12 - Ciliegia

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Fabio era rimasto tutto il giorno di buon umore, una semplice e breve conversazione quella mattina era bastata per renderlo euforico. Cosa accidenti aveva quella ragazza per farlo sembrare tanto idiota?

Come poteva il suo cuore, che aveva sofferto tanto, ricominciare a provare certe emozioni, incurante delle ferite che si erano appena rimarginate?

Erano domande che il ragazzo si poneva mentre si trovava sdraiato sull'apposito sedile per sollevare pesi e spostava il bilanciere dal suo petto fin sopra la sua testa. I muscoli delle sue braccia erano tesi per lo sforzo e le vene sul suo collo si gonfiavano ogni volta che compieva quel movimento.

Tuttavia la sua concentrazione non era sufficiente per fargli intuire che stava esagerando, perciò, quando fece l'ultimo affondo verso il petto, si trovò in difficoltà a risollevare il bilanciere per riporlo al suo posto, sopra la sua testa.

Riuscì a compiere un piccolo spostamento, ma le sue braccia erano troppo stanche e rischiò di arrendersi, mentre chiudeva gli occhi e respirava affannosamente.

D'improvviso il bilanciere divenne più leggero e le sue braccia furono guidate verso l'alto, fino a quando l'attrezzo non fu al suo posto e la fatica lasciò il posto al sollievo.

Fabio aprì istintivamente gli occhi, ancora sdraiato sull' apposito lettino, e si ritrovò a fissare il viso di Bruno che campeggiava sopra il suo, ad una certa distanza.

"Va tutto bene?" domandò Bruno, le mani ancora strette intorno al bilanciere, un asciugamano intorno al collo, un sorriso amichevole sulle labbra.

"Sì" mormorò Fabio, un po' sorpreso per quell'aiuto improvviso, ma anche felice di poter finalmente parlare con quel ragazzo che ammirava per due motivi, prima di tutto era un vero talento nella boxe e poi, era il fratello di Carola.

"Per fortuna" commentò lui, accompagnando quelle parole con il suo solito occhiolino, poi si girò verso la direzione opposta e cominciò a sistemare un attrezzo che utilizzò per la mezz'ora successiva.

Fabio avrebbe voluto parlare ancora con lui, era la prima volta che conosceva qualcuno della scuola che condivideva la sua passione per la boxe, tuttavia non era facile avviare una conversazione mentre si prendeva a pugni un sacco.

Ma trovarlo lì nella sala pesi della palestra, era un'occasione che non voleva perdere, perciò si alzò e guardò nella sua direzione, proprio mentre lui iniziava un nuovo esercizio, ma quando notò la concentrazione che aveva nell'eseguire ogni singolo movimento e l'energia che consumava, esitò.

Conosceva quella sensazione, fare sport, qualsiasi tipo di sport, era stato per lui una valvola di sfogo nei momenti più duri della sua vita, un modo per sannullare ogni frustrazione, ogni dolore, ogni sentimento di rabbia. Poteva leggerlo sullo sguardo del ragazzo di fronte a lui, anche per Bruno era la stessa cosa.

Decise di lasciar perdere e continuò la sua routine solitaria finché ogni singolo muscolo del suo corpo non cominciò a chiedere riposo. Con passi lenti si diresse verso gli spogliatoi, aprì il suo armadietto per prendere il necessario della doccia e si lasciò cullare dal getto caldo che scivolava sul suo corpo.

Sentì diversi movimento nello spogliatoi, oltre le docce, ma non prestò tanta attenzione, stava cercando di rilassarsi dopo tutta la fatica che aveva fatto. Quando decise che era abbastanza, afferrò il telo vicino a lui, si strofinò i capelli rossi e la faccia, asciugò in maniera sbrigativa il corpo muscolo e si avvolse il telo verde intorno alla vita.

Attraversò il corridoio che dalle docce portava agli armadietti, passando davanti ad altre porte chiuse che consentivano un minimo di privacy per chi si stava lavando e girò la combinazione numerica in corrispondenza della sua anta. Stava trafficando dentro il suo borsone, quando l'ultimo getto di acqua ancora acceso si spense e una figura emerse dalla nube calda che arrivava dal corridoio. 

Sapone alla vanigliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora