VIII

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Era lunedì mattina e Lina era nel suo ufficio mentre  con la fronte aggrottata ascoltava la sua nuova cliente.
Non era entusiasta della donna. Innanzitutto, si era presentata con mezz'ora di ritardo all'appuntamento, comportamento che l'avvocato trovava irrispettoso, in secondo luogo  quella donna le era sembrata vagamente agitata.
Marta Colucci, questo era in nome della cliente, era una specie di artista, si manteneva insegnando disegno e ogni tanto esponeva qualche opera.
Diceva di aver bisogno di un avvocato perché mesi prima si era separata dalla compagna  con la quale era stata per sette anni ed era lì  perché pretendeva un risarcimento economico perché era andata via dalla casa in cui aveva abitato con la compagna.
Lina pensò che fosse una strana coincidenza che, proprio quando aveva intrapreso una relazione sessuale con una donna, si presentasse in ufficio una cliente omosessuale, e ne fu inizialmente divertita. Presto, però, realizzò che non c'era nulla di divertente, i modi  isterici  della donna lasciavano pensare che sarebbe stato un colloquio difficile.
"Quella è stata casa mia per sette anni," stava dicendo la donna con un'enfasi spropositata " deve pur contare qualcosa."
"Signora Colucci..."
"Mi chiami pure Marta."
"Va bene, Marta, la casa di chi è?"
"È anche mia, ci ho abitato per anni, me ne sono presa cura."
Era chiaro che la donna non riusciva a cogliere il pragmatismo della situazione, perciò l'avvocato cercò di essere più diretta.
"Chi ha comprato la casa?"
"La mia ex, dottoressa."
"E a chi è intestata?"
"Sempre alla mia ex."
"Capisce perciò cosa sto cercando di dirle?"
No, Marta Colucci non capiva e continuava ad insistere che che quella casa era anche sua fosse solo per quanto aveva investito emotivamente in quel rapporto.
Lina cercò di essere più comprensiva possibile, nonostante l'atteggiamento poco disposto all'ascolto della donna, e le spiegò più dolcemente possibile che,  sebbene le separazioni fossero tutte ugualmente dolorose, agli occhi della legge non erano tutte uguali e purtroppo non essendo unita civilmente all'ex compagna, a lei non spettava niente, men che meno una casa sul cui contratto non compariva il suo nome.
Qualcosa in quel colloquio le suggeriva che, non solo Marta era una persona le cui emozioni erano complicate da gestire, ma anche che la donna stava dando una versione della vicenda completamente rivisitata.  Lina aveva, infatti ,avuto l'impressione che il racconto che le era stato fatto, avesse subito alcune censure. Tuttavia,  decise di ignorare il suo istinto e di aiutare comunque Marta.
"Sarò schietta," disse  cercando di arrivare a una soluzione concreta "la casa se la può scordare. Però possiamo provare a ottenere qualcosa di più esiguo.  Se la sua ex compagna e il suo avvocato sono disposti ad incontrarci, possiamo chiedere un risarcimento proporzionato al suo investimento economico ed emotivo. Che gliene pare?"
"Ok, facciamolo."
Marta era entusiasta. Troppo.
"Mi servono delle informazioni. La prossima volta che ci vedremo mi deve portare un resoconto completo di tutto ciò che ha comprato e pagato in quella casa, mobili e bollette per esempio. Non basta la sua parola perciò deve portarmi fatture, scontrini, tutto quello che la riguarda. Inoltre, mi servirà sapere di più sulla vostra vita quotidiana e sui vostri ruoli all'interno della coppia."
"Questo glielo posso dire subito, mi occupavo di tutto io."
"No," disse Lina come se parlasse con una bambina "me lo dirà la prossima volta. Voglio che ci pensi bene. Perciò, fissi un altro appuntamento e ne parleremo la prossima volta."
Marta era una di quelle persone talmente intense che quando vanno via lasciano una sensazione di stanchezza addosso e Lina una volta che la donna fu fuori dal suo ufficio buttò indietro la testa e si mise le mani in faccia.
"Giornata stressante?" sentì Giorgio dire.
Lina alzò la testa e vide l'amico sulla soglia della porta appoggiato allo stipite.
"Piuttosto una cliente stressante."
rispose facendo segno a Giorgio di sedersi.
"Come hai passato la domenica?" le chiese l'uomo con un espressione sorniona.
Lina fece finta di niente.
"Al solito."
Giorgio alzò le sopracciglia e fissò l'amica.
"Sei venuta a casa mia in cerca di rifugio e conforto. Il minimo che puoi fare è dirmi se è successo qualcosa. Non voglio i dettagli, tranquilla."
"Comunque, non te li darei, anche se mi li chiedessi."
"Quindi è successo qualcosa?"
"Sì." rispose Lina incapace di trattenere un sorriso.
Giorgio annuì soddisfatto e si alzò
"Dove vai?" chiese un po' stupita.
"Ho ottenuto la risposta che volevo, ora posso andare."
"E non mi chiedi nient'altro?!"
"Devo incontrare un cliente fuori dallo studio e poi, ti ho detto che non volevo i dettagli, no?"
Giorgio lasciò il suo ufficio, lasciando Lina un po' delusa che si era resa conto che  in realtà aveva voglia di parlarne.
Andato via Giorgio, Lina prese il cellulare e si stupì di vedere che erano appena le dodici e quindici.
L'incontro con Marta era durato solo tre quarti d'ora, ma  era sembrato durare dieci ore. 
Sul telefono, c'era un messaggio di Margherita e in un attimo  dimenticò tutta la sua frustrazione. 
Pranziamo assieme?, aveva scritto la ragazza pochi minuti prima.
L'avvocato aveva da fare e la pausa pranzo non l'aveva esattamente nei suoi programmi, ma non aveva voglia di dire di no.
Sì, mi piacerebbe, scrisse, ma non posso stare via molto dall'ufficio.
La risposta non si fece attendere molto.
Che ne dici, allora,  se vengo da te e ti porto il pranzo in ufficio?
Lina trovò quella proposta allettante e, dopo aver accettato, scrisse alla ragazza l'indirizzo del suo ufficio.
Margherita arrivò appena dieci minuti dopo e Lina, che non l'aveva vista uscire di casa quella mattina, a fatica trattenne un wow di apprezzamento.
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