XVII

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Ancora una volta Giorgio si era sentito in colpa nei confronti di Lina. Alla domanda diretta dell'amica che gli aveva chiesto se stesse nascondendo qualcosa,  aveva dato  una risposta ambigua, che sebbene non potesse essere considerata tecnicamente una bugia, non lo rendeva certamente fiero di sé. Non aveva avuto altra scelta, però.
I dubbi che nutriva nei confronti di Margherita non erano ancora stati comprovati. L'istinto
gli diceva che c'era qualcosa di sbagliato in lei;  la prepotente sensazione di averla già vista unita alla sue reazione quando aveva scoperto le foto, lo avevano reso sospettoso. Aveva notato che la ragazza, appresa la storia del ricatto, si era mostrata piuttosto arrabbiata, e non incredula come si sarebbe aspettato, e che la prima cosa che aveva chiesto era stata perché, come se non avesse bisogno di chiedere chi. Quelle erano solo congetture, però, e la  verità era che a Giorgio, nonostante, non molto tempo prima,  l' avesse rimproverata per il suo comportamento poco professionale, piaceva vedere la sua amica felice. Perciò, avrebbe  tenuto la bocca chiusa fino a quando i suoi sospetti non sarebbero stati smentiti o confermati. 
La mattina dopo essere stato beccato da Lina a baciare Paola, Giorgio si presentò in studio in anticipo. Si era, infatti, svegliato molto prima che la sveglia suonasse, il sonno della notte precedente era stato piuttosto disturbato poiché gli eventi della sera prima lo avevano turbato.
L'uomo non aveva mentito, prima di allora non era mai successo niente tra lui e Paola tra le mura di quello studio, solo che quella sera la donna, in preda a una insolita eccitazione, si era avvicinata a lui e aveva cominciato a stuzzicarlo. Si era chinata su di lui e aveva cominciato ad accarezzargli il collo con le labbra. Quel tocco, sebbene piuttosto casto, era stato sufficiente a perdere il controllo e, alzatosi dalla sedia, l'uomo l'aveva stretta a sé e baciata fino a quando non erano stati interrotti da Lina. Due cose davano a Giorgio da pensare: la prima era che Paola lo aveva sempre stuzzicato solo con le parole quando erano allo studio, la seconda era che lui, in ufficio, non aveva mai perso il controllo come quella sera. Era cose se Paola avesse avuto addosso un'enorme calamita.
Inoltre, la segretaria, imbarazzata per essere stata beccata da Lina aveva annullato il loro appuntamento e Giorgio si era reso conto che le era mancato non averla nel suo letto quella notte. Si era perciò, chiesto cosa quel cambio di atteggiamento da parte di tutte e due significasse e se la situazione non stesse sfuggendo di mano.
Giorgio arrivò nello studio quasi deserto, apparentemente c'era solo la signora Anna che faceva le pulizie e l'avvocato, come ogni volta che gli capitava di incontrarla, si fermò per fare quattro chiacchiere.
"Come mai così mattiniero?" chiese allegramente la signora.
"Signora Anna, sto diventando vecchio, comincio a soffrire di insonnia!"
"Vecchio lei?! Me è un giovincello avvocato."
Giorgio stava per rispondere più per galanteria che per amore di verità che  tra di loro c'era una differenza di qualche anno proprio a sfavore suo, ma la signora Anna  cambiò subito argomento,rivelando così tutto il suo amore per i pettegolezzi.
"Comunque non è il solo ad essere arrivato presto." disse la donna con mal celata malizia.
"Ah sì?"
"L'avvocato Anselmini è qui."
"Avrà qualcosa da fare."
Giorgio aveva minimizzato, ma aveva l'impressione che la signora Anna stesse cercando di dirgli qualcosa.
"L'ho sentita litigare con una ragazza."  disse a bassa voce.
Poi aggiunse a voce normale:
"È ancora dentro."
Giorgio, per istinto, pensò che valesse la pena saperne di più e approfittò dell' hobby di origliare che la donna aveva.
"Qualche cliente insoddisfatta?" chiese Giorgio.
La donna scosse la testa.
"È qualcosa di personale, si davano del tu. Sarà la figlia o una parente."
Giorgio la guardò con espressione concentrata con le braccia conserte e la donna, intuendo che stava aspettando, andò avanti:
"Ho sentito la ragazza dare della stronza manipolatrice all'avvocato e questa rispondere alla ragazza che era un'idealista ingrata e che lei e la sua amica avevano sprecato una grossa opportunità. Poi ho sentito qualcuno avvicinarsi alla porta e mi sono allontanata, però ancora non è uscito nessuno da lì."
Le parole stronza manipolatrice, ma ancora di più idealista ingrata, attivarono l'intuito di Giorgio che pensò che valesse la pena di indagare su quell'incontro.
"Quando è successo?"
"Pochi minuti fa, prima che arrivasse lei."
La ragazza sconosciuta uscì dallo studio di Santa e Giorgio, d'istinto, decise di seguirla.
Non sapeva cosa si aspettasse di scoprire, inoltre a  poco sarebbe servito andarle dietro se la ragazza uscita da lì fosse salita in auto. Fortunatamente la ragazza era a piedi e a una cinquantina di metri dallo studio entrò in un bar e prese posto ad un tavolino. Giorgio, per non dare nell'occhio, si diresse verso il bancone, mantenendosi, però, abbastanza vicino alla ragazza, e chiese un caffè.  Guardava la sconosciuta con la coda dell'occhio, mentre pensava a un modo per attaccare bottone senza sembrare un vecchio pervertito che ci prova con una una bella ragazza. Stava rischiando, infatti; la ragazza, poco prima gli aveva rivolto un'occhiataccia, quando l'aveva sorpreso a guardarla.
La fortuna gli venne in aiuto, la ragazza decise di fare una telefonata e Giorgio era abbastanza vicino da sentire.
"La stai ancora aiutando, non è vero?"
disse la ragazza arrabbiata quando il suo interlocutore rispose al telefono.
"Beh, lei crede che tornerai sui tuoi passi!" continuò.
Apparentemente la persona dall'altra parte stava argomentando la propria tesi e la ragazza al tavolino non parlò per qualche minuto. Peccato non potere vederne l'espressione del volto, Giorgio, però, non voleva girarsi e farsi sorprendere ad origliare.
"Non me ne faccio niente delle tue spiegazioni." disse finalmente la sconosciuta "Ti sei comportata in modo pessimo. Smettila di trovare scuse e prenditi le tue responsabilità. Credi di non ne averne, ma non è così, in questa storia hai tante colpe quante ne ha lei, perciò cresci e affronta le conseguenze delle tue azioni."
Un secondo di silenzio e poi:
"Addio, Margherita."
Convinto che non si trattasse di una coincidenza, Giorgio capì che doveva agire e, non curandosi più del fatto che il suo atteggiamento avrebbe potuto essere male interpretato, si avvicinò alla ragazza.
Ricevette uno sguardo duro da questa,  ma non lo prese sul personale; dopotutto aveva appena finito di discutere al telefono.
"Perdonami se ti ho fissata prima, ma non eri allo studio poco fa?"
La ragazza aveva aggrottato le sopracciglia e lo aveva scrutato per un attimo.
"Sei uno degli avvocati dello studio di mia zia."
Giorgio non aveva fatto caso alla sfacciataggine della ragazza che gli aveva dato del tu.  Si era concentrato piuttosto sul fatto che la ragazza aveva pronunciato quella frase come se avesse lo riconosciuto.
"Quando ti ho visto al bancone ho pensato conosco quest'uomo. Sei uno dei colleghi che era alla festa dei cinquantanni di mia zia qualche mese fa, o sbaglio?"
Ricordava quella festa.
"Quindi sei la nipote di Santa." 
"Ognuno ha le sue croci."   commentò,caustica, la ragazza. Poi sempre con la stessa ironia aggiunse:
"Piacere, Elena e mi dispiace per te che sei costretto a lavorare con lei."
L'uomo rise.
"Giorgio, piacere, e non preoccuparti per me, perché io e tua zia non abbiamo spesso a che fare."
"Beato te! Io invece me la sono ritrovata spesso tra i piedi, soprattutto ultimamente."
"I parenti possono essere impegnativi."
"O credimi, lei lo è. Soprattutto quando pretende che tu faccia quello che ti chiede senza discutere. Io, però, le ho detto che può andare al diavolo."
Quella frase esplicativa e il legame di parentela erano abbastanza. Inoltre, Giorgio non aveva molti appigli per proseguire quella conversazione, così, dopo averle sorriso e averle augurato buona giornata, ritornò allo studio.
Se la Margherita di Elena e quella di Lina non erano la stessa persona, l'avvocato avrebbe dovuto rivedere le proprie  convinzioni sul caos e sulle leggi dell'universo e non vedeva l'ora di informare Paola di quell'incontro.
Seduto davanti alla scrivania gli sembrava di sentirla, mentre gli diceva di non giungere a conclusioni affrettate. Aveva indizi e non prove e doveva trovarle per fugare ogni dubbio.
Elena aveva nominato il compleanno della zia e adesso l'uomo si chiedeva se la sensazione di aver già  incontrato Margherita prima della cena a casa di Lina, non derivasse proprio da quella festa.
Fortunatamente, Santa era un tipo a cui piaceva ostentare, perciò, aveva messo tutte le foto della sua boriosa festa su tutti i tutti i social.
C'erano almeno un paio di centinaia di foto da ispezionare e Giorgio ci mise un po' a trovare quello che cercava. Elena non compariva in molte foto, ma in una di esse la ragazza era abbracciata a Margherita  mentre facevano una faccia buffa.
Se ci fosse stata Paola, gli avrebbe detto che la presenza di Margherita alla festa non voleva necessariamente dire che Santa e la ragazza avessero qualche tipo di rapporto, ma almeno Giorgio adesso aveva la conferma che Lina e Elena conoscevano la stessa Margherita e che aveva avuto ragione a pensare che era lì che l'aveva vista per la prima volta.
A pensarci bene, però, Giorgio  capiva perché non si era ricordato né di lei né della sua amica. A quella festa c'era una marea di gente e lui ci era rimasto giusto un'ora, poi aveva preferito andare a fare compagnia a Lina, che era casa con l'influenza e che non era potuta venire. A volte il destino era strano, l'amica avrebbe dovuto partecipare a quella festa, ma non aveva potuto. Se lo avesse fatto, però, le cose sarebbero potute andare diversamente.
Il rumore della porta dell'ufficio che si apriva  distolse Giorgio da quel pensiero. Era Paola che dopo essere entrata, chiuse la porta dietro di sé.
"Sei in ritardo stamattina? Non avrai mica fatto la nottata."
"Sei geloso?" rispose la donna maliziosa.
"No, ero solo impaziente di vederti."
Giorgio portò indietro la sedia sul quale era seduto e le fece segno di sedersi sulle sue gambe.
"Comunque, ho fatto tardi perché ho fatto colazione con un tizio." disse la donna mentre gli metteva un braccio intorno alle spalle.
"Che cosa hai scoperto?"
"Come sai che non era un appuntamento galante?" lo stuzzicò Paola.
"Perché in quel caso non avresti avuto ragione di dirmelo."
Inoltre, era evidente che la donna  moriva dalla voglia di dirgli qualcosa. Lo poteva vedere dallo strano luccichio nei suoi occhi.
Paola si alzò in piedi e appoggiò le mani sulla scrivania. Erano pur sempre in ufficio.
"Ho fatto colazione con un tizio che era con me nello studio dove lavoravo prima."
"Adesso sì che sono geloso. Dimmi è più bello di me?" 
Giorgio la stava prendendo in giro, ma Paola rispose seria.
"No, è brutto, noioso e troppo pieno di sé. Però, la sua mente è come un database, chiedigli qualsiasi cosa di qualunque avvocato della città e lui sicuramente la sa. E dato che aveva una mezza cotta per me, gli ho offerto la colazione, così gli ho potuto fare delle domande."
"Sei terribile, Paola. Hai usato le tue doti da ammaliatrice, per attirare quel poveretto nelle tue grinfie per il mero scopo carpirgli informazioni."
Paola si mise le mani ai fianchi e roteò gli occhi.
"Faccia meno lo spiritoso, avvocato, perché  questa ammaliatrice crede di aver scoperto perché quella stronza vuole la tua amica  fuori dallo studio."

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