Solo il mio dovere (5 di 5)

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Severus Piton era oppresso da una grande spossatezza. Progressivamente, lasciò che il suo corpo abbandonasse la precedente rigidezza e, piano piano, si accasciò a terra appoggiando il busto sulla tomba dell'uomo ucciso un anno prima.
*
Ma nella silenziosa solitudine della notte, nel mio sotterraneo, tornavo a essere solo un uomo, con tutte le mie debolezze e le mie paure.
Con i miei orribili ricordi.
Con gli inconfessabili desideri e le perdute speranze.
Un uomo solo e disperato.
Così fuggivo lontano, nel buio silente e freddo della notte, e urlavo alle stelle la mia disperazione e il mio terrore.
Sono belle le stelle, brillano lucenti nel cielo nero come fate irraggiungibili, ma non sono mai scese fino a me.
Anche se mia madre, in un giorno lontano ma mai dimenticato, mi aveva raccontato quella bella favola, ed io volevo credere nelle favole e nelle fate, ci avevo creduto con tutta la mia infantile determinazione.
Fino a quando, ancora bambino, la mia fata ha chiuso gli occhi davanti a me, in un lago di sangue, ed io sono rimasto solo.
Da quel giorno non sono mai più stato bambino.
Sono sempre stato solo da allora, nessuno mi ha più amato, nessuno è più rimasto al mio fianco, a stringermi la mano, quando avevo paura del buio.
Così l'Oscurità mi ha ghermito con le sue lunghe mani sottili, i suoi sussurri invitanti, le sue conoscenze ammalianti.
L'odio mi ha riempito le mani di sangue fino a quando tu, Albus, mi hai afferrato traendomi fuori dal baratro dell'orrore.
Da allora sei sempre rimasto al mio fianco.
Fino a quando ti ho ucciso, per ritrovarmi sempre più disperatamente solo con le mie colpe.
*
Severus Piton aveva finalmente ceduto e lacrime silenziose solcavano il suo volto affilato scendendo infine a bagnare il marmo bianco.
La donna, uscita dalla foresta udendo il suo urlo angosciato, era giunta piano alle sue spalle, chinandosi su di lui, accarezzandogli piano i lunghi capelli neri.
Poi si accoccolò a terra al suo fianco, gli strinse la mano sussurrando:
- Sono qui, Severus, non sei più solo, non sei più solo!
Il mago sollevò il viso pallido, rigato di lacrime e rimase a guardarla.
- Se c'è qualcuno al mondo che sa, che sa benissimo che tu non volevi ucciderlo, è proprio lui, Albus!
Severus la contemplava, muto, le lacrime svanite dal viso stanco.
- Ti amo, Severus, lo sai!
Occhi neri e profondi, che brillavano nella notte più delle stelle, si avvicinarono agli occhi limpidi e chiari della donna:
- E mi hai di nuovo insegnato a sorridere. – sussurrò piano, un dolce sorriso a illuminare lieve il suo volto.
L'attirò delicato a sé, sfiorandole appena la fronte con le labbra, mentre mormorava con voce roca:
- Lui voleva che il mondo fosse pieno d'amore...
- Lo so. – rispose la donna rialzandosi e prendendolo per mano. – Ma ora andiamo, andiamo a casa, Severus. E' tutto finito, adesso.
Gli sorrise, attendendo che si rialzasse:
- Hai fatto il tuo dovere, fino in fondo, rischiando di perdere l'anima e la vita. Ma sei ancora vivo e ora, finalmente, puoi davvero ricominciare a vivere.
- Sì, ho fatto il mio dovere. Solo il mio dovere.

Le stelle erano ormai sorte, fate irraggiungibili, a illuminare la notte nera e la Tomba Bianca.
Ma una di loro, la più bella, gli stringeva la mano e lui non era più solo.
Il suo amico, il suo unico amico dalla lunga e fluente barba bianca, dai luminosi occhi azzurri, gli sorrideva da lassù, stella rifulgente tra le stelle del cielo.
Il sorriso di quel caro vecchio era sempre stato pieno di speranza.
Severus asciugò l'ultima lacrima che, ostinata, era scesa ancora a rigargli la guancia e si voltò a guardare la tomba ancora una volta: era sciocco, lo sapeva benissimo, ma gli pareva di aver udito l'eco lontana di una benevola risata.
E le risate di Silente erano inconfondibili.

In difesa di Severus PitonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora