Scuse

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«È un mostro, fa schifo, non lo voglio vedere più» piango, seduta sul divano, mentre Richard mi passa i fazzoletti. Non ho smesso un secondo di piangere da quando sono tornata a casa di Paul. Non riesco veramente a credere a ciò che è successo.
«Lo sapevi?» chiedo a Richard, mentre Flake si serve del vino. Doom e Olli ci raggiungeranno più tardi. Il mistero di quei due si infittisce.
«Cosa, di Svetlana? Sapevo che aveva avuto un figlio da lei ma ho perso il conto di quanti figli abbia»
«Una decina, forse di più» aggiunge Flake
«Cioè fatemi capire, lui ingravida la gente e poi se ne sbatte?» il silenzio è eloquente
«È fatto così» sospira Flake
«E io ci sono cascata come una pera cotta! Nikki aveva ragione» singhiozzo
«Vedrai che sistemate» mi accarezza la schiena Richard
«L’unica persona che potrebbe aiutarmi è intubata» Richard sorride
«Devono dare il tempo al nuovo polmone di abituarsi, non starà intubato a lungo» spiega Flake
«Mi manca tantissimo» singhiozzo
«Manca a tutti» sospira Flake
«Dormo con il suo pigiama la notte» sorride Richard
«Lo senti vicino?» gli chiedo piano
«Si.» sorride
«Vedi, almeno tu sai che Paul non ti tradirebbe mai»
«Paul è monogamo. Till lo sanno anche i muri che non sa essere fedele. Un po’ come me»
«Ma io non gli ho chiesto di non tradirmi, gli ho chiesto di essere sincero»
«Ma infatti ha innegabilmente sbagliato» risponde Flake, Richard si alza perché suonano alla porta. Entra Svetlana, con una bimba in braccio. È bionda e riccia, ma gli occhi verdi sono inconfondibili. Sono i suoi occhi.
«Eccoti qui. Cercavo te» la guardo con gli occhi rossi, distrutti
«Cosa vuoi da me?» fisso la bimba. È bellissima. È figlia dell’uomo che amo.
«Volevo scusarmi. Isabelle, giusto? Me la sono presa con te ingiustamente, siamo entrambe vittime di una situazione che non meritiamo». Le sorrido appena. Ha ragione, non è colpa sua.
«Certo, nemmeno io ce l’ho con te» singhiozzo
«Ho pianto tutte le mie lacrime per lo stesso uomo. Ho partorito da sola, ha visto sua figlia dopo cinque mesi. Non ha avuto il benché minimo rispetto di me». Piango ancora più forte
«Ho saputo molto casualmente dell’incendio, ho ascoltato la storia, dicono che ti abbia salvato la vita». Annuisco
«Se non mi avesse portato via dall’incendio, sarei morta»
«Tipico di Till. Ha la smania di salvare la vita alla gente per poterlo rinfacciare a tempo debito» sospira
«In… che senso?»
«Ho rischiato di morire, quando stavamo insieme. Folgorazione. Un cavo elettrico difettoso. Mi ha rianimata lui. E mi sentivo così grata, così felice di averlo nella mia vita. Non fa che rinfacciarmelo. Farà così anche con te». Non riesco a smettere di piangere.
«Till mi aveva promesso sincerità»
«Till non sa cosa sia la sincerità» commenta, gli occhi lucidi.
«Ma credevo che…»
«Isabelle, quelli come lui non cambiano. O accetti di essere l’eterna, scusa il francese, cornuta, o ti dirigi verso altri lidi». Richard mi abbraccia, non riesco a vedere nulla.
«Fare da madre e da padre a Tilda è pesante, mi sento molto sola». Il cuore mi si spezza a vedere quella donna soffrire per l’uomo che amo ma che non ho ancora imparato a conoscere.
«Non so che fare» singhiozzo
«Lascialo perdere. Tanto, se non ci fossi io, troverebbe qualcun’altra. Nemmeno lui sa cosa vuole»
«Ma io ci tengo tanto»
«Ci tenevo tanto anche io. Dopo oggi ho capito che siamo noi a tenere a lui, non viceversa. Uscirà dall’ospedale e ti rincoglionirà con le sue moine da bravo manipolatore, tu ci crederai ancora e quando ricapiterà si farà perdonare»
«Ma ha detto che si è innamorato di me per la prima volta nella sua vita…»
«Tesoro… pensi davvero che sia così? Ha detto la stessa cosa a me, a tante altre. È la sua strategia e funziona bene.»
«Quindi non è vero che non dice ti amo…»
«A me lo diceva, eccome»
«Mi ha riempito di cazzate»
«Certo, tesoro. Ma tu non devi dargliela vinta.» sospiro
«Non voglio lasciarlo» piango
«Tienitelo così, che devo dirti»
«Non è facile, cazzo! Io sono innamorata di lui, anche se è il più stronzo tra gli stronzi.»
«Addirittura» ridacchia Richard
«Lo è» ribatte Svetlana
«Ci sono persone peggiori in questo mondo» aggiunge Flake
«Senza dubbio, ma capisco la ragazza Christian Lorenz. Si vede che è innamorata». Arrossisco violentemente.
«Ha pianto per lei. Quando ha avuto un attacco d’asma molto violento. L’ho visto piangere come un bambino.» trasalisco e respiro profondamente
«Bel modo di tenerci a lei» ribatte Svetlana
«Till è fatto così. Non significa che non ci tenga.» aggiunge Richard
«E tu che ne sai?»
«In questa stanza siamo stati tutti con lui» ridacchia Flake
«Gesù, vedi che schifo» commenta Svetlana
«Tecnicamente Isabelle non ha ancora… dato. O si?» ridacchia Richard
«Scholle, ti sembra forse il momento?» rispondo acida
«Hai ragione, non è il momento» sospira.
«Non mi pare il caso» sbuffo. Svetlana va via dopo un po', io ingollo melatonina. La mattina dopo mi alzo con il fuoco negli occhi, pronta a mettere nero su bianco tutto, in faccia a Till. Sono nel corridoio, ma non mi lasciano entrare. Inizio a spazientirmi.
«Il signor Lindemann non può ricevere nessuno» mi dice un’infermiera dallo sguardo acido
«Il signor Lindemann mi riceverà, in ogni caso» sbraito
«Temo di no. Ha avuto una crisi respiratoria pesante ieri sera e un’altra nelle prime ore del mattino, se le sue condizioni peggiorassero saremmo costretti a ritrasferirlo nel reparto di terapia intensiva». Resto un attimo impietrita.
«Ho bisogno di vederlo» singhiozzo
«Non più di dieci minuti, se le sue condizioni dovessero peggiorare ci avverta immediatamente» mi dice in tono sbrigativo.
Nella stanza c’è una donna alta ed austera, dai lineamenti familiari. Non sembra particolarmente contenta di vedermi.
«Lei chi è? Quella stronza che ti ha ridotto così?» dice, guardandomi in cagnesco. Till apre gli occhi, alzando appena la testa per guardarmi.
«Lo stronzo sono io, Nele. Isabelle non ha alcuna colpa» sussurra
«E intanto ieri sei stato male per lei» ribatte
«Sono stato male perché sono un bastardo. Perché di fronte all’occasione di dire la verità, ho mentito. La colpa è solo mia». Abbasso la testa, sentendomi in colpa.
«Isabelle, entra. Credevo non ti avrei più rivista» dice con un filo di voce.
«Ho pensato che sarebbe stato giusto chiarire» rispondo
«Non c’è nulla da chiarire, Ti ho mentito, Isa. Ho continuato a vedere Svetlana, semplice sesso, tra ex coniugi.» sussurra
«Ex coniugi?» chiedo
«Sì. Mio padre e Svetlana erano sposati. Lei lo ha ingannato e ha smesso di prendere la pillola di nascosto, per tenerlo legato a sé. Tecnicamente…» Nele si blocca
«Siamo ancora sposati. Non mi ha mai concesso il divorzio.»
«Quella stronza è tua moglie?» chiedo
«Sì. Non lo sa nessuno. Ho smesso di portare la fede anni fa. Le ho mandato una mail, qualche giorno fa, richiedendole di firmare le carte. Perché un giorno, non so quanto lontano, io sposerò te, Isabelle.» un colpo di tosse gli blocca il respiro.
«Sposerò te, invecchierò con te e morirò tra le tue braccia. Te lo prometto» mi dice allungando la mano verso la mia
«Till…» respiro a fondo per trattenere le lacrime.
«Ti chiedo di perdonarmi» sussurra
«Ce ne sono altre…?» chiedo
«Ma che insolenza…» commenta Nele
«No, Nele. Ha ragione» sospira «Ce ne sono, sì. Sophia Thomalla.»
«Ti vedi ancora con quella?» risponde Nele scioccata
«Ogni tanto. Saranno otto mesi che non la vedo» tossisce
«Solo lei?» chiedo
«No. C’è Edith. Però ormai è sposata. E poi… no vabbè, non è più un problema» sussurra
«Chi?» chiedo
«Richard. Ma adesso sta con Paul.» sorride
«Richard?» chiedo
«Scholle. Il miglior culo di Berlino» ride
«Soltanto loro?» chiedo
«Sì. Ma se accadrà qualcosa, lo saprai. Non ti ferirò mai più» tossisce
«E io ti voglio credere» rispondo con un sorriso
«Sì ma vale anche per te» aggiunge Nele
«Non sono poliamorosa» rispondo
«Benissimo. Scusa la durezza, è che tengo a mio padre più che a mio marito» ridacchia
«Lo capisco.» sorrido piano
«Anche Isabelle tiene così tanto a me» sorride Till
«Vi posso lasciare soli? Vado a parlare con i medici» Nele alza i tacchi e mi fa sedere al suo posto
«Isa, se la saturazione scende premi il tasto rosso» mi dice seria. Spero di non averne bisogno.
«Certo. Grazie per la fiducia». Mi sorride calorosamente.
«Vedo quanto mio padre ci tiene a te e voglio darti fiducia. Raramente ho visto mio padre così preso»
«Onestamente, non mi è mai capitato» aggiunge, mentre stringo forte la sua mano nella mia. Nele socchiude la porta.
«Isa, non me lo sarei mai perdonato» mi sussurra
«Shhh, rilassati. Ti ho perdonato.» gli sorrido
«Che fastidio questi tubicini nel naso» si lamenta
«Sono dolorosi?» chiedo
«Mi impediscono di baciarti» mi sorride
«Recupereremo tutti i baci quando tornerai a casa, amore mio» gli accarezzo la fronte e i capelli.
«Devi solo pensare a recuperare» gli sussurro
«Ho un polmone che ha rischiato il collasso, l’altro ha qualche danno ma nulla di serio» mi spiega
«Dio…non avresti dovuto rischiare» sussurro
«Mi hanno spiegato che qualcuno ha impedito che non arrivasse più ossigeno al cervello, prima dell’arrivo dei soccorsi» mi sorride
«Ho fatto quello che potevo» arrossisco
«Hai fatto qualcosa che non sapevi fare e l’hai fatto benissimo» il suo sguardo è pieno di orgoglio
«Ti amo da impazzire» sussurro
«Perciò, alla fine sei tu ad aver salvato me. E non solo rianimandomi. Mi hai salvato dalla parte peggiore del mio carattere» tossisce
«Tu mi hai salvato dal mio odio verso me stessa» rispondo
«Non ti sarò mai abbastanza grato» sussurra. Getto un’occhiata al monitor, vedo la saturazione scendere e premo il testo rosso, senza lasciargli la mano.
«Amore resisti, stanno arrivando le infermiere. Respira, per favore» gli dico, mentre in camera arrivano cinque tra medici e infermieri. Vedo che iniziano a ventilarlo meccanicamente, prima di uscire. Nele è appena tornata dal colloquio e capisce, dalla stanza chiusa e dal mio viso, che Till ha l’ennesima crisi.
«Spero non abbia necessità di trapianto. Ci vorranno almeno sei mesi prima che possa recuperare» mi spiega
«Till non è come gli altri» rispondo
«No, assolutamente. Mio padre potrebbe sollevare il mondo.»
«Non mi importa del tour, finchè Paul e Till non si saranno rimessi.» singhiozzo
«Vieni, tanto non ci fanno entrare. Ti faccio vedere una cosa» mi dice, portandomi davanti alle vetrate della terapia intensiva. Dalla quattro, vedo un volto familiare che non appena si accorge di me, mi sorride da sotto la maschera dell’ossigeno, salutandomi con la mano. Paul ha recuperato il suo colorito roseo, ha il viso stanco ma lo vedo finalmente fuori pericolo.
«Mi senti?» gli chiedo. Mi fa di sì con la testa. Gli urlo che mi manca e il gesto che fa sembra dire lo stesso. Gli dico che Till è lì e il suo sguardo si spegne, nonostante cerchi di rassicurarlo. Vedo Nele correre e salutando velocemente Paul la seguo. La porta è ancora chiusa. Sentiamo le scosse di defibrillatore, guardandoci negli occhi.

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