I

32 0 0
                                    

"Editto n.165: non vi inginocchierete mai a un Sovrano all'infuori di me, o della mia primogenita prole e la sua, per i secoli dei secoli"
"Si, maestà" dissero in coro i senatori che riempivano la sala del trono.

Sull'altare vigeva seduto sulla poltrona dorata re Luther Roland Barnabur III, al suo fianco i suoi due figli: il maggiore ed erede al trono, Arthur Luther Barnabur e il minore, Martin Austin Barnabur. Lo scriba finì di annotare la nuova legge, pronto a portarla a messaggeri e cavalieri che l'avrebbero esposta per il regno.
Il re, soddisfatto, annuiva con la testa, mentre osservava la corte inginocchiata a testa bassa e la mano sul cuore. Si alzò, i suoi figli di conseguenza. Arthur era alto, aveva una posa fiera, mento in alto e schiena dritta, molto più che alla pari di suo padre. Martin posava più distante - per quanto potesse permettersi - con le mani tenute dritte lungo i fianchi. Al contrario del fratello maggiore, che adorava la venerazione portata dal suo titolo, Martin la detestava. Osservava attento ogni volto, ogni movimento, cercando di criptare qualsiasi segno di ribellione.
'Avanti...qualcuno faccia qualcosa...' pensava tra sé e sé.

Finito il teatrino, la corte si congedò, e così fece Martin. Arthur invece, rimase a prendersi i meriti per il perfetto comportamento da erede al trono. "Che futilità" disse mentre attraversava da solo i corridoi del palazzo. Arrivò davanti alla sua stanza, ad aspettarlo c'era il suo servo nonché suo unico amico d'infanzia, Vito. Ma non aveva voglia di vedere nessuno, così entrò svelto chiudendosi la porta alle spalle, non dando possibilità a Vito di chiedere o fare qualcosa. Una volta dentro si guardò allo specchio che aveva in camera. Capelli rossi, scombinati, indosso il suo abito migliore da cerimonia. Nessuna corona per il secondo genito. Solo un pesante mantello in porpora, legato su una spalla sola. Lui era il secondo. Meglio di essere terzo comunque, almeno non avrebbe dovuto portare il mantello blu. Non gli donava come colore.
Bussarono alla porta.
"Martin? Sono io, posso entrare?" Chiamò da dietro la porta Vito. Martin sospirò, rendendosi conto di essere stato troppo duro. Andò ad aprirgli e lo fece entrare.
"Scusami Vi', entra pure" disse, e fece come detto.
"Allora, com'è andata questa volta?" Chiese curioso. Il principe sospirò sconsolato, si voltò e si avvicinò verso la finestra, sedendosi sul davanzale. Osservava dalla sua stanza il cortile esterno: un gruppo di giovani cavalieri erano alle prese con un allenamento di spada, con un ragazzo dai capelli neri al centro che osservava, correggeva e spiegava.
Sentiva i ricordi riaffiorare, tornare ai tempi della sua infanzia. I suoi allenamenti di spada, il suo anziano allenatore, Vito ad incoraggiando quando sbagliava. Bei tempi quelli. Ora era così stanco.
"Martin" lo chiamò Vito.
"Non importa. Le solite stronzate di mio padre. Pensa solo alla ricchezza e alle gioie mondane che questa porta, senza pensare alla gente che ha fame" disse brevemente, troppo brevemente, per riassumere 4h di riunione.
Ci furono alcuni momenti di silenzio, poi parlò, continuando a guardare verso il cortile. "Vai Vito. Voglio stare solo" disse. L'altro era sul punto di replicare, non volendolo lasciare solo, soprattutto dopo le riunioni mensili a cui partecipava. Nonostante questo obbedì, si voltò e uscì dalla stanza. Rimase seduto fuori nel corridoio, rifiutandosi di allontanarsi troppo.

Passarono le ore. Era il tramonto fuori, e Martin non si era ancora fatto sentire. Si alzò e bussò alla grande porta "Martin! Esci, avanti, è quasi ora di cena!" Gridò. Ma non ci fu risposta. Nemmeno un rumore.
"Martin?" E aprì la porta. La camera era vuota. Com'era possibile? Non era uscito dalla finestra, è troppo alto. Allora dalla porta principale? Forse si era addormentato e non se n'era accorto. Stava per correre a chiamare le guardie, ma notò una nota in pergamena sul davanzale:
"Non possiamo permettere che la nostra gente muoia di fame"

Vito sospirò, e osservò il tramonto fuori dalla finestra. "Stai attento, però"

᯽ ᯽ ᯽

Le strade erano rumorose, brulicanti di persone, tra donne che compravano al mercato, uomini che elogiavano i loro buon prodotti e contrattavano e bambini che giocavano e si rincorrevano tra le bancarelle. Sembrava tutto molto allegro, tutti sembravano solari. Ma la verità era un altra. Con più attenzione, Martin notò la numerosa quantità di persone sedute per strada a chiedere l'elemosina, notò la quantità di banditi presenti sul territorio, notò ragazzini astuti giovanissimi rubare semplici pezzi di pane per sfamare la famiglia, e notò come i mercanti alzassero i prezzi dei prodotti il doppio o addirittura il triplo di quando invece la acquistavano.
Non andava bene. Il loro regno stava morendo, e suo padre e suo fratello erano completamente ciechi.
Martin camminava per la strada principale diretto alla piazza, che in quel momento ospitava il "Mercato di Cambee". Le genti venivano da tutto il mondo per parteciparvi. Al centro della piazzola un gruppo di musicisti urbani improvvisava tra la folla. Un violinista, un fisarmonicista che ogni tanto si toglieva il cappello per raccogliere le offerte e un flautista che suonava una specie di flauto doppio. Alcune bambine giravano in tondo a suon di musica, mentre alcuni adulti gli stavano intonrno battendo le mani.
Era davvero allegro, e per certi versi Martin quasi invidiò tale vita.

Girò tra le bancarelle, osservandole attentamente, quando arrivò in uno stand di libri.
"Salve messere! Ogni libro 10 Fiocchi, ma se hai libri usati da portate allora soltanto 5!" Gli disse l'uomo entusiasta. Guardò i vari titoli, pensando a quanti inutili ne avrebbe potuti portare dalla biblioteca reale.
"Non sa cosa scegliere? Beh, qual'è il suo genere, ragazzo?" Chiese l'uomo, e Martin alzò la testa per osservarlo. Non lo sapeva. Non aveva letto altro se non libri di storia della letteratura, o manuali politici. Aveva solo manuali, di certo non romanzi.
"Io...non lo so" disse abbassando il capo, vergognato della sua ignoranza.
"Prendo questi"
"Oh signore, ancora lei! Così mi svaliggerà la bancarella!" Parlò l'uomo ad un altro cliente. Martin stava ancora leggendo i vari titoli, ma nessuno gli diceva nulla. Poi il dito di qualcuno si posò su un libro. "Le avventure di Erin Hood" lesse.
"Oh, ottima scelta. Sono 10 Fiocchi" disse. Martin, confuso, tirò fuori il borsello in pelle che si era portato dietro e pagò l'uomo. Prese il libro, e si allontanò. Sarebbe stato il suo primo romanzo, così decise di aspettare di arrivare al castello. Guardò il sole ormai calante e decise di tornare, prima di far venire un colpo a Vito.
Lasciò il Mercato di Cambee, soddisfatto non solo per il suo acquisto, ma soprattutto per aver confermato quanto i cittadini stiano andando alla deriva.
Doveva fare qualcosa.

Soldier, Poet, KingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora