Capitolo 8

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Si dice che quando gli occhi vengono intrappolati per più di dieci minuti da un determinato soggetto, si desideri ardentemente quella cosa, ma nel mio caso non poteva assolutamente essere così. Axel Mariam era un vero mistero per me, poiché quando lui mi ero vicino il mio cuore e la mia anima si dividevano in due: una parte voleva scappare, mentre l'altra ne veniva attratta, una parte lo voleva combattere, mentre l'altra sarebbe rimasta ore ad osservarlo in silenzio, di nascosto, come si farebbe con una rara creatura per timore di spaventarla.
Non riuscivo a spiegarmi questo blocco che avevo nei suoi confronti. Il mio destino era quello di cacciare i vampiri, siamo i loro predatori naturali, come posso sentirmi in questo modo in sua presenza?
Le domande continuavano a vorticare nella mia testa mentre camminavo a passo svelto fra gli alberi della foresta. A quanto compresi dalle sue parole, nemmeno io gli ero del tutto indifferente e iniziai a chiedermi se anche lui si stesse ponendo i miei stessi quesiti. Ero più che convinta che fra me e lui vi fosse una connessione.

"Dovevi ucciderlo Lya"

Anche volendo non ci sarei mai riuscita. Il suo sguardo, le sue mani che mi accarezzavano la schiena, era come se fossero in grado di stregare la mia volontà. Mi osservai il polso, ancora sporco di denso liquido rosso e con la ferita dei suoi canini ben impressa sulla mia pelle. Ha bevuto il mio sangue, e gli è piaciuto, com'è possibile? Un vampiro che prova attrazione per il sangue di un licantropo ... inaudito.
E se avesse mentito? Sicuramente non posso fidarmi a pieno delle sue parole. Osservo la ferita rimarginarsi più lentamente del solito, chiedendomi se quel senza anima fosse davvero così diverso dagli altri. Noi Sangue Di Lupo non viviamo in eterno, ma godiamo di una vita lunga e prospera; il grande Black Wolf regnò per queste terre per più di mille anni, e mio padre è in carica da quasi trecento, per questo motivo le nostre ferite guariscono velocemente e non ci ammaliamo mai. È il potere della natura e della Dea Luna, ma il morso di Axel, benché non sia il primo che ricevo da un vampiro, sta impiegando un tempo decisamente notevole per rimarginarsi.
Una volta raggiunto il villaggio mi nascondo fra le tenebre nel tentativo di non farmi notare da occhi indiscreti, camminando dietro agli alberi e ai muri delle case, e giunta in prossimità della mia finestra, mi servo dei grandi alberi che costeggiano la mia piccola dimora per raggiungerla e fiondarmi dentro la camera.
A giudicare dagli ululati provenienti dal cuore della foresta, mio padre ed il branco non sono ancora tornati, così ne approfitto per farmi una doccia veloce, in modo da pulire via il sangue dal mio corpo e l'odore del vampiro, ma soprattutto nella speranza di tranquillizzare il mio animo inquieto.
L'acqua calda mi accarezza il viso, percorrendo tutta la mia figura dalla testa ai piedi, portando via con se i pensieri ed i dispiaceri di questa interminabile giornata. Quando esco dal mio piccolo bagno, il vapore invade la stanza, appannando lo specchio verticale dietro al quale è incastrata la foto di mia madre. Con malinconia e delicatezza afferro l'oggetto <<Come vorrei che tu fossi qui. Se non altro mi sapresti consigliare ...>> è in momenti come questi che la mia solitudine, dall'essere la mia forza, si tramuta nel mio punto debole. Con chi mai avrei potuto parlare di Axel? Con Jagho? Con Rosi? Con papà? Certamente no. Io ero effettivamente sola, lo ero sempre stata.
Ricordo bene il giorno in cui mi resi conto di questa mia particolarità, quando a soli sette anni fui costretta ad allenarmi con i cuccioli di dieci. Normalmente ad ogni età corrisponde un tipo di allenamento differente, ma a giudicare dalle parole dei miei insegnanti, io ero molto più avanti degli altri: più veloce, più grande, più forte, e con l'Istinto più selvaggio.
Quel giorno mio padre mi aveva costretta a combattere contro il nostro guerriero più forte, sotto agli occhi incuriositi degli altri cuccioli che assistevano dietro al grande Alpha dal pelo bianco che, come il più severo dei giudici, se ne stava seduto a vegliare su di me. Murlo Beer, era un osso d'uro da battere, tralasciando la notevole stazza ed il corpo ricoperto di cicatrici che lo rendevano ancora più inquietante, egli era scaltro e senza un briciolo di compassione, tanto meno per la piccola principessa. Non dimenticherò mai il dolore provato quando i suoi artigli e le sue fauci mi laceravano il corpo e la voce di mio padre che ad ogni mia caduta o indietreggiamento mi rimbombava nella testa <<Forza, combatti!>>
Tutti si aspettavano qualcosa di straordinario da me, ma io ero piccola ed inesperta, perfino i miei poteri non si erano del tutto consolidati. Rialzarmi dopo un morso del feroce lupo dal manto marrone era uno sforzo enorme per me, ma non potevo assolutamente arrendermi, non davanti agli altri cuccioli, non davanti a mio padre. Tentai una serie di attacchi, ma il mio fisico era fin troppo provato e le mie zampe sembravano sul punto di cedere da un momento all'altro. Quando il licantropo mi afferrò per la schiena, ricoperta da un lungo pelo nero, e mi fece volare contro il tronco di un albero compresi di aver perso. Mio padre non osava nemmeno guardarmi in faccia, mentre gli altri ragazzi ridevano di sotto ai baffi, riempendo la mia mente di risatine. Ero sola. Nessuno faceva il tifo per me.

La ragazza Lupo [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora