Molestie

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TW: molestie, riferimenti a DCA

Sento un rumore di porta a vetri, dietro di me. Non mi volto, chiunque sia lo vedrò tra pochi istanti. Sono delusa dal constatare che non si tratta di Till. È un uomo alto e grassoccio, dai capelli decolorati e dall’espressione che onestamente non mi piace nemmeno un po’. Mi sembra di averlo già visto, da qualche parte. Si accende una sigaretta, poi mi lancia un’occhiata, la classica occhiata che gli uomini di una certa età lanciano a donne molto più giovani ed attraenti. Mi sale il disgusto ma non ho assolutamente intenzione di unirmi di nuovo al casino. Ignoralo e se ne andrà, penso.
«Sei Isabelle Godard, vero? La fotografa di Metal Hammer» mi chiede, allungando una mano verso di me, che decido di stringere
«Si. Lei è…?» chiedo, onestamente
«Zoran Bihać.». Quel Zoran. Quello dei videoclip porno.
«Si, ho sentito parlare del suo operato» rispondo freddamente
«Till Lindemann è la mia musa, mi limito a creare poesia con il suo corpo» risponde ridacchiando. Poesia al limite del discutibile.
«Non apprezzo la sua arte, ma non posso che comprenderne lo sforzo» dissi, a voce alta
«E lei? Fa parte della collezione privata di Lindemann?» ridacchia. Mi dà un fastidio tremendo quella risatina.
«Quello che intercorre tra me ed il signor Lindemann non è e non deve essere di dominio pubblico» affermo, sofferente.
«Non mi risulta che Till si impegni seriamente con una donna, negli ultimi tempi» commenta. Credo non abbia capito che, se vuole vivere in pace, deve occuparsi degli affari suoi.
«Beh, non credo che il signor Lindemann sbandieri ai quattro venti le sue questioni private» rispondo seccamente. Quell’essere ripugnante, che tanto mi ricorda l’omino di burro di Pinocchio si avvicina a me con il suo sorrisetto lezioso.
«Io e Till siamo amici da anni, signorinella.». Dio, gli spaccherei la faccia.
«Avrà avuto i suoi buoni motivi per tenere la questione per sé» ribatto
«O forse non la ritiene abbastanza importante da mettere al corrente le persone» risponde, sempre con quel ghigno inquietante, mentre si avvicina ancora di più a me. Vorrei fuggire, ma i piedi sono incollati al cemento e non ne vogliono sapere di staccarsi.
«Non credo, visti i presupposti del nostro rapporto» ribatto, mentre la voce trema. Si rende conto che ho paura e non fa nulla per tranquillizzarmi. Ripenso alla pistola al peperoncino nella mia borsa, al piano di sotto, quanto vorrei averlo sottomano. Anni fa giravo con la bomboletta spray come tutte, poi sono passata alla pistola gel, molto più efficace.
«Certo che non fa nulla per… dare un’impressione diversa da quella che ho avuto» commenta, mentre vedo una sua mano allungarsi verso l’orlo del mio vestito. Vorrei ritrarmi ma non mi riesco a muovere, la bocca è arida come il deserto, il cuore in petto sta per spiccare un volo oltre le costole.
«Può parlare forbito quanto vuole ma resta comunque… una puttana» sghignazza, poi la mano si allunga sotto la mia gonna. Resto impietrita, trattenendo il respiro, mentre lacrime nere di mascara colano giù. Non riesco a fare nulla che non sia restare lì, a vedere Quell’essere spregevole bearsi del mio corpo, più piango e più ridacchia. E poi passi, rumore di passi. Oddio, fa che sia Till! L’ombra lascia il posto ad una foggia umana e la mia speranza muore: è Richard. Non mi aiuterebbe mai. Conoscendolo, potrebbe persino andare a raccontare a Till che lo sto tradendo. E invece no. Lancia via la sigaretta e si getta come un pazzo su Zoran.
«CHE CAZZO STAI FACENDO? È LA RAGAZZA DI TILL!» urla, allontanandolo da me. Richard, sei davvero tu?
«Ce la stavamo spassando» risponde, guardandomi male
«Non mi sembra che Isabelle sia consenziente, vero?» dice, voltandosi verso di me. Scuoto la testa energicamente.
«Quindi non ve la stavate spassando… la stavi molestando!» risponde, con fare nervosissimo.
«Molestando, non esageriamo, per una mano tra le gambe!» mi guarda furioso. Ho così paura che quasi non respiro più.
«Fai schifo Zoran, cazzo! Riferirò tutto a Till!» ribatte, poi si volta di nuovo verso di me
«Stai bene?» mi chiede. Scuoto la testa.
«Vieni, ti porto in un posto sicuro» mi dice, prendendomi da sotto un braccio, mentre cammino meccanicamente. Entriamo in una stanza buia, illuminata dalla luce proveniente dall’esterno. È una camera da letto, probabilmente la stanza di Till.
«Sdraiati sulla schiena, qui sotto il lenzuolo» mi dice, aiutandomi a sdraiarmi. Mi toglie le scarpe, poi mi copre con il lenzuolo.
«Respira a fondo Isabelle, concentrati solo sul diaframma che scende e sale. Studi canto, mi è parso di capire» annuisco, mentre cerco di riprendere il controllo del mio respiro.
«Stai tranquilla, non succederà più nulla adesso. Sei al sicuro, nel letto di Till.»
«Prima hai detto che sono… la sua ragazza» balbetto
«L’ho fatto per scoraggiare Zoran» risponde «Di solito non fa il marpione con le donne degli altri» risponde, facendomi una carezza sul viso, che non mi aspettavo. Continuo a tremare come una foglia e la lacrime continuano a scorrere.
«Lo dirai a Till, non è vero?» chiedo con un filo di voce.
«Certo che lo farò. Ora però concentriamoci sul tuo attacco di panico, lo facciamo passare. Respira, Isabelle». La mia mano cerca la sua, ho bisogno di conforto. Richard non mi è mai apparso tanto umano. Cerco di respirare ma il terrore è un blocco di ferro sul mio torace.
«Un po’ alla volta, cerca di farli sempre più profondi. Ce la fai, cara. Io non ti lascio». Perché stai facendo tutto questo?
«Perché lo fai?» Chiedo con un filo di voce.
«Perché sono un coglione. Sto con una… tossicodipendente instabile che si diverte ad aggredire . E non ho il coraggio di oppormi perché ho un carattere debole. Ho litigato con Paul, mi ha insultato, me lo sono meritato.». Riesco a percepire la sofferenza nella sua voce stanca.
«Credevo mi detestassi» sussurro
«Ma no. È che… con quella lì non capisco più nulla» sospira
«Non mi lasciare» sussurro
«Non ti lascio. Respira a fondo, tesoro.» mi sussurra. Chiudo gli occhi e cerco di concentrarmi solo sull’aria che invade e lascia i miei polmoni stanchi, finché inizia a sembrare più facile.
«Funziona» dico pieno
«Lo so. È così che faccio passare i miei» risponde
«Ne soffri anche tu?» chiedo piano
«Purtroppo…». Il suo telefono squilla. Risponde sbraitando, non vuole lasciarmi ma dal tono della conversazione capisco che deve andare.
«Ti prego, non andare» lo imploro
«Era Olga, purtroppo devo. Faccio salire Paul con la tua borsa, va bene? Racconterò tutto a Till, così poi salirá ad aiutarti.»
«Va bene… scusami» dico piano
«Lo faccio salire subito. No, scusami tu. Sono un completo idiota» risponde alzandosi e uscendo dalla porta, senza smettere di guardarmi. E resto lì, con i miei pensieri ed il terrore che le mani di Olga intorno al collo e quelle di Zoran sotto la mia gonna, hanno lasciato.
Paul sembra arrivare dopo anni, ma mi rendo conto che sono passati solo pochi minuti. Molto trafelato, si siede vicino a me, sul letto.
«Tesoro, ti ho portato la borsa. Khira ed Emil stanno ancora lavorando, ecco perché non salgono. Stai meglio?» dice facendomi le carezze.
«Ho paura persino a respirare.» sussurro
«Sono qui. Che schifo, davvero. Non mi è mai piaciuto Zoran, odiavo girare i videoclip con lui. Piscia sempre fuori dal vaso.» aggiunge nervoso Paul, tenendomi forte la mano.
«Non riuscivo ad urlare, a fuggire» singhiozzo. Paul si avvicina ancora di più e mi stringe tra le braccia, dolcemente.
«Shhh, stai tranquilla. Preferisci tornare a casa o vuoi restare qui con Till?» mi chiede piano. A casa mi sentirei decisamente più al sicuro ma no, voglio restare qui.
«Resto qui.» dico a bassa voce.
«A Till farà molto piacere» dice piano
«Non vedo l’ora che salga». Mi sento al sicuro se è nei paraggi. Mi metto seduta ma la testa gira da matti, quindi torno giù.
«Non abbiamo più l’età per questi festini» dice Paul «Hai fame? Sete? Ti faccio portare qualcosa?»
«No, tutto a posto» dico, nauseata.
«Meglio, non mi va di rivedere quella faccia di merda di Richard» dice, tornando ad abbracciarmi
«Avete litigato?» chiedo
«Tantissimo. È stato molto difficile per me vedere quella… Infida troia cercare di ucciderti» ammette con difficoltà
«Diciamo che questa sera è una collezione di traumi» sospiro
«Ma io ci tengo a rasserenarti» dice Paul, facendomi le carezze «E Till ti farà passare una notte bellissima»
«Non credo di sentirmela di…» dico piano
«Gli basta dormire con te, per essere felice. Mi ha parlato tanto di quella notte in hotel che avete passato insieme». Già, la notte più bella della mia vita. La notte in cui ho scordato di avere di fronte Till Lindemann cantante dei Rammstein e ho conosciuto il vero Till.
«Ho un po’ sonno. Resti qui finché non mi addormento?» gli chiedo, mi accarezza il viso mentre i miei occhi si chiudono. «Stai tranquilla, ci penso io a te» mi risponde.
Apro gli occhi alla luce del giorno, sbadigliando. Ho dormito in reggiseno e mutande, me ne rendo conto improvvisamente. Mi alzo di corsa, tirando fuori il pigiama dalla borsa e mi rimetto a letto, rendendomi conto del tepore, accanto a me. Till sta ancora dormendo, lo sento russare profondamente. Il mal di testa post canna mi uccide ma sapere di aver dormito con lui è la migliore consolazione. Decido di appoggiarmi alla sua scheda nuda, aspettando che si svegli.
«Non sai quanto sei importante per me» gli sussurro delicatamente all’orecchio. I suoi occhi si schiudono al sole, due meravigliosi smeraldi. Mi guarda e sorride.
«Buongiorno, principessa» sussurra
«Buongiorno, mio re» rispondo, mentre si mette sulla schiena, lasciandomi scivolare sul suo petto morbido.
«È stata una serata terribile» sospiro
«Lo so, tesoro. E mi dispiace non averti potuto aiutare meglio, purtroppo sono finite in coma etilico diverse persone» sospira
«Non ti preoccupare, ci hanno pensato Richard e Paul» lo rassicuro
«Chissà che paura che hai provato,  piccola mia» mi sussurra
«È tutto passato, ora che sei con me» rispondo.
«Resti qui, oggi?» mi chiede
«Dovrei lavorare» rispondo
«Ti prego… ti riporterò personalmente a casa, ma resta qui per pranzo». No, non me la sento.
«No Till, non ce la faccio» dico piano
«Ti prego… voglio darti il regalo… poi ti vorrei chiedere una cosa». Non resisto alla sua dolcezza.
«Va bene, resto. Solo che…» mi ricordo di non avere altri abiti eccetto quello di ieri sera.
«Cosa, tesoro?» avvampo
«Non ho altri vestiti» ridacchio
«Beh, credo sia arrivato il momento di darti il regalo» dice sorridendo, poi si alza dal letto, mostrandomi l’elegante prospettiva del suo sedere, apre l’armadio e ne estrae una scatola di Vivienne Westwood. Resto a bocca aperta.
«Provalo, fammi vedere come ti sta» mi dice Till, gongolando. Mi spoglio velocemente, mostrandogli il completino intimo. Il suo sorriso si allarga.
«Aspetta… resta ancora un po’ così. Lasciati ammirare» mi dice, allungando le mani verso i fianchi. Mi ritraggo istintivamente, nonostante non voglia.
«Tutto bene, tesoro?» mi chiede. Annuisco
«Ti ho spaventato?» scuoto la testa e prendo le sue mani, le appoggio sui miei fianchi, lentamente.
«L’ultima cosa che voglio è farti stare male». Non potrebbe mai. Mi guarda come se vedesse il sole per la prima volta, sento il suo respiro farsi più veloce.
«Ti… piaccio?» chiedo piano
«Sei assolutamente stupenda, Isabelle». Il suo tono è estasiato.
«Beh, chi parla» sorrido, mentre mi accarezza piano i fianchi, la vita, salendo su e poi tornando giù con le mani. Mi sente tesa, non posso negare di esserlo.
«Qualsiasi cosa… possiamo parlarne» mi sussurra, poi si sdraia, facendomi cenno di sdraiarmi accanto a lui. Mi sdraio anche io, mentre una sua mano cinge il mio corpo. Non riesco a respirare dall’angoscia, eppure non è così che dovrei sentirmi. Non è così che voglio sentirmi.
«Non mi piace vederti così tesa, Isabelle» aggiunge
«È solo che… no vabbè, niente» dico, mordendomi il labbro
«Non è solo per quanto accaduto ieri sera, vero?» mi chiede piano
«No. Non c’entra nulla.» rispondo velocemente
«Puoi fidarti di me, davvero.» sussurra Till
«Ti ho… raccontato di come sono andata via di casa ancora minorenne, no?» inizio a spiegare
«Si, hai cambiato nome. Se posso, come ti chiamavi?» il suo tono è così accogliente
«Irina. Ma Isabelle mi dona decisamente di più» sorrido
«Irina. Si, Isabelle è meglio. Comunque, dimmi pure tutto ciò che ti tormenta, non ne farò parola con nessuno. Mi fa soffrire vederti sempre così angosciata». Posso fidarmi.
«Quello che non sai è che…vendevo il mio corpo, per poter sopravvivere. Era faticoso, pericoloso, ho incontrato gli uomini peggiori del mondo. Tra cui uno in particolare che mi ha causato il trauma per cui ho il terrore degli uomini. Nonostante ciò ho dovuto continuare per anni, con il terrore addosso, il disgusto ed il disprezzo, per disperazione.». Non ne avevo mai parlato con qualcuno, eccetto Nikki e Sarah.
«Mi dispiace tanto, piccola mia. Posso solo immaginare cosa hai provato e come hai disperatamente cercato di tenere duro. Purtroppo… anche io ho vissuto cose simili, lo avrai intuito dai testi delle mie canzoni». Certo che l’avevo fatto.
«Si. Lo avevo notato. Nemmeno tu lo meriti» dico, mentre ci stringiamo forte l’uno all’altra. Siamo due vasi rotti che cercano di riunire i cocci insieme. E non mi sono mai sentita più compresa da nessun altro. Quel silenzio carico di dolcezza ed empatia è la cosa migliore che mi sia mai successa.
«Ecco perché spesso rifuggo da baci e cose del genere» spiego
«Non devi giustificare ciò che fai per non stare male» risponde «Piuttosto, ho un’altra domanda. Non rispondere, se non ti va». Il mio stomaco si stringe.
«Dimmi pure». Terrore.
«Perché non mangi? L’ho notato, sai? Non è solo in pubblico, tu rifuggi proprio dal cibo. Io vorrei aiutarti anche su questo, se non è un problema». Le lacrime rigano le mie guance.
«Guarda quanto sono grassa, orrenda e disgustosa» singhiozzo
«Mi sa che vediamo due cose diverse, perché io vedo soltanto una donna bellissima con un corpo di una tenerezza e bellezza da lasciare a bocca aperta». Ovviamente, non gli credo. Potrebbe avere chiunque, perché perde tempo con una cicciona come me?
«Ma è così. Guarda la mia pancia, le mie cosce»
«È tutto meraviglioso» dice, riempiendo la mia pancia di piccoli baci. Perché non fugge disgustato come gli altri? Cos’ha di diverso?
«Till…» dico piano
«Si?» mi chiede, smettendo di darmi bacini
«Non te ne andrai, vero?» chiedo quasi sussurrando
«Preferirei la morte» mi dice con un sorriso, mentre torniamo ad abbracciarci.
 

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