Capitolo 20

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Iniziavo a sentirmi a disagio quando mi trovavo in luoghi chiusi, con troppa gente, mi sentivo come se qualcuno volesse uccidermi, soffocarmi. Fu proprio da lì che iniziai a prendere anti-depressivi.
Iniziò tutto ad una mostra d'arte contemporanea: ero sottobraccio con Valter, ammiravamo le stupende opere appese nei muri circostanti, non era molto ampia la stanza ed era piena zeppa di persone. La gente mi sbatteva contro e rideva. Mi sentii strana, impotente, presi la mia testa tra le mani e mi guardavo a torno, non riuscivo a parlare, non sentivo nulla. Ispiravo ed espiravo senza fine, mi sentivo morire da dentro, tutto troppo chiuso, soffocante.
Valter mi guardava con aria interrogativa e accarezzandomi il viso muoveva le labbra, non riuscivo a carpirlo. Caddi, non sentii più nulla, in silenzio totale. Sentivo solo il mio animo uscire.
Aprì gli occhi con una flebo attaccata al braccio; appena Valter si accorse che lo guardavo il suo volto si stese in un sorrisone di grande sollievo.
-"Come stai?" Mi chiese
-"Adesso che so di essere viva tra le tue mani, bene." Sorrisi.
Le sue labbra si posarono sulla mia fronte facendo salire su di me dei brividi gelidi. Era quello, forse, l'unica cosa bella che la vita mi aveva concesso: il suo amore. Potevo scappare tante volte ma, di tanto in tanto, ritornavo sempre a poggiarmi da lui, per rifare il pieno di sensazioni.

La morte con gli occhialiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora