invasi dai flash.
«Mio dio… sarà una tragedia uscire» piagnucolo
«Diamo loro quello che vogliono» ridacchia Till. Apre la portiera ed esce, mentre i fotografi impazziscono. Esco anche io e mi prende per mano, mentre finalmente ci fotografano insieme, come una vera coppia di divi. Till resta fuori, io entro e vado dietro le quinte a prepararmi in camerino. Vedo una faccia familiare e le sorrido.
«Sarah, non mordo». Sarah si avvicina a me, palesemente a disagio.
«Dove ci sei tu, ci sono i paparazzi»
«Non sono qui per me, ma per Till, credo»
«Ho saputo che hai preso il massimo» sorrido
«Sì. Anche se stasera mi sto giocando tutto»
«Non ho dubbi che ce la farai. Sai di essere brava. Sei anche entrata nei Rammstein» mi sorride con fierezza
«Avrei voluto avervi accanto. Vi voglio ancora accanto. È il momento più felice della mia vita e le mie migliori amiche non sono presenti a condividere questa gioia. Non è giusto». Sarah si lancia in un lungo abbraccio.
«Lo so, lo so che non è giusto. Nikki ha sbagliato ma non vuole fare un passo indietro»
«Mi mancate da morire… quanto vorrei condividere tutto questo con voi»
«Lo so, lo so»
«Lo sai? E perché non provi a convincere Nikki?»
«Non vuole sentire ragioni…»
«Perché sei venuta?»
«Ci tenevo a vederti laureare, Isa»
«Lo so, ma avrei voluto che ci fosse anche lei…»
«Non è troppo tardi»
«In ogni caso, la porta è sempre aperta». Mentre si allontana cerco di trattenere le lacrime, seduta nel camerino, mentre altre due ragazze si preparano, una inserviente fa il mio nome.
«La signorina Godard?»
«Sì, sono io»
«Ci sono quattro mazzi di fiori per lei.». Quattro. Avevo chiesto ai ragazzi di non esagerare ma ovviamente non sono stata ascoltata. Il primo è un molto colorato. “La tua entrata nella band è stata una delle cose più belle degli ultimi tempi. Siamo fieri di te. Christian, Christoph e Oliver”. C’è un mazzo enorme, tutto sui toni del bianco e del viola, con ciuffi di lavanda in primo piano. “Non possiamo esserci, ma ti pensiamo sempre. Spacca tutto! Khira e Emil”. Mi commuovo un attimo, mi mancano tantissimo. Il terzo è più piccolo, ma cromaticamente perfetto, cerchi concentrici tutti colorati. “Hai reso le nostre vite migliori e non aspettiamo altro che vederti trionfare. Sei il nostro orgoglio. Richard e Paul”. Il quarto è un enorme mazzo di rose rosse, saranno almeno cinquanta. Nessun biglietto. Romantico a metà. Ci resto un po' male. Mi accorgo però che al centro del mazzo c’è un’unica rosa bianca ed un biglietto con la scritta “tirami”. La tiro fuori. Una comunissima rosa bianca. Sfiorandone i petali sento qualcosa di duro.
Un anello. Un anello con un piccolo diamante.
C’è anche un biglietto appallottolato, legato all’anello. Lo apro alla velocità della luce.
“Non è una proposta di matrimonio, ma volevo che avessi qualcosa di mio, per urlare al mondo che staremo insieme per sempre. Till”. Indosso l’anello e cerco di non piangere, mentre inizio a riscaldare la voce. Dopo quattro esibizioni mi chiamano. Respiro a fondo ed esco sul palco, cercando con gli occhi Till. Sta in terza fila, mi sorride. Paul, seduto tra lui e Richard, mi manda un bacio! E poi Flake, Oliver, Doom. La mia nuova famiglia è tutta lì, sono lì per sentirmi cantare.
Mi siedo al pianoforte, con le mani che tremano, sorridendo dolcemente a Till, poi inizio a suonare That’s My Heart. Till la riconosce immediatamente e mi guarda scuotendo la testa. Quando inizio a cantare, volto la testa verso di lui, non ho bisogno di guardare lo spartito, l’ho provata talmente tante volte che la conosco come se l’avessi scritta io. Lo sento cantare sottovoce, mentre le lacrime gli scorrono sulle guance e contemporaneamente scorrono sulle mie, senza smettere né di cantare né di suonare. Vedo Paul spingere Till, insieme agli altri, vogliono che si alzi a cantare con me, ma non lo fa. È il mio momento e vuole lasciarmelo. Finisco di suonare e mi alzo, ad inchinarmi. Tutti e sei si alzano in piedi ad applaudire, quasi urlando. Ecco, magari non era il caso di attirare così tanto l’attenzione. Mi avvicino al tavolo dei docenti e finalmente indosso la corona d’alloro. È fatta, mi sono laureata! È tradizione che la famiglia salga sul palco con la laureata, ma nel caso mio ho solo loro e non se lo fanno ripetere due volte. Salgono tutti sul palco, ci scattano la foto, poi Till mi prende e mi bacia, davanti al fotografo. Mi lancio tra le braccia di Paul, quasi in lacrime.
«Non credevo saresti venuto!»
«Non potevo perdermi la tua laurea, tesoro»
«hai visto che mi ha regalato Till?» mostro l’anello
«Anello? È una cosa seria quindi! A me non l’ha regalato» ride
«Te lo regalo io» risponde Richard, baciandolo, mentre mi accarezza i capelli. Scendiamo tutti insieme e ci avviamo alla limousine, cercando di andare via il prima possibile.
«Direzione casa mia, ci andiamo a sfasciare!» ridacchia Till
«S-sfasciare?»
«Ho invitato una ottantina di persone, stasera party»
«Till, non dovevi…»
«Ci si laurea una volta nella vita!»
«Si amore, ma volevo una cosa tranquilla…»
«Avrai una festa indimenticabile»
«Perché di pomeriggio?»
«Perché stasera sarai impegnata, credo» risponde Richard
«Impegnata?» non capisco
«Dovrai fare i bagagli»
«I bagagli?» sono parecchio confusa, tutti ridacchiano
«Davvero non le hai detto nulla?» chiede Doom
«Cosa dovrei sapere?»
«Till, fai un po' cagare. Almeno avvisala. Magari non le piace nemmeno» ride Flake
«Impossibile. È una cosa che non può non piacere»
«Si ma…non capisco»
«Beh, il tuo regalo di laurea»
«Pensavo che l’anello fosse il mio regalo di laurea» tutti ridono
«Si vede che non conosci Till»
«Cosa dovrei sapere?» sono confusa
«Niente, tesoro. È una cosa bellissima» mi sorride Paul
«Tu lo sai?» annuisce, mentre Richard lo abbraccia
«Lo sappiamo tutti ed è una cosa stupenda»
«Sì ma voglio sapere»
«Abbi pazienza, tesoro» sorride Richard
«Non ci sto capendo nulla» sbraito
«Capirai, capirai» risponde Paul dolcemente
«Capirò?»
«Certo che lo farai» mi accarezza il viso
«Speriamo»
«Isa…» mi chiama Till, mi sposto vicino a lui. Mi passa un braccio intorno alle spalle e mi accarezza il viso, dolcemente.
«Non so, una festa dove non conosco nessuno…»
«Questo non è assolutamente vero»
«Eh?»
«Non dirò altro. Inizia a pensare a cosa portarti, manchiamo tre giorni e comunque farà caldo»
«Caldo? Ad Ottobre?»
«Sì amore, è un posto caldo, poi con il cambiamento climatico ancora di più»
«Beh, mi fido di te» gli sorrido
«Vedrai che sarà indimenticabile» mi sussurra, poi gioca con la mia mano e l’anello, mentre guardiamo Paul e Richard limonare come due quindicenni
«E basta però! Basta!» ridacchio
«Abbiamo circa 230 baci da recuperare» afferma Paul, senza fiato. Non si è ancora ripreso del tutto.
«Andateci piano» ride Doom
«Siamo arrivati» noto. Esco e salgo immediatamente a cambiarmi, ma prima ne approfitto per riposare un attimo nel letto. Till entra, a petto nudo, mentre sto scegliendo l’abito da indossare.
«La gente ti aspetta» ridacchia, mentre mi bacia la spalla
«E falli aspettare» dico, sfilando un abitino corto nero e rosso. Lo indosso, sciogliendo i capelli. Till mi guarda ammirato.
«Sei di una bellezza che uccide» ride e mi abbraccia
«Tu lo sei» sorrido, un istante prima di baciarlo. Dei suoi baci non sono mai sazia, mai. Le sue mani enormi sul mio corpo sono il biglietto d’ingresso per il paradiso.
«Solo… vorrei sapere quando succederà»
«Till, succederà cosa?»
«Quando vorrai farlo» sussurra pianissimo
«Beh non posso saperlo. Non si possono programmare certe cose» rispondo, un po’ nervosa
«Vuoi farlo adesso?» sono sconvolta. Perché si comporta in maniera così strana?
«No, non me la sento»
«Va bene. Spero solo che te la sentirai presto» poi esce, chiudendo la porta. Sembra che conti solo il sesso. Ha uno sguardo strano, inquietante. Che cos’ha?
Noto un piccolo porta pillole che ha dimenticato vicino al suo lato del letto. Non sapevo assumesse farmaci, ha finito la terapia per il danno polmonare da un pezzo. Mi preoccupo un attimo. Cosa mi sta nascondendo? Sta morendo?
Sta morendo e io non lo so?
Decido di sfidare la sorte e aprire la scatolina, con uno schiocco secco. Resto sconvolta, inizio a ridere istericamente. Viagra. Cinque pillole di Viagra. Continua ad essere ossessionato dal sesso, nonostante il suo corpo non sia più quello di prima. Provo tantissima tenerezza nei suoi confronti. I suoi demoni sanno nuotare più di quanto posso immaginare ma non lo lascerò annegare nel suo dolore e nella sua sofferenza.
La porta si apre ed entrano, rotolando nel letto, Paul e Richard. Iniziano a spogliarsi velocemente, senza degnarmi di uno sguardo, infilandosi sotto le coperte. Richard sta sopra, riempie la schiena di Paul di piccoli baci, lo stringe a sé, mentre Paul si lascia andare ai sospiri più dolci che abbia mai sentito.
Forse fare l’amore non è così male. Forse dovrei provarci, dovrei lasciarmi andare. Ma ho paura che Till non si accontenti di placido sesso vanilla. A Till piace attraversare il rischio, adora soffrire e far soffrire, trova nella sofferenza la sua confort zone. Ma non è la mia.
Guardo le loro mani intrecciate e lo stomaco fa una capriola. Desidero quel tipo di amore ma ho paura. Paura che a Till non basti. Che mi chieda ciò che non ho voglia di fare.
Esco dalla stanza, umore a terra. Troppa gente, troppo sfascio. Till sta ballando con una ragazza che avrà dieci anni meno di me. Mi siedo in un angolo, sto per piangere. Non mi piacciono le feste, non mi piace stare in mezzo alla gente. Voglio quello che hanno Paul e Richard, voglio il suo amore, tutto per me e nessun altro. Esco in giardino, vado a sedermi sulla panchina, adesso in ferro, dove ho quasi trovato la morte. Sospiro. Le lacrime scendono da sole. Perché non posso avere quello che hanno gli altri? Perché lui?
La festa finisce, per fortuna, in fretta, prima che io perda totalmente la pazienza. Adesso che non c’è più nessuno non può più evitarmi. Inizio a preparare la valigia, prendo un paio di costumi, completini intimi, abitini.
«Se hai un cappello di paglia ed un caftano portali» mi suggerisce, entrando in stanza. È strano. È ancora strano.
«Si può sapere che cos’hai?» chiedo, agitata
«Nulla che tu voglia sapere»
«Oh sì invece» ribatto
«Davvero Isa, non lo vuoi sapere»
«Till, ho diritto di sapere»
«E va bene, va bene. Ti ho tradita. Ti ho tradita mentre eri in giardino, davanti a tutti gli invitati. Ti ho tradita perché non ne posso più di stare in astinenza. Mi sono sentito una merda e mi sento tuttora una merda, ma non posso astenermi.» il suo tono è basso e piatto, lo sguardo assente
«Mi hai….»
«È stato un momento di debolezza. Io volevo farlo con te, te l’avevo chiesto…»
«Lo so»
«Non ho potuto evitare e mi faccio schifo…»
«Hai preso il Viagra?» cambia totalmente espressione
«Come lo sai?»
«Ho visto il portapillole». Sospira forte.
«Sì. L’ho preso perché volevo farlo con te, volevo che passassimo una bella giornata. Mi hai rifiutato ed ero lì, con un’erezione in corso, incapace di fare qualsiasi cosa. Ho dovuto svuotarmi. Ho dovuto farlo con la prima che ho trovato. Mi sento un verme»
Le lacrime mi scorrono sul viso. È colpa mia. È solo colpa mia. Me le merito le corna.
«Il verme sono io. Avrei dovuto capirlo. Mi dispiace…»
«Isa, shhh»
«È che… non mi piacciono quelle cose che fai. Non mi piace il dolore. Ne ho subito tantissimo e non voglio subirlo anche a letto» singhiozzo. Mi abbraccia, mi abbraccia così forte che potrei scomparire nella sua carne. Il mio cuore batte con il suo.

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