Premio di mezzanotte (3 di 3)

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L'incubo più terrificante di sempre gli gelò il sangue nelle vene, mentre le parole di Lestrange pronunciavano la sua infernale condanna:

- E' tutta per voi, per soddisfare il vostro appetito: è la figlia del rinnegato che passava informazioni all'Ordine della Fenice, che era incredibilmente riuscita a sopravvivere alla nostra giusta vendetta!

Corinne, la sua Corinne!

Come poteva salvarla?

Com'erano potuti arrivare fino a lei? Forse era stato scoperto?

La sua vita non contava nulla, ma quella di Corinne aveva un inestimabile valore: nessuno di quei depravati doveva toccarla, nessuno doveva offenderla con lo sguardo, nessuno doveva farle del male.

Lottò strenuamente contro la propria disperazione, cercando di impedire che gli trasparisse dagli occhi; si oppose tenacemente all'angoscia che voleva deformare la maschera imperscrutabile del suo volto; desiderò d'indossare ancora l'odiata maschera d'argento affinché la sua adorata Corinne non potesse riconoscerlo in quel manipolo di anime putrefatte.

Era troppo tardi.

La pozione che le avevano fatto bere le impediva solo di ordinare ai suoi muscoli di lottare contro le mani che le insudiciavano il corpo, ribellandosi a quei bastardi, ma il suo cervello lo aveva perfettamente riconosciuto.

L'odio verso di lui esplose improvviso nella mente della sua dolce Corinne, aperta al suo sguardo senza protezione alcuna, certa che lui fosse solo uno di loro, un assassino che aveva crudelmente causato la morte della sua famiglia, per poi ingannare e circuire la sua ingenuità facendole credere d'averle salvato la vita.

Nel fugace istante di uno sguardo, l'odio aveva soppiantato l'amore che in Corinne stava crescendo per lui.

E aveva ucciso ogni sua speranza nel futuro.

Irrimediabilmente.

Lei lo odiava.

Definitivamente.

Glielo leggeva nei chiari occhi nocciola, dove fino a poco tempo prima aveva brillato la dorata luce dell'amore.

Ora vi era solo l'oscurità, bruciante, dove giacevano le ceneri del loro amore.

- Bene, era proprio la frutta che ci mancava! – grugnì Amycus, spingendo giù di nuovo la ragazza sul vassoio e allungando le mani rapaci, spostandole i capelli dal busto, mentre i suoi occhi brillavano di lussuria. – Questi due bei meloncini sono tutti da mangiare...

A Severus sembrò di impazzire: com'era possibile, la sua delicata Corinne, alla mercé di quei porci!

Nella calca, qualcuno da dietro lo spinse rudemente in avanti e Severus si trovò a pochi centimetri dal vassoio.

- E che dire di queste succose ciliegine? – rilanciò oscenamente Tiger sghignazzando, mentre si chinava, ingordo, sul petto della giovane, spingendo via Amycus. – Sono tutte da succhiare!

Come poteva rimanere immobile, mentre quel bastardo stava per profanare la donna che amava, ma che lui non aveva mai neppure osato sfiorare; la donna che desiderava infinitamente, ma che aveva sempre e solo voluto delicatamente accarezzare con il suo ardente respiro, le labbra riarse di desiderio sempre controllate dalla ferrea volontà, a sussurrarle piano il suo infinito e rispettoso amore.

Tiger si rialzò e sul volto, rosso d'eccitazione, spiccava un soddisfatto riso sguaiato; afferrò dal vassoio una manciata di ciliegie e se le ficcò in bocca bofonchiando ammiccante:

- Dai, Severus, serviti anche tu: sono belle sode e stuzzicano l'appetito!

Il mago contemplò la sua Corinne, quasi del tutto nuda davanti a lui, come mai l'aveva vista prima, né mai aveva immaginato di poterla vedere.

Di nuovo fu preda del rimorso: il suo passato, con tutte le sue colpe, era stato adagiato senza pietà sul vassoio, e in lui vi era tutta l'orrenda consapevolezza di quello che stava accadendo alla donna che amava e quello che, ancora più agghiacciante, sarebbe presto stato perpetrato su di lei.

- Allora, che aspetti? – lo incalzò bruscamente Goyle dietro le sue spalle. – O ti sbrighi, o ti togli di mezzo!

Corinne lo guardò, odio e terrore a oscurare la luce ambrata dei suoi occhi, mentre il mago, con estenuante e tormentata lentezza, si costrinse a raccogliere della frutta fra quella sparsa sul corpo della giovane donna, ben attento a non sfiorare nemmeno la sua candida pelle, ormai macchiata dal succo di more, ciliege e fragole che altre irrispettose mani avevano ignobilmente spremuto su di lei nella ricerca del loro osceno godimento.

Sempre lentamente portò alle labbra una succosa mora, negli occhi lo strazio più profondo, riflesso nel disprezzo delle iridi che Severus conosceva solo dolci come il miele, e crudelmente s'impose di ingoiarla, insieme alla sua disperazione.

Qualcuno alle spalle, smanioso, lo spinse bruscamente di lato:

- Non mi piace la frutta: preferisco queste succulente cosce!

La mano prepotente di Goyle s'infilò tra le gambe strettamente serrate di Corinne che gemette, cercando di ritrarsi: l'effetto della pozione che le imponeva di rimanere succube cominciava a indebolirsi, mentre l'odio verso l'uomo che fino a poco prima amava s'ingigantiva sempre più. Severus era lì, a pochi passi da lei, e la stava osservando completamente impassibile, masticando con noncuranza una mora. Le aveva sempre e solo mentito sul suo amore: un'unica, grande e vergognosa menzogna, giacché ora l'abbandonava in pasto ai suoi famelici e immondi compagni.

- Guarda che bel cetriolone è già pronto per te!

Piton represse a fatica un rantolo: no, non poteva permettere loro di violare il suo tesoro, di farle del male, di offenderla ancora con le loro sconce battute e i lascivi sguardi. Lei, il suo prezioso amore, la sua luce meravigliosa, l'ultima speranza di un futuro ormai perduto, di nuovo seppellito dalle irrimediabili colpe del suo passato.

Avrebbe solo voluto urlare il suo amore disperato, slanciarsi verso di lei e avvolgerla in un tenero abbraccio protettivo, tra le sue braccia rispettose, celandola agli sguardi voraci, impedendo loro di toccare la carne delicata che anche lui bramava ma che si era sempre negato, non ritenendo di meritare quel dolce sogno.

Invece, si rivolse con imperturbabile calma verso Voldemort e sentì la sua gelida voce reclamare solo per sé l'osceno premio.

L'imprevista richiesta sorprese il suo padrone che fece solo un breve cenno d'assenso in direzione della ragazza: un baleno di rossa luce nei suoi occhi e i Mangiamorte che si accalcavano intorno a Corinne si trovarono sospinti con violenza di lato, la giovane preda in bella vista sul vassoio ora solo per lui.

Si avvicinò lentamente, lo sguardo incollato agli occhi ambrati della donna che amava, cui mai, per nulla al mondo, avrebbe potuto fare del male, e si sentì respinto dal suo furioso odio impotente.

Si chinò piano su di lei e, delicatamente, la sollevò tra le braccia.

Corinne, ancora impossibilita a ribellarsi a causa della pozione, gli sputò in faccia tutto il suo sdegnato disgusto.

Avrebbe voluto inginocchiarsi davanti a lei e implorare perdono, ma solo la strinse più forte a sé e si diresse veloce verso il fondo della sala, trascinandola via da quel luogo ripugnante, ormai pienamente conscio d'averla perduta per sempre.

*

Oltre un'ora più tardi, Piton si ripresentò nel salone, salutato da volgari esclamazioni di giubilo: Amycus, che nel corso di un'accesa partita a dadi si era aggiudicato il secondo assaggio, si alzò di corsa, ma il mago lo fermò, parandosi con decisione davanti all'uscita.

- No, lei è solo mia!

- Non sono queste le regole. – ringhiò Amycus. – L'hai avuta per primo, ora fatti da parte!

- No, è solo mia. – ribadì Piton con decisione. – Intendo sposarla domani.


In difesa di Severus PitonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora