Spalancai gli occhi, con una paura che mi corteggiava da dentro; guardandomi attorno non vedevo nulla, tutto nero, un'immensa stanza nera. Mi muovevo a passi lenti e furtivi, cercavo di urlare ma la mia voce non si faceva sentire, ero sola e spersa nel nulla. Dopo un po la stanza sembrava diventare più chiara e al centro si poteva notare un baratro circondato di rose rosse... Sbalzai dal letto spaventata e perplessa; era solo un sogno sussurrai a me stessa. Misi i piedi per terra per dirigermi verso il bagno, almeno quella era l'intenzione prima che il cellulare squillasse
-"pronto?" risposi con voce fredda e assonnata
-"Tutto sistemato. La festa si farà il 22 gennaio. Trovato un bel vestito e sistemati per bene, dobbiamo trovarti un ragazzo."rispose urlando allegramente, al solito suo.
-"Ilaria. So trovarmi benissimo da sola un ragazzo, non ho bisogno di nessuna festa. Oltre che siamo ancora al 10 gennaio, c'è tempo." ribattei con voce seccata.
-sbuffa "Sei la solita piagnucolona, ci sentiamo, un bacio." e stacca con la sua solita risatina.
Poggiai la testa nella spalliera del divano e iniziai a pensare a quella stanza buia, cosa voleva dirmi quel sogno? Chiesi a me stessa... In un tempo record ero già pronta e in strada verso la biblioteca. Iniziai a prendere alcuni libri che parlavano dei sogni, ma non trovai nulla di interessante che riguardasse il mio; alzai gli occhi al cielo e nel frattempo vidi passare un ragazzo vestito di nero, mi fece venire i brividi ad impatto ma continuai lo stesso a guardarlo finché non si girò e mi fece un sorriso.
Presi la borsa e scappai fuori la biblioteca, toccai la banchina con un piede e percepì un vorace dolore alla testa, mi inchinai nello scalino con la testa fra le mani, e dopo qualche secondo senti delle mani che afferravano le mie braccia.
-"stai bene?" dissero due grandi occhi verdi.
-"si." risposi intimorita.
-"Piacere, io sono Valter." nel frattempo guardai meglio il viso, il cappotto, era il ragazzo della biblioteca.
-"Piacere, Kate." mi alzai di scatto.
-"Ti andrebbe di fare un giro?" disse con un tono calmo.
-"No." risposi bruscamente e andai via.
Camminai per qualche ora per le strade della città, guardando la finta felicità delle persone, tutti sorridono, tutti si stringono le mani. Nessuno ha più il coraggio di scappare. Dopo un po senti l'estremo bisogno di ritornare a casa ed in tutta fretta mi incamminai verso il mio appartamento.
Superata la porta sentii un freddo che mi penetrava dritto nelle ossa, il silenzio però mi tranquillizzava un po'. Mi misi a letto e chiusi gli occhi. Buio, freddo, lame, rose rosse, sobbalzai dal letto e andai a prendere dell'erba; avevo bisogno di tranquillizzarmi come ogni sera praticamente. Rollai la prima, la seconda, la terza e forse mi sentii quasi calma e rilassata. Presi un libro e iniziai a sfogliarlo, mi godevo tutte quelle righe con animo tranquillo, finché una frase non mi colpì:
"I sogni sono illusioni, apparenze che si presentano davanti e poi scompaiono."
Feci scivolare il libro sul pavimento e con un movimento lento poggiai la testa sul cuscino, in quel momento mi salì un senso di precarietà. Chiusi gli occhi e presa dal silenzio mi addormentai.
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Driiiiiiiiin, driiiiiin, driiiiiiiiin...
Sento la sveglia che urla impazzita, la spengo con fretta e mi ricordo il colloquio di lavoro che mi aspettava fra un'ora esatta. Andai di corsa in bagno legandomi i capelli durante il tragitto, davanti lo specchio mi guardai il viso e decisi di nascondere le orrende occhiaie che minacciavano di aggregarsi alla mia mattinata, un po' di trucco e andai davanti l'armadio, camicia bianca e pantaloni neri, look perfetto per un colloquio di lavoro. Guardai la macchina fotografia e pensai di portarla con me, essendo un colloquio con un'agenzia fotografia poteva essere molto probabile che avrebbero chiesto qualche mio scatto. La porto.
Mancavano ancora 20 minuti all'appuntamento perciò decisi di andare in un bar li vicino a prendere un caffè, mi sedetti e presi un giornale, in un batter d'occhio mi ritrovo il mio caldo caffè a tavola con un insinuo ragazzo che mi guarda con occhi verdi.
-"Si ci rivede." dice trattenendo un sorrisetto.
-"Che ci fai qua?" rispondo con voce seccata.
-"Ho un appuntamento con una ragazza che ha chiesto un colloquio di lavoro all'agenzia di mio padre. E tu?" mi chiede interessato.
Senti il mondo che mi crollava addosso. Che brutto scherzo è questo. -"Eccoti la ragazza allora. " rispondo con un accento di amarezza.
-"Oooh. La giornata inizia farsi interessante." sorride.-"Andiamo in un posto più tranquillo." mi indica l'uscita.
Dopo qualche passo notai i suoi occhi su di me -"Dove stiamo andando." chiesi.
-"Al parco." rispose dolcemente
-"Questo è un appuntamento di lavoro, non un qualcosa per uscire insieme." risposi irritata.
-"Potrebbe anche esserlo" ribatte con un sorriso.
Aumentai il passo ed appena vidi una panchina libera mi sedetti.
-"Allora?. Incominciamo?" dissi.
-"Certo. Ti farò delle domande per cercare di capire se tu sei adatta alla nostra azienda." sospira. -"Iniziamo. Perché hai scelto la fotografia come campo lavorativo?" mi chiese guardandomi dritto negli occhi.
-"Penso che non ci sia forma migliore di espressione della fotografia. Può far viaggiare la mente, ricordare cose di cui il nostro cervello ha deciso di incassettaree. Con la fotografia si può vedere tutto in svariati punti di vista e fin da piccola mi hanno sempre detto che io vedevo tutto in modo diverso, davo e do svariati punti di vista alla vita stessa." risposi con serietà.
Mi guardo con interesse-"Mmh. Questa è una bella riposta sai." Si toccò le labbra con le dita e subito dopo andò avanti con un'altra domanda - "Famigliari? Che lavoro fanno i tuoi genitori?". Sentii da dentro un senso di nausea -"Non credi che stiamo andando troppo sul personale?" lo guardai storto.-"Mi scusi." mi guardò perplesso.
-"No. No. Scusami tanto..." dissi con tono dispiaciuto.-"Ho tagliato fuori dalla mia vita i miei genitori." abbassai lo sguardo. Il suo volto si tirò indietro.-"Ok. Penso di aver preso abbastanza informazioni. Mi lasci il suo numero e le farò sapere presto.". Gli diedi un biglietto, feci un cenno di saluto e andai via.
Avevo tanta voglia di andarmene nelle mia tana, sotto le coperte e dormire per anni. Ma la strada sembrava allungarsi sempre di più, quelli che di solito sembravano 10 passi in questo momento sembrava 1 passo soltanto. Un senso di ansia mi iniziò a salire dallo stomaco, visti il primo bar che mi trovavo di fronte e mi fermai a prendere qualche drink: un Whisky, un altro ancora e ancora e ancora; ora mi sentivo un po' più tranquilla. Mi diressi alla cassa un po' barcollante, pagai e iniziai a camminare contando i passi: 1,2,3,4,674 ed ero a casa;chiusi la porta e caddi a terra. Sogni d'oro.
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La morte con gli occhiali
ChickLitKate è una giovane ragazza che ha poco più della maggiore età. I suoi genitori sono assenti nella sua nuova vita che lei stessa ha deciso di crearsi allontanando tutto ciò che le potesse ricordare la sua ricca vita che l'ha sempre tenuta molto dista...