Premio di mezzanotte (2 di 3)

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Era quello che aveva sempre voluto, morire e pagare per le sue colpe; ma solo fino a qualche mese prima, quando l'aveva trovata, morente, tra le macerie della casa, in mezzo ai cadaveri martoriati dei suoi cari, vittime sacrificate alla causa dell'Ordine da un mago che aveva rifiutato la magia e si era ritirato a vivere tra i Babbani ma che poi, al momento del bisogno, aveva coraggiosamente messo a repentaglio la propria vita e quella dei suoi figli offrendosi di fare da tramite per passare a Lupin, suo nipote, le preziose informazioni recuperate da Piton.

Il mago aveva accettato l'inestimabile offerta e per due mesi i suoi resoconti erano regolarmente filtrati verso l'Ordine, fino a quella notte, quando l'ira distruttrice di Voldemort aveva annientato l'intera famiglia, compresa la bambina e i due ragazzini: il vecchio Dustin non aveva ceduto e non aveva tradito la sua copertura. Non aveva detto neppure una parola: così glieli avevano ammazzati tutti davanti agli occhi, lentamente, uno per uno.

Era arrivato troppo tardi, ancora una volta, in tempo solo per poter pietosamente chiudere loro gli occhi.

Poi, quel gemito lieve aveva bloccato ogni suo gesto e aveva scoperto che Corinne, la figlia maggiore, ventidue anni appena, era ancora viva, sopravvissuta chissà come all'orrendo massacro.

L'aveva presa delicatamente tra le braccia, cercando di rassicurarla, ed era subito fuggito via smaterializzandosi e portandola con sé: aveva operato su di lei ogni incantesimo di guarigione che conosceva, con tutta la sua disperata dedizione; le aveva somministrato potenti pozioni ed era rimasto immobile al suo capezzale, per interminabili giorni, pregando intensamente per la sua vita.

Corinne, alla fine, si era risvegliata e gli aveva sorriso.

A lui, alla causa di ogni sua disgrazia.

E la sua vita era improvvisamente cambiata.

In quel sorriso aveva poco per volta ritrovato la speranza per un futuro diverso e, nel corso dei mesi successivi, lei era incredibilmente riuscita a fargli nuovamente amare la vita, a fargli desiderare di trascorrerla solo con lei.

Si era innamorato della giovane Corinne, perdutamente, e lei lo ricambiava teneramente, chiamandolo il suo salvatore.

Se solo avesse saputo chi veramente era, che era lui la causa per la quale tutta la sua famiglia era stata distrutta e lei aveva rischiato di morire!

Eppure Severus aveva un disperato bisogno di quell'amore, più dell'aria che respirava o del cibo che lo teneva in vita; desiderava intensamente Corinne, eppure non voleva averla, conscio dell'enorme pericolo in cui l'avrebbe messa se fosse diventata la sua donna.

L'amava immensamente, eppure sapeva che doveva tenerla lontana da sé, per il suo bene; che doveva proteggerla, prima di tutto da se stesso.

Almeno fino a quando l'Oscuro Signore non fosse stato distrutto.

Era questo il grande cambiamento per lui: ora aveva un futuro in cui sperare, una felicità per la quale combattere.

- Vieni a mangiare qualcosa, Severus.

Il mago si riscosse bruscamente dai suoi pensieri, ripristinando immediatamente l'usuale e dura maschera d'impassibilità, preoccupato solo che qualcosa dei suoi intensi sentimenti avesse potuto filtrare all'esterno, sui suoi lineamenti.

Era una voce stanca, strascicata, quella del mago che gli aveva parlato: solo l'ombra dell'uomo che un tempo era stato il potente Lucius Malfoy.

Oltre un anno di prigionia ad Azkaban non lo aveva minimamente piegato, ma la morte di Draco e la pazzia di Narcissa lo avevano distrutto. Viveva solo per vendicare il figlio, per uccidere quell'Auror maledetto, e, quella sera, Voldemort gliene aveva finalmente dato la possibilità.

- Non ho fame, Lucius. – rispose stancamente.

Il raffinato volto dell'amico era ricoperto da sottili rughe, ragnatele di dolore che lo imprigionavano. Severus era colpevole anche di questo, di non aver saputo mantenere fino in fondo la promessa fatta alla bella Narcissa, di non aver saputo proteggere Draco dall'ira di Voldemort che, consapevolmente, e ancora una volta, lo aveva mandato incontro alla morte.

Solo questo era riuscito a nascondere a Lucius, che la morte di Draco era stata voluta dal suo Padrone, perché sapeva che conoscere questa verità lo avrebbe definitivamente annientato.

Lui, intanto, faceva gli amari conti con la propria coscienza e con il viso di Silente, che aveva dato la vita per l'anima di quel ragazzo.

L'anima, però, quella era riuscito a fargliela mantenere integra e pura; ma quell'innocenza, che Severus aveva perduto tanti anni prima, era costata la vita al ragazzo, senza che potesse fare nulla per salvarlo.

Solo chiudergli gli occhi, pallido argento che non avrebbe mai scordato.

- Bevi almeno qualcosa. - insistette Lucius porgendogli una coppa di vino, rosso rubino. – Sai che Lui vuole che ci divertiamo in queste occasioni.

Piton accettò la coppa e si obbligò a poggiare le labbra sul sottile cristallo, sorbendo un piccolo sorso del profumato vino, mentre si rendeva conto che, alle sue spalle, nuove esclamazioni erano improvvisamente nate, figlie di un'eccitazione che aveva radunato i Mangiamorte nel loro maledetto Cerchio al centro del salone delle feste del maniero dei Lestrange.

Chiuse gli occhi e deglutì, fingendo di assaporare il delizioso vino.

Quella notte si prospettava interminabile e lui non ce la faceva già più: non sarebbe riuscito a resistere ancora, non voleva più assistere impassibile ai loro perversi e crudeli giochi.

Riaprì gli occhi, a fatica, per tornare all'orrido incubo in cui si era trasformata la sua vita.

I piccoli elfi stavano deponendo su uno spazioso tavolo, con faticosa cura, un lungo vassoio sul quale era adagiata una giovane donna coperta di trasparenti veli: l'erotico dolce, generosamente offerto dal padrone di casa ai suoi amici.

Piton non riuscì a trattenere un sospiro di sgomento, mentre Lestrange si chinava sulla ragazza e, lascivamente, le passava la mano sul corpo indifeso, levando lentamente un sottile velo dopo l'altro.

- Ecco qui il "piatto forte", amici miei, magnanimamente offerto dal nostro Padrone! – esclamò, lasciando cadere a terra l'ultimo strato d'impalpabile seta.

Eccitate e volgari esclamazioni fecero seguito al gradito dono, mentre Rodolphus si chinava di nuovo per sollevare un poco il busto della ragazza, inerme e sensuale odalisca che non poteva sottrarsi al suo tocco, la mente annebbiata da una pozione che le toglieva ogni volontà, il viso e i capelli ancora celati da un delicato pizzo.

Il suo corpo, invece, era svelato alla loro vista, reso evidente dai provocanti lembi di trasparente tessuto che ancora la coprivano, insieme a rosse ciliegie, succosi acini d'uva e delicati frutti di bosco disseminati per ogni dove sulla sua nivea pelle.

Piton strinse i pugni sotto il mantello, il viso impassibile a scrutare la nuova vittima per la quale, ancora una volta, non avrebbe potuto fare nulla.

Solo chiuderle pietosamente gli occhi, una volta che quegli animali avessero finito di banchettare con il suo giovane e seducente corpo.

Poi Lestrange strappò via la preziosa trina dal suo capo.

Una cascata dorata, in morbidi e lunghi riccioli, scese a nasconderle le spalle e il petto, mentre gli occhi, resi enormi dal terrore, scrutavano l'ambiente.

Severus Piton si sentì morire.

Chiuse gli occhi.

Li strinse forte.

Poi li riaprì.

L'incubo più terrificante di sempre gli gelò il sangue nelle vene, mentre le parole di Lestrange pronunciavano la sua infernale condanna:

- E' tutta per voi, per soddisfare il vostro appetito: è la figlia del rinnegato che passava informazioni all'Ordine della Fenice, che era incredibilmente riuscita a sopravvivere alla nostra giusta vendetta!

Corinne, la sua Corinne!


In difesa di Severus PitonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora