La Sedia

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«Continuo a pensare che non avresti dovuto farlo» mi dice Till, nervoso.
«Non me ne pento e non me ne pentirò mai» rispondo. È passata una settimana dalla firma e mi ha accompagnata a fare gli esami richiesti. Esami del sangue, rx toracica, spirometria, laringoscopia. Non mi ha lasciato la mano nemmeno un secondo, ha sorriso per tranquillizzarmi mentre mi affannavo a soffiare nel tubo dello spirometro.
«Non è giusto, Isabelle. Stai mettendo a rischio la tua credibilità per me. Come pensi che i media accoglieranno questa cosa?» mi chiede, mentre saliamo in auto e si toglie il cappellino e gli occhiali da sole.
«Sto solo difendendo un innocente» sospiro
«Un innocente che però ha la fama di essere uno stupratore seriale» borbotta
«Certo che se Flake avesse evitato di scriverlo nel suo libro…»
«Pensi che sarebbe cambiato qualcosa?»
«Non lo so. Davvero facevate quelle cose?». Mi guarda, mette in moto, poi prende fiato.
«I primi tempi sono stati duri. Non avevamo soldi, rubavamo, ci drogavamo per non sentire la fame e la stanchezza. Io ero sempre ubriaco, Isabelle. Costantemente ubriaco». Sento tutto il suo dolore nella voce.
«Costantemente ubriaco. Come tuo padre.» commento.
«La mela non cade lontana dall’albero»
«Io lo sego, l’albero. Tu devi smetterla, devi riprenderti. Hai quasi sessant’anni.» ribatto
«Non credo di potercela fare» sospira, mentre guida piano verso casa di Paul.
«Siamo insieme in questo, Till»
«Meriti di meglio. Non sono quel tipo di persona adatto… alla tua meravigliosa personalità» dice piano
«Io merito te. Io non voglio nessun altro» il suo sorriso si allarga.
«Ma non vuoi baciarmi» mi stuzzica
«Non me la sentivo»
«Ma all’audizione te la sentivi» mi fa l’occhiolino
«Ti desideravo tantissimo» arrossisco
«Parli al passato»
«È complicato. Sono complicata. Sono davvero troppo complessa» sospiro
«A me vai bene anche complicata» dice facendomi il baciamano mentre scendo dall’auto
«Quindi alle tre?» chiedo
«Si, alle tre a casa mia. Mangia adesso, così digerisci. Niente latticini e niente cibi speziati. Indossa abiti comodi che ti farò sudare»
«Ma è una lezione di canto o di atletica?» rido
«Isabelle, i miei metodi sono un po'…particolari»
«Se per particolari intendi il sesso, scordatelo». Gira gli occhi ridendo.
«La mia ex insegnante era un’anziana soprano che…vabbè lo vedrai»
«Till, mi hai promesso trasparenza»
«Voglio sorprenderti»
«Non mi piacciono le sorprese» sospiro
«Non farei mai nulla per metterti a disagio»
«Voglio sperarlo» rido. Si ferma, poi mi manda un bacio con la mano e risale.
Prima lezione di canto con lui a casa sua. Agitazione a mille. Paul mi vede rientrare un po' sconvolta.
«Tesoro, è successo qualcosa?» mi chiede, abbracciandomi come farebbe un padre.
«No è che…Till non vuole dirmi cosa faremo e questo mi agita parecchio» confesso
«Intendi cosa farete a lezione?» mi chiede ridacchiando
«Perché stai ridendo?»
«Perché il metodo di Till è… no vabbè lo vedrai. Non si può spoilerare» ride Richard dalla cucina
«Devo preoccuparmi?» chiedo
«Ti sei mai chiesta come abbia fatto ad avere quelle braccia?» mi chiede Paul
«Bodybuilding» rispondo
«Sbagliato!» urla Richard
«Hai forza nelle braccia?» mi chiede Paul
«Poca…perché?» scattano a ridere insieme.
«Beh…preparati» risponde Richard
«Mi potete spiegare?» ripeto, un po' incazzata
«Non voglio rovinarti la sorpresa» risponde Paul.
«Isa, ti ho cucinato la quinoa con il tacchino arrosto, una roba proteica e leggera visto che oggi…ecco, ti servirà» mi dice Richard. Mi siedo e cerco di mangiare. Richard ci sa davvero fare con la cucina, è tutto squisito. Mi metto in macchina e guido, lentamente, verso la sua villa. Mi accoglie davanti al cancello, senza maglia e con solo i pantaloncini.
«Posso iniziare a preoccuparmi?» Dico trattenendo l’angoscia.
«E per quale motivo? Ci siamo solo io e te, nella mia saletta.»
«Appunto...»
«Isa, non ho alcuna intenzione di fare sesso con te!»
«Lo so. Solo che… tutto questo mistero.». Non mi risponde, mentre apre la saletta. È luminosa, molto pulita e lineare. Ci sono due materassini, vari attrezzi in una rastrelliera e due sedie al centro della stanza, oltre che un frigo ed un lavabo e ovviamente un pianoforte verticale.
«Qui porto i miei alunni. Portavo, sono sei anni che non insegno» mi spiega. Mi spoglio e resto in pantaloncini e top.
«Anche le scarpe» mi dice. Tolgo le scarpe e le mette fuori. Che dobbiamo fare? Non sapevo di essermi iscritta in palestra.
«La notizia buona è che a livello tecnico non ho molto da insegnarti, sei più brava di me» mi dice sorridendo
«Solo perché studio canto lirico» rispondo, bevendo un po' d’acqua
«Ma dobbiamo lavorare sulla resistenza, sulla presenza scenica e soprattutto sulla respirazione. Quindi, prima di ogni cosa…prendi le sigarette». Richiesta strana. Prendo le sigarette dalla tasca della giacca. Me le prende dalla mano e le getta nell’immondizia.
«Tu hai smesso di fumare da adesso in poi» mi dice guardandomi negli occhi
«Ma vaffanculo» protesto
«Isa…lo faccio per te» dice piano
«Tu non sai che cazzo significa» protesto.
«Spiegamelo. Spiegamelo Isa, ma fallo cantando. Prendi tutta questa rabbia, tienila dentro di te. Devi incanalarla.». Questa è la volta buona che gli spacco la faccia. Si siede al pianoforte e inizia a farmi riscaldare la voce. Sono così nervosa che potrei spaccare qualcosa.
«Proviamo con Sonne, tra le più semplici. I testi te li ho fot…»
«La conosco a memoria» dico nervosa.
«Benissimo. Butta tutto fuori Isa. Arrabbiati con me. Urlami contro, ma fallo cantando. Cantami la tua rabbia, Isabelle. Ti ho privato delle sigarette, ti ho obbligato a mangiare, ti sto forzando a cantare per me. Devi cantarmi il tuo disprezzo». Lo guardo con la furia negli occhi.
«Non sfidarmi…» dico
«Oh sì, sì che ti sfido» dice iniziando a suonare. Canto senza emozione, quasi senza voglia di farlo. Non riuscirai a cavarmi nulla da dentro, Till.
«Sei un osso duro, eh? Vedrai come ti piego» dice con un sorrisetto infernale. Si alza dal pianoforte e si avvicina a me.
«Prendi una sedia» mi dice, autoritario
«Perché?» chiedo
«Fallo e basta» mi intima. La prendo, piazzandomi davanti a lui.
«Sollevala. Sopra la tua testa, Isa. Tieni le braccia completamente stese e le mani parallele» mi dice, girandomi intorno, mentre faccio quello che dice.
«Divarica leggermente le gambe, come pensi di controllare il pavimento pelvico con le gambe così strette?» mi dice. Mi aspetto una mano tra le gambe, ma non arriva. Professionale, per essere uno che ha la fama di stuprare la gente. Inizia a passare le mani sul mio torace, sull’addome in tensione, senza dire nulla.
«Nemmeno un lamento? Vuoi da subito le maniere forti?»
«Sei abituato a fare sadomaso con i tuoi alunni, Till?» chiedo. Trattiene una smorfia.
«Quella vecchia stronza mi faceva cantare tutta la lezione così, a volte. Era sadica, sì. Ma se mi consideri il tuo cantante preferito, è grazie a lei»
«A me piacevi già prima» rispondo
«Ma adesso di più, ammettilo». Non rispondo, inizio a sentire dolore alle braccia.
«Canta, Isabelle. Fammi sentire la tua voce» mi sussurra all’orecchio. Inizio a cantare, mentre il dolore inizia a farsi persistente. Le mie mani iniziano a traballare.
«Puoi fare di meglio. Riprova.» dice, appoggiando un gigantesco volume dell’enciclopedia sulla sedia. Respirare inizia ad essere faticoso.
«Fa male…»
«Fa più male degli insulti di quelle deficienti all’audizione? Fa più male delle risate di Olga?» mi sussurra all’orecchio
«No.» dico piano, prendendo fiato. Inizio a cantare ma la voce mi trema. Fa male, ma non gliela voglio dare vinta.
«Non…ce la faccio» sussurro
«Ce la fai. Ce la fai invece» mi incoraggia. Riprendo a cantare, a fatica.
«Continua a respirare e non pensare a nulla. Non pensare a niente. Svuota la mente, Isa. Non pensare al dolore, non pensare alla sedia.» mi dice all’orecchio
«Da sola non ce la posso fare» gemo, mentre le braccia fanno così male che temo possano cedere di colpo, facendomi cadere la sedia sulla testa.
«Esattamente. Da sola non puoi. Ma con me…» dice, prendendo la sedia dalle gambe libere «Con me ce la fai. Dobbiamo solo lavorare insieme.» mi dice piano, rassicurante
«Ho sbagliato a non volermi fidare di te» dico a bassa voce
«Tu non ti fidi di nessuno. Nemmeno di te stessa. Sei stata delusa troppe volte. Ma io ci voglio provare, voglio riuscire a farti fidare di me. Voglio riuscirci perché meriti di divenire una grande cantante e una fidanzata felice». Trattengo il respiro.
«F…Fidanzata» ripeto
«La mia.» dice pianissimo, abbassando la sedia lentamente, con me. Salto sulla sedia, quasi d’istinto. Lo guardo negli occhi. Ci potrei morire in quegli occhi.
«La tua?» ripeto
«Mia. Mia per tutta la vita, se lo vuoi» mi sussurra. La mia bocca e la sua si uniscono in un bacio desiderato, sofferto, umido dal pianto che sgorga da tutti e due. Gli salto in braccio e lo bacio, lo bacio ancora, fortissimo. Ci sediamo per terra e continuiamo a baciarci, fino a che inizia a mancarmi il fiato. Mi stendo per terra, con la testa che gira.
«Non riesco a crederci» sorrido.
«Credici perché è solo l’inizio» mi dice guardandomi in faccia con gli occhi che brillano
«Potresti avere chiunque…»
«Sceglierei te, in ogni caso» mi sussurra.
«Stasera pizza» sento urlare. La porta si apre. Paul e Richard sono arrivati e ci fissano maliziosi.
«Stiamo lavorando, coppietta» sbuffa Till
«Sul pavimento, seminudi… sì, state decisamente lavorando» commenta Richard
«Intanto… chi vi ha fatto entrare?» ride Till
«Le chiavi che mi hai dato» risponde Richard ridendo più forte
«E adesso vogliamo assistere, sono anni che non ci mostri i tuoi alunni fuggire terrorizzati» aggiunge Paul
«In questo caso, credo sarà Isabelle a farmi fuggire, visto che canta meglio di me» mi guarda con un sorriso che non può nascondere
«Ma non è che…» Sospetta Paul. Ci guardiamo negli occhi e annuiamo, poi ci baciamo ancora.
«LO SAPEVO!» strilla Richard
«Che bello, ragazzi. Mi fa veramente piacere» commenta Paul, sorridendomi
«E comunque stavamo facendo una pausa, la sedia è pesante» giustifico, ridacchiando
«Non ti ha ancora inchiodata al pavimento con l’enciclopedia sul diaframma?» chiede Paul
«Cheee?» inizio davvero ad avere paura
«Siamo solo alla prima lezione, non la posso fare a pezzi da subito» ridacchia
«E stanno suonando! Sarà Doom con gli altri» corre via Richard
«Vi siete organizzati come al solito senza dirmi un cazzo» borbotta Till
«Dai non fare così, andiamo dagli altri» dico abbracciandolo, mentre ci alziamo
«Dovevo ricordarti di portare un ricambio…»
«Rimetto la salopette, non fa nulla» dico, rivestendomi
«Quindi… fate sul serio?» chiede Paul
«Serissimo» risponde Till
«Mi raccomando…» borbotta Paul
«Ho imparato dai miei errori» ribatte Till
«Paul… voglio fidarmi» dico guardandolo negli occhi
«E io voglio augurarvi tutto il meglio» risponde, con un filo di malinconia nella voce
«Ti prego… ho bisogno del tuo supporto» dico piano
«Lo hai e lo avrai sempre… tutti e due»

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