17 - Ragazze frivole

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"Sono a casa" gridò Cecilia, una volta varcata la porta con passo svelto, lanciando uno sguardo rapido verso la cucina dove si trovava il padre.

"Bentornata, tesoro. A scuola come..." la domanda di suo padre si spense a causa della lontananza, perché la ragazza aveva corso fino alla sua stanza e si era chiusa la porta alle spalle.

Dopo aver poggiato lo zaino vicino alla scrivania, Cecilia aprì l'ultimo cassetto del suo comodino ed estrasse il diario di sua madre. Era così fiera dei progressi che aveva fatto quel giorno, che voleva subito aggiornare la sua lista. Era come se, attraverso quelle pagine, rendesse partecipe anche sua madre della vita che stava vivendo. Come se potesse raccontarle quanto stava succedendo, lo sforzo che la figlia stava compiendo per migliorare sé stessa e che stava già rivelando i suoi frutti.

Prese un evidenziatore giallo e sottolineò la linea che riportava intervenire in una discussione di classe. Poi si spostò verso il basso, sorpassò qualche punto che non aveva ancora compiuto e sottolineò anche avere un'amica.

Rimase più del dovuto a osservare quelle parole scure sulla carta bianca, poi richiuse il diario, lo portò al petto e sospirò fiera di sé stessa. Poteva sembrare qualcosa di banale, ma sentiva che le catene dentro di lei, piano piano, si stavano allentando.


Fabio aveva aspettato dopo la scuola, avrebbe voluto almeno salutare Carola, anche da lontano, ma non era riuscito a vederla, perciò era montato in sella alla sua moto ed era tornato a casa. Una casa vuota che per tanto tempo gli aveva dato pace e sicurezza, ma ora gli comunicava solamente solitudine. 

Si era reso conto che il suo cuore era finalmente guarito ed era pronto per ributtarsi nella vita. Forse con più entusiasmo di quanto avrebbe dovuto, non voleva farsi male nuovamente. Doveva prendere in considerazione gli avvertimenti di Bruno?

Si passò una mano tra i capelli rossi e sospirò frustrato, era sempre stato molto semplice per lui essere socievole con gli altri, come poteva avere tanti dubbi?

Si cucinò un pasto veloce, fece un riposino sul divano con una telenovela spagnola di sottofondo e infine decise di andare in palestra per scaricare un po' di tensione.

Indossò il casco scuro sulla testa, montò sulla sua moto verde, abbassò la visiera sugli occhi e accese il motore che partì con un rombo. Guidò con sicurezza, una curva dietro l'altra, il vento che sferzava il suo corpo lo aiutava a scacciare ogni pensiero dalla testa, solo l'asfalto davanti a lui. Aumentò la velocità più del dovuto, così arrivò a destinazione più velocemente, passando vicino alla piazza del paese e notando che stavano allestendo per qualche nuovo evento.

Parcheggiò davanti all'ingresso dell'edificio che ormai frequentava abitualmente e smontò dalla moto, il borsone saldamente agganciato alla spalla. Si avviò verso gli spogliatoi e si tolse i vestiti, rivelando un fisico asciutto e atletico, dovuto ai numerosi sport che aveva provato fin da quando era piccolo. 

Indossò un paio di pantaloncini da basket viola, una maglietta bianca e le scarpe da ginnastica. Si mise un asciugamento intorno al collo, afferrò la bottiglietta d'acque e si avviò nella sala dei macchinari.

C'erano poche persone che si stavano allenando, per questo motivo Fabio ci mise poco a individuare Bruno, quel ragazzo passava più tempo in palestra di quanto non facesse lui. E ogni volta si allenava con una concentrazione e uno sguardo duro che lasciavano presagire una tensione interiore decisamente peggiore della sua.

Anche in quel momento era appeso alla barra per le trazioni e spostava il suo corpo dal basso verso l'alto, arrivando con il mento oltre la barra alta. I muscoli delle sue braccia, scoperti oltre la canottiera nera che indossava, erano tesi per lo sforzo, gocce di sudore colavano dalla sua fronte e poi lungo il collo, percorso da qualche vena più evidente.

Sapone alla vanigliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora