Margherita non sapeva se a svegliarla era stato l'assordante rumore che proveniva dalla strada o Elena che, in piedi accanto a lei, la stava scuotendo dolcemente.
"Margherita, svegliati."
La sveglia, la sera prima, era stata puntata alle otto perché riteneva che quattro ore sarebbero state sufficienti affinché lei e Elena fossero pronte per la cerimonia, prevista per mezzogiorno. La ragazza, però, non aveva sentito la sveglia suonare e pensò di essere in ritardo e che l'amica la stesse chiamando per questo Quindi, aprendo solo un occhio, sbirciò l'orologio che era sul comodino, ma questo segnava le otto meno dieci. Allora perché Elena la stava chiamando privandola così di quei preziosi minuti di sonno?
"Ele, la sveglia suona tra dieci minuti." si lamentò.
"Abbiamo un problema."
"Che succede?"
"C'è stato un problema a un tubo dell'acqua, hanno cominciato a ripararlo ma non si sa quando finiranno. Potrebbero metterci tutta la mattina."
L'informazione era superflua, Margherita lo sentiva da sola che fuori c'era un gran baccano.
"Sti cazzi, Elena." disse sbadigliando.
"Margherita...non hai capito."
"Cosa?"
La mancata risposta da parte dell'amica la fece riflettere e finalmente realizzò che cosa Elena stava cercando di dirle.
"Cazzo non c'è acqua!" esclamò mettendosi a sedere con uno scatto.
"Finalmente ci sei arrivata."
"Cosa cazzo facciamo? Dobbiamo fare la doccia....i capelli....il trucco."
Margherita sentì il panico crescere, mentre Elena, al contrario, appariva calma e composta.
"Torniamo a casa tua." disse la ragazza.
"Ma non voglio vedere Lina prima del tempo!" protestò Margherita con il tono, si rese conto, di una bambina.
"Sii pratica. Abbiamo bisogno di un posto dove prepararci."
Sull'uscio della camera da letto apparve Andrea, il poverino la sera prima era stato cacciato dal proprio letto e relegato sul divano, per permettere alle ragazze di dormire assieme, e adesso, appoggiato allo stipite della porta, seguiva la conversazione.
"Sentiamo Francesca," disse Margherita "Potremmo andare a casa sua. Dopo tutto, era previsto che venisse qui assieme a Rebecca."
Rebecca, parrucchiera e estetista, era una conoscenza di Francesca. Si erano conosciute in un locale un mese prima ed era chiaro che c'era un interesse reciproco. Francesca aveva chiesto a Rebecca di pettinare e truccare lei e le amiche in occasione del matrimonio e, quando le due avevano cominciato a frequentarsi due settimane prima, le aveva chiesto di accompagnarla al matrimonio e la ragazza, quindi, aveva offerto i suoi servizi come regalo di nozze
"Ma non sei stata tu a dirmi che Francesca divide casa con una rompipalle bigotta?" ribatté Elena "Immagina se gli occupiamo casa di sabato mattina, perché dobbiamo prepararci per il tuo matrimonio. A casa tua staremo più comode e, se proprio ci tieni, chiudo Lina in una stanza e faccio in modo che non vi vediate."
Se Margherita, con il senno di poi, avesse accettato subito quella proposta si sarebbe evitata un sacco di problemi in seguito.
Invece, tentennò. Solo che se stava rifiutando di tornare a casa, non era esattamente per capriccio.
Si mise in ginocchio sul letto e con il suore in mano disse:
"Elena, non avevo mai sognato il giorno del mio matrimonio ed ho sempre trovato ridicolo l'entusiasmo isterico che ci ruota attorno. Da quando, però, le cose con Lina sono diventate serie, ho cominciato a fantasticare anche io. Non fraintendermi penso ancora che certi matrimoni rasentino la follia, ma già da prima che Lina mi dicesse di sì, avevo cominciato a immaginare come sarebbe stato scegliere il vestito insieme a te e a mia madre, e prepararci tutte assieme. Quindi sì, ci tengo, perché parte delle mie fantasie non si sono potute realizzare visto che mia madre non è qui. Perciò, ti prego, prendiamoci un attimo per trovare una soluzione."
Elena mise una mano su un fianco e una sulla fronte. Sebbene capiva le ragioni della sua migliore amica, non sembrava del tutto convinta nel cercare un'altra soluzione diversa da quella da lei proposta.
Stava per dire qualcosa, ma il discorso di Margherita aveva fatto breccia nel cuore di qualcun altro.
"Ci sarebbe il mio vecchio appartamento." disse Andrea all'improvviso.
Le ragazze si girarono verso di lui
"Ci vivevo prima di venire qua con Elena" continuò "e quando me ne sono andato i miei lo hanno affittato. In questo momento, però, è vuoto e se volete potete usarlo; è più piccolo di casa nostra, ma ha comunque un solo bagno e soprattutto ha l'acqua. Inoltre non dovrete perdere tempo a prendere le chiavi a casa dei miei, perché ho un mazzo di riserva. Io andrò dai miei o al massimo da mio fratello."
Margherita si girò verso Elena con sguardo di supplica.
"Come vuoi, Margherita." disse dopo qualche secondo "Sono sempre convinta, però, che sarebbe meglio andare a casa tua."
Le ragazze raccolsero in fretta tutto il necessario e si precipitarono fuori dell'appartamento, mentre addentavano ciascuno una merendina. Non c'era tempo per una colazione completa
"Chiamo Francesca e le spiego dove stiamo andando." annunciò Margherita una volta salita in auto.
Il cellulare dell'amica, però, risultava occupato, e e fu così per i successivi tre tentativi e ottenne risposta quando ormai erano sotto casa di Andrea.
" Ti ho chiamato mille volte, con chi parlavi?" disse Margherita "C'è stato un cambio di programma, io e Elena siamo...."
"Rebecca non verrà."
Francesca era mortificata, ma Margherita, per un'intuizione derivata dalla consapevolezza di chi c'era dall'altra parte del telefono, chiese:
"Che hai combinato?"
"Perché deve essere per forza colpa mia?" disse la collega sulla difensiva.
"Perché ti conosco e so che hai il vizio di non informare le ragazze che ti porti a letto che non sono le uniche."
La ragazza non rispose e Margherita capì di aver fatto centro.
"Allora?" insistette.
"Ok, lo ammetto; Rebecca ha scoperto che l'altro ieri sono uscita con una e che è successo qualcosa e lei si è arrabbiata. Ero con lei al telefono prima, ecco perché era occupato, cercavo di calmarla."
"E che cazzo, Francesca!"
"Ehi, ci vediamo da poco e non le ho mai detto che era un rapporto esclusivo."
"Le hai mai detto il contrario?"
"Non credevo ce ne fosse bisogno e poi non sono andata proprio a letto con l'altra ragazza." provò a giustificarsi Francesca.
"Fatto sta che abbiamo perso in un colpo solo parrucchiera e truccatrice perché non sai tenere le mani a posto!"
"Ho provato a farla ragionare. Le ho chiesto almeno di fare la tua acconciatura, ma non ne ha voluto sapere. Dice che visto che sono una troia, testuali parole, non verrà al matrimonio, non ha più senso."
Margherita non se la sentiva di dissentire, l'amica un po' troia, in effetti, aveva dimostrato di esserlo. E di solito non era un problema, ma stavolta aveva avuto un pessimo tempismo.
"Lascia perdere," sospirò sconfitta "hai già fatto abbastanza danni. Io e Elena cerchiamo un'altra soluzione."
"Dovremmo andare a casa tua." si intromise Elena mentre, finito di parcheggiare, tirava il freno a mano.
Margherita scosse la testa e poi si rivolse di nuovo a Francesca.
"A questo punto è inutile che tu venga. Ci vediamo dopo."
Poi chiuse la telefonata senza dare il tempo alla collega di ribattere.
"Francesca scopa in giro e io perdo la mia parrucchiera."
"Margherita, sono ancora le otto e trentacinque, dovremmo tornare a casa tua. Sei ancora in tempo per usare il parrucchiere di Lina. Inoltre, Rebecca avrebbe dovuto portare tutto il necessario, noi abbiamo una piastra e qualche forcina al massimo."
Margherita scosse la testa con forza.
"No, aspetta voglio fare un tentativo."
Elena incrociò le braccia.
"Vuoi chiamare Rebecca?"
"Le offrirò un compenso e non sarà più un regalo, ma un lavoro e se mi dice di no, torniamo a casa mia."
Elena non rispose, ma da come aveva roteato gli occhi si capiva che stava cominciando a spazientirsi.
Nonostante il disappunto di Elena, le ragazze salirono nell'appartamento di Andrea, mentre Rebecca, forse perché aveva intuito le intenzioni di Margherita, non rispondeva al telefono.
Tra un tentativo e un altro, le ragazze avevano fatto la doccia e adesso Margherita si stava frizionando i capelli con l'asciugamano in una mano, mentre con l'altra teneva il telefono attaccato all'orecchio.
"Che c'è?"
Rebecca, alla fine, si era arresa e aveva risposto, il tono, però, non lasciava prevedere nulla di buono.
"Ciao, Rebecca. So che Francesca si è comportata veramente male nei tuoi confronti, non ha giustificazioni, ma mi chiedevo se saresti disposta comunque a pettinare e truccare me e Elena, ovviamente ti pagheremo. Dimmi tu che cifra vuoi."
Rebecca dall'altra parte taceva e Margherita, anche se non era una persona superstiziosa, senza accorgersene incrociò le dita.
"Sai che quella stronza della tua amica non si è nemmeno scusata?"
"Sì Rebecca, è una stronza, ma se non vieni mi lasci nei guai. Non faresti un favore a Francesca, che tra l'altro non è qui, lo faresti a me. Abbiamo già avuto un imprevisto stamattina, e questo sarebbe la ciliegina sulla torta."
"Niente di personale, Margherita. Tu sei una brava ragazza, ma Francesca mi ha ferito e deve pagare per questo."
Margherita avrebbe voluto dirle che era una cretina se pensava che Francesca sarebbe rimasta scalfita da questa scaramuccia, anzi, molto probabilmente si sarebbe dimenticata di lei entro ventiquattro ore.
"Rebecca, ti prego. Dove lo trovo qualcuno disposto a pettinarmi, all'ultimo momento?"
"Non posso, mi dispiace."
Era falso, Rebecca non voleva, e Margherita disperata, allora, disse:
"Ti daremo il doppio dei soldi."
"Margherita, non insistere. Non è questione di soldi." rispose Rebecca con un irritante tono di superiorità.
Elena fece segno all'amica di tagliare la conversazione e questa, rassegnata, salutò Rebecca, la quale ebbe pure la sfacciataggine di farle gli auguri.
"Le lesbiche fanno troppi drammi." esclamò Margherita lanciando il telefono sul divano.
"Non solo le lesbiche. Il mondo fa troppi drammi. Ora ti prego, andiamo a casa tua!"
Con la stessa rassegnazione con cui aveva chiuso la telefonata, Margherita acconsentì e vide l'amica tirare un sospiro di sollievo.
La ragazza si mise le scarpe e imbracciata la borsa, seguì Elena sul pianerottolo.
Margherita, però, per la fretta aveva guardato distrattamente le azioni dell'amica e senza assicurarsi che avesse preso tutto, si chiuse la porta dell'appartamento alle spalle.
Realizzò un secondo troppo tardi che Elena le aveva urlato di non farlo.
"Ferma, non chiudere!"
Appena la porta sbatté con un tonfo, la ragazza esclamò un "merda!" che riecheggiò per tutte le scale.
Margherita spalancò gli occhi e cominciò a dire:
"Non mi dire che le chiavi sono dentro..."
"Sì, insieme al tuo vestito e al mio cellulare."
"Come sarebbe a dire il mio vestito? Pensavo li avessi presi entrambi!"
"Stavo tornando dentro per prendere il resto, non pensavo che avresti chiuso la porta. Dimmi che almeno tu hai preso il cellulare!"
Il flash di lei stessa che buttava l'oggetto sul divano dopo aver parlato con Rebecca le attraversò la mente e si rese conto che non lo aveva più ripreso.
Senza avere il coraggio di guardare in faccia Elena, le rispose facendo no con la testa.
"Cazzo!"
Parola diversa, stessa eco. Fu l'unico momento di sclero che la ragazza si concesse perché appena un secondo dopo entrò di nuovo in modalità unità di crisi.
"Allora, questa sceneggiata ci ha fatto perdere troppo tempo, ma possiamo ancora farcela. Sono le nove e mezza. Corriamo a casa tua e, mentre tu cominci a prepararti , io mi faccio dare le chiavi dai genitori di Andrea, vengo qua, recupero il vestito e i cellulari e torno da te."
Di nuovo in auto, Margherita realizzò che quando l'amica aveva detto che avrebbe corso intendeva letteralmente.
La ragazza di solito pacata e rispettosa alla guida stava adesso stava guidando manco fosse Niki Lauda, infrangendo, tra l'altro, diverse regole del codice della strada. L'ultima fu quella di non fermarsi allo stop nei pressi di un incrocio. Fortunatamente, da lì non passava nessuno in quel momento, ma una gazzella dei carabinieri appostata a cinquanta metri da loro, però, non era decisa a lasciar correre.
"Cazzo, Elena ci stanno fermando. Che facciamo?"
"Ci fermiamo, non vorrai mica forzare un posto di blocco?"
Elena accostò l'auto e sfoggiò la faccia da cucciolo bastonato che, Margherita ricordava, faceva a scuola quando non voleva essere interrogata.
"Mi dispiace agente, sono consapevole che avrei dovuto fermarmi..."
"Patente e libretto, signorina."
Dal modo in cui l'uomo aveva scandito le parole, non sembrava propenso a sentire scuse.
"Sì, certo."
Margherita osservò l'agente. A giudicare dall'età, era prossimo alla pensione e nonostante il tono fermo di prima, sembrava di indole bonacciona. La ragazza guardò la sua mano sinistra, indossava la fede e magari aveva dei figli non molto più grandi di lei e Elena, e questo poteva giocare a loro favore.
Mentre l'amica gli porgeva i documenti, sporgendosi verso il lato guida, in modo da poter guardare l'uomo, esclamò a mo' di scusa.
"Oggi mi sposo, sa?"
Il carabiniere, che si stava per girare verso il collega, si fermò.
"Congratulazioni signorina, ma non vedo che c'entra questo con il fatto che la sua amica non si è fermata allo stop."
"Hanno chiuso l'acqua a casa e abbiamo dovuto chiedere in prestito l'appartamento del fidanzato della mia amica, nel frattempo la parrucchiera che doveva farci le acconciature ci ha mollato e siamo rimaste chiuse fuori senza cellulari. La mia amica stava correndo perché dobbiamo recuperare le chiavi di riserva così da permetterci di prendere il mio vestito che è rimasto dentro. Abbiamo sbagliato, ma la prego ci lasci andare, promettiamo di rispettare tutti i segnali; la cerimonia è prevista tra appena due ore e mezza, se non ci lascia non sarò pronta in tempo."
L'agente socchiuse gli occhi e la fissò per qualche secondo con diffidenza.
"Non è un po' troppo giovane per sposarsi? Avrà al massimo venticinque anni e oggigiorno la gente aspetta un po' prima di convolare a nozze."
La domanda era un po' sfacciata, supportata tra l'altro da un'analisi sociale piuttosto riduttiva, tuttavia Margherita rispose:
"Non serve aspettare se c'è l'amore, non crede?"
L'uomo annuì senza troppa convinzione e disse:
"Io e la mia prima moglie avevamo diciannove anni quando ci siamo sposati due ragazzini, in pratica. Ci amavamo,però, e ci siamo sposati, contro il parere di tutti. Dieci anni dopo, di punto in bianco, mi lascia, dicendo che non aveva senso continuare un rapporto oramai finito.
Io rimango attonito e l'ho guardata raccogliere le sue cose, come un deficiente, domandando a me stesso dove avessi sbagliato. Ho scoperto mesi dopo che io non avevo sbagliato proprio niente. Mia moglie aveva incontrato un altro uomo ed era andata via con lui. Quindi, se è vero che si sta per sposare, signorina, è sicura di averci pensato bene e che il suo fidanzato tra qualche anno non andrà via con un'altra?"
Margherita non pensò nemmeno per un attimo di correggerlo dicendo che non c'era nessun fidanzato, né tantomeno voleva approfondire il fatto che aveva messo in dubbio la veridicità della sue parole. Sfoggiando il suo sorriso più ammiccante, disse invece:
"Sua moglie è stata una stupida a lasciare un uomo affascinante come lei. Anzi, se non stessi per sposarmi, la corteggerei."
Il carabiniere rise compiaciuto, ma evidentemente non lo era abbastanza.
"Bel tentativo, signorina. Lusinghiero davvero, ma dobbiamo comunque controllare i documenti, quindi con permesso..."
Poi, tornò presso la volante e consegnò i documenti al collega.
"Hai appena flirtato con un pubblico ufficiale?" disse Elena, tra il severo e il divertito.
"Cercavo di fare in modo che ci lasciasse andare via."
"Intanto questa piccola digressione familiare ci ha fatto perdere minuti preziosi."
Margherita incrociò le braccia seccata.
"Come potevo sapere che il tipo ha dei risentimenti verso la moglie?"
"Risentimenti o no, se tu non avessi cercato di intervenire, saremmo già ripartite."
Elena si era sbagliata però, perché i due uomini ci stavano mettendo parecchio, e ogni tanto buttavano lo sguardo verso di loro.
"La macchina è tua, vero?"
"Di chi cazzo deve essere?"
"Ci stanno mettendo una vita."
L'altro agente, quello che era stato in disparte prima e che era decisamente più giovane del primo, tornò verso di loro e si rivolse a Margherita.
"Mi dia i suoi documenti." disse
Stavolta la ragazza non osò ribattere, un po' per il tono che aveva usato l'agente un po' perché temeva il rimprovero di Elena.
"Hai pagato tutto, vero?" chiese quando l'agente si fu allontanato.
"Sì, Margherita, bollo, assicurazione, revisione...tutto a posto."
"Allora perché ci guardano come se avessimo ucciso qualcuno?"
"Forse perché sanno prevedere il futuro."
"E questo che vorrebbe dire?"
"Niente, Margherita, lascia perdere."
Lasciò perdere, con riserva però; adesso era occupata a guardare il carabiniere che le aveva preso i documenti, parlare al telefono.
Chiusa la telefonata entrambi gli agenti si avvicinarono all'auto.
"Scendete dall'auto, per favore." ordinò quello più vecchio.
Margherita guardò il quadro dell'auto, erano state fermate da mezz'ora.
"È proprio necessario?" disse seccata mentre ubbidiva.
Mentre usciva, incrociò lo sguardo di Elena che la stava fissando con biasimo.
"Sì è necessario signorina. E ora per favore allontanatevi dal veicolo."
I due agenti cominciarono a frugare nell'auto di Elena alla ricerca di chissà che cosa.
L'agente più vecchio all'improvviso si girò verso le ragazze e con le braccia conserte disse:
"Ha detto che si sta per sposare, ma io non vedo nessun vestito."
"Gliel'ho detto prima. È rimasto dentro casa, mentre noi siamo rimaste fuori, senza ne chiavi ne cellulari, per questo che la mia amica correva."
L'agente annuì senza troppa convinzione.
"Com'è che siete rimaste chiuse fuori?"
"Non è ovvio? Nessuna delle due ha preso le chiavi."
L'agente ridacchiò.
"Intendevo perché siete uscite di casa, se si doveva preparare."
"Siamo dirette a casa mia...."
L'agente la interruppe sospettoso.
"Ma non ha detto che stanno facendo dei lavori alla rete idrica?"
Allora prima aveva fatto finta di non ricordarsi del vestito! Quell'uomo in realtà l'aveva ascoltata.
"I lavori sono a casa della mia amica. Ho passato la notte a casa sua, ma..."
"Perché? Convive?"
"Esatto, agente, però..."
"Scelta insolita."
Le interruzioni dell'agente cominciavano a diventare davvero fastidiose.
"Avrei immaginato che fosse lo sposo ad andare via e lasciare casa alla sposa per prepararsi."
Margherita, di solito non si tirava mai indietro quando si trattava di fare coming out, ma in quella particolare occasione avrebbe volentieri evitato di dire che di spose ce n'erano due.
"A casa mia è rimasta la mia fidanzata," spiegò suo malgrado "avendo perso la mia parrucchiera, volevamo tornare a casa per usare il suo."
L'agente si mise le mani ai fianchi e la scrutò con la fronte aggrottata.
"Prima mi dice che sta per sposarsi e ora mi dice che ha una fidanzata. Si decida."
"In effetti si tratta di un unione civile, ma il succo è quello."
"Mi vuole far credere che sta con una donna? Perché onestamente lei non mi sembra proprio il tipo."
Elena, che conosceva Margherita meglio di quanto l'amica credesse, sapeva che quella affermazione l'avrebbe fatta partire in quarta se non fosse intervenuta tempestivamente
"Ho fatto un errore agente." disse pacata "Avrei dovuto fermarmi allo stop e sono lieta di non aver causato danni. Faccia quello che deve fare, mi faccia la multa, mi tolga dei punti mi ritiri la patente, ma è vero che siamo in ritardo per il matrimonio, perciò se può lasciarci andare, prometto di andare piano."
Eccola di nuovo la faccia da interrogazione di Elena e l'agente, a differenza di prima, non sembrava esserne totalmente immune.
"Vede signorina, non si tratta di questo. Solo che ci sono dei problemi con i vostri documenti e la storia della sua amica è assurda."
"Le assicuro che è tutto vero, agente." Elena posò la mano sul braccio di Margherita, dopo che quest'ultima aveva sbuffato rumorosamente, e continuò:
"Per quanto assurdo possa sembrare, siamo state veramente vittime di circostanze sfortunate."
La mano di Elena probabilmente aveva funzionato da filtro tra il cervello e la bocca di Margherita, e infatti quando l'amica lasciò la presa, la ragazza si sentì autorizzata a dire:
"Non ultima questa situazione kafkiana in cui la sua ottusaggine ci ha costrette a trovarci."
"Guardi che questo suo atteggiamento provocatorio non gioca a suo favore, signorina." disse l'uomo "Perciò le consiglio vivamente di tacere e la prossima volta che le capita una cosa del genere non menta..."
"Ma non ho mentito."
"Mi ha detto che stava per sposarsi invece poi ha cambiato idea e mi ha detto che si tratta di un unione civile. Come se, poi, quella pagliacciata fosse la stessa cosa di un matrimonio vero."
Non era a sfuggito a nessuno il tono di disprezzo dell'uomo, nemmeno al suo collega che perplesso aveva corrugato la fronte per un attimo.
Margherita sapeva adesso, come lo sapeva Elena, che non sarebbe bastata una semplice mano sul braccio per trattenerla. Con la coda dell'occhio, vide l'amica che affondava la faccia nelle mani nell'esatto momento in cui lei cominciava a dire:
"Senta, razza di troglodita. Non ho mentito: la mia fidanzata è una persona in carne ed ossa e, sì, ho impropriamente usato la parola matrimonio; ora, lei potrà anche storcere il naso a causa della sua mente ottusa , ma le assicuro che la mia unione civile vale sicuramente del suo matrimonio che sua stessa ammissione è finito solo dopo dieci anni, e, adesso che l'ho incontrata, agente, non faccio fatica a comprendere perché sua moglie abbia preferito scappare con un altro uomo. Quindi faccia un favore a noi e ci lasci andare e già che c'è, ne faccia uno al mondo andando in pensione."
Ad ogni parola pronunciata, Margherita aveva fatto un passo verso il carabiniere, e a discorso concluso gli era arrivata a pochi centimetri dal viso; addirittura all'ultimo aveva puntato il dito sul suo petto e gli aveva dato una piccola spinta. A poco era valso il tentativo di Elena di tirarla per la giacca.
L'agente non aveva battuto ciglio mentre la ragazza gli si avvicinava, si era limitato ad incrociare le braccia e a fissare la ragazza con un sorriso beffardo.
"Agente Campello, hai visto anche tu? La signorina mi ha messo le mani addosso."
"Sì, signore."
Si rivolse, poi, a Margherita con lo stesso sorriso.
"Sa, avremmo potuto aspettare l'ok dalla centrale qui, all'aperto, sotto questo cielo sereno; ma dopo questa bravata, sono costretto a portarvi il centrale."
Ora era a tutti gli effetti una situazione kafkiana.
Con l'ordine di lasciare l'auto dove si trovava, le ragazze seguirono i due uomini.
Margherita seduta sul sedile del passeggero, guardò l'orologio che segnava le dieci e un quarto e sentì le lacrime premere per uscire.
Riuscì a trattenersi, all'inizio, ma quando si girò verso Elena al suo fianco e vide che la ragazza, a braccia conserte, non la degnava di uno sguardo, cedette.
Arrivate in centrale i due agenti fecero accomodare le ragazze in una stanzetta vuota.
Elena chiese di poter fare una telefonata, ma gli risposero di aspettare e i due uomini uscirono di scena.
Per fortuna o meno, a seconda dei punti di vista, c'era un orologio affisso alla parete e Margherita doveva ritenersi fortunata se fosse riuscita ad arrivare in tempo da Lina così come si trovava, in jeans e maglietta.
Nel frattempo, la sua migliore amica, se ne stava come prima, a braccia conserte sulla sedia accanto a lei e continuava a non proferire parola.
"Elena, che facciamo adesso? È tardissimo." chiese Margherita dopo interminabili minuti di silenzio.
Elena non rispose e fece spallucce.
"Che ti prende?"
"Niente."
"Non mentire, Elena. Si vede dalla faccia che c'è qualcosa che non va, quindi ti prego parlami. È già abbastanza che ci siamo trovate in questa situazione del cazzo perché a quanto pare l'universo ce l'ha con me...."
Margherita si interruppe perché Elena si era girata verso di lei con uno scatto.
"È sempre colpa di qualcuno o delle circostanze, ma mai colpa tua, vero?"
"Colpa mia?! I lavori, Rebecca, l'agente che ci ha portato qui...nulla di queste cose è dipesa da me!"
Elena staccò la schiena dalla sedia e disse:
"Margherita, ti voglio bene, ma sei la persona più testarda che conosca. E oggi l'universo ti avrà messo anche i bastoni tra le ruote, ma se siamo qui in questa situazione è unicamente colpa tua e della tua testa dura. Non è stato l'universo a dire di no quando ti ho pregato di tornare a casa tua, non è stato l'universo a perdere tempo a chiamare Rebecca, nonostante fosse una battaglia persa in partenza e ancora una volta non è stato l'universo a perdere le staffe con l'agente di polizia. Sei stata tu, non saremmo state fermate se tu avessi accettato di tornare a casa fin da subito, e non ci avrebbero portate in centrale se, sempre tu non avessi spinto quell'idiota permaloso."
Margherita si era aspettata una ramanzina per la porta chiusa senza controllare prima che Elena avesse preso le chiavi. Se proprio c'era una cosa di cui doveva essere accusata era quella.
"L'agente mi ha praticamente insultata. Non potevo lasciar correre."
"Invece sì, Margherita." sbottò Elena.
Poi continuò calma
"Certe volte bisogna lasciar perdere. E tu sei talmente testarda che non riesci mai a capire quando è il caso di farlo. Non riesci ad accettare che le cose non vanno sempre come vuoi tu, e ti intestardisci e insisti fino al punto di fare danni. Hai rischiato di perdere Lina, all'inizio della vostra storia, per questo atteggiamento e adesso hai allontanato tua madre."
"La testarda qua è mia madre non io."
"Diciamo che ve la battete. Hai organizzato il matrimonio in appena tre mesi e non hai tenuto minimamente conto che tua madre avrebbe avuto bisogno di elaborare la cosa, anzi ti sei arrabbiata pure."
"Cosa c'è da elaborare? Ci amiamo!"
"Lo sai che faccio il tifo per voi, Margherita, ma non puoi aspettarti che il mondo sia sempre al tuo livello, anche se si tratta di tua madre. Perciò alcune volte devi essere tu ad andare in contro agli altri, anche se hanno torto."
Margherita si sentì ferita dal discorso di Elena, perché, nonostante comprendesse che i toni dell'amica avevano più a che fare con lo stress di quella situazione, aveva ragione.
C'era un'altra cosa, però, che si chiedeva.
"Tu credi che stia facendo uno sbaglio?"
"Allora non hai ascoltato, io adoro Lina e lo sai...."
"Sì lo so, ma non è questo che ti sto chiedendo, Elena. Ti sto chiedendo se reputi che io stia sbagliando a sposare una donna che ha ventitré anni più di me. Se tutte le volte che mi hai aiutato con lei, tu l'abbia fatto per accondiscendenza e non perché tu creda sia la scelta giusta."
Elena adesso guardava Margherita con un'espressione distesa e per la prima volta dopo ore, sorrise.
"No, Margherita, non stai sbagliando. Se sposare Lina ti rende felice, sposarla è la scelta giusta. Solo che a volte ti farebbe comodo lasciare che le persone e le cose siano come sono. Se oggi l'avessi fatto non saremmo qui a quest'ora."
Margherita si girò verso l'orologio indicato da Elena. Erano le undici e venti.
"O mio Dio! È tardissimo!"
"Lo so, ora l'unica cosa da fare è avvertire Lina che non ce la faremo mai ad arrivare in tempo."
Margherita sentì di nuovo che gli occhi le si riempivano di lacrime.
"Sarà furiosa!"
"Chi Lina? Ma va'! basta che sbatti le ciglia un paio di volte e ti perdona."
"Non funziona proprio così."
"Ah no? Vuoi farmi credere che con quegli occhioni non riesci a farle fare quello che vuoi tu? E allora come la spieghi la torre di cupcake?"
La ragazza si girò sorpresa verso l'amica, che stava adesso facendo fatica a trattenere il sorriso.
"Margherita, te lo dico, è l'idea più stupida che abbia mai sentito. Sul serio."
"Perché?"
"Perché possono andare per il compleanno di una dodicenne, non per un matrimonio e non credo che a Lina piacciano. Avrebbe avuto senso se ci avessi fatto disegnare delle vulve sopra con la glassa."
"Ma che dici?!"
"Sì, sarebbe stato un atto politico, ma così....non ha senso proprio."
Margherita scoppiò a ridere e parte della tensione accumulata durante la mattina si liberò.
Poi aggiunse seria:
"Un'altra cosa su cui mi sono impuntata?"
"No, solo una scelta infelice."
Finalmente la porta della stanza si aprì e un agente, diverso da quelli che le avevano portate lì forse più alto in grado, entrò tenendo i loro documenti nelle mani.
"Signorine, potete andare."
Elena e Margherita si scambiarono uno sguardo confuso.
"I documenti sono a posto," spiegò l'agente "per quanto riguarda lo stop mancato, non ci saranno conseguenze per questa volta, ma vi prego di prendere il codice della strada più seriamente. Una nostra agente vi accompagnerà a recuperare l'auto così sarete libere di fare ciò che volete."
Quella spiegazione poco esaustiva era piuttosto sospetta. Quello che adesso l'agente stava presentando come un favore alle ragazze in realtà sembrava fosse un tentativo per riparare a un errore fatto dai colleghi che le avevano fermate.
"Mi faccia capire, improvvisamente i nostri documenti sono in ordine?" chiese Elena con diffidenza.
L'agente sorrise, come chi era consapevole di essere stato scoperto.
"Mi pare di capire che una delle due oggi si sposa." disse deviando la conversazione.
Margherita alzò la mano.
"Io, anche se a questo punto non so se farò in tempo."
"Appunto, affrettatevi ad andare e congratulazioni signorina."
Con quella frase l'uomo dichiarava chiusa la questione e, perciò, non aveva senso perdere tempo.
Le ragazze furono riportate all'auto da un agente, decisamente molto più gentile di quelli che le avevano fermate.
Elena una volta ripartita, lasciò perdere le sue ambizioni da pilota da formula uno e guidò come una vecchietta, a detta sua, un po' per non sfidare di nuovo la sorte, un po' perché tanto ormai il danno era fatto e non valeva più la pena rischiare.
A poco meno di dieci minuti dall'inizio della cerimonia, Elena aveva parcheggiato sotto casa di Margherita e Lina.
Elena ritrovate le sue doti da problem solving, calma e sicura disse:
"Ora sali a casa, mentre io cerco di recuperare le nostre cose dall'appartamento di Andrea. Appena ho il cellulare chiamo Lina e le spiego la situazione. Tu intanto cerca di sistemarti al meglio trucco e capelli. Ok?"
Margherita stava per scendere dall'auto, ma si fermò.
"Che c'è?" chiese Elena.
"Mi chiedo se abbia ancora senso provarci, insomma lo hai detto anche tu che certe volte bisogna arrendersi. Forse mi devo rassegnare al fatto che oggi non mi sposerò."
Elena posò la mano su quella dell'amica.
"Non ho detto che devi rassegnarti, Margherita, e sicuramente non parlavo della tua voglia di sposare Lina. Intendevo che devi imparare ad accettare che le cose non vanno come vuoi tu e questa giornata ne è la prova. Quindi, non avrai l'acconciatura o il trucco che volevi e arriverai in ritardo alla cerimonia, ma ha ancora senso che ci provi. Ora scendi da quest'auto e vai a renderti presentabile, per fortuna sei abbastanza gnocca e non devi fare tanto lavoro."
Margherita strinse la mano dell'amica che le fece l'occhiolino e scese dall'auto.
Lina ovviamente non era più a casa, ma nell'ingresso aleggiava ancora il suo profumo.
Margherita si pettinò e si truccò come sapeva fare; di fronte a Lina sarebbe stata del tutto inadeguata, ma non si poteva dire che non avesse fatto un buon lavoro.
Ora si trattava solo di aspettare l'arrivo dell'amica, e fu più difficile del previsto perché Elena con fidanzato a seguito, arrivò dopo un'ora.
"Perché ci avete messo tanto?" chiese Margherita sgarbata.
Elena però non sembrò prendersela.
"Ho dovuto recuperare il mazzo di chiavi da casa di mio cognato, perché Andrea aveva preso le chiavi da casa dei suoi."
"Non rispondevate al telefono," si intromise il ragazzo "ho temuto che vi fosse successo qualcosa e quando non vi ho trovato neanche nell'appartamento, mi sono messo a cercarvi per tutta la città."
"Amore, rilassati, stiamo tutti bene." disse Elena con il tono di chi quella conversazione l'aveva già avuta.
"Ad ogni modo," continuò rivolta a Margherita, "ho recuperato i nostri telefoni ma il tuo era scarico e il mio mi è morto tra le mani prima che potessi fare qualsiasi cosa, così per avvertire ho dovuto usare il telefono di Andrea che però non ha il numero di Lina."
"Chi hai chiamato?" chiese Margherita temendo la risposta.
Elena aveva infatti l'aria colpevole.
"Tua madre."
"Cazzo, Ele, potevi cercare il numero su internet e chiamare la sala!"
"Lo so ma non ci ho pensato, e poi ho creduto che Lina, preoccupata, avesse chiamato Giulia come ultima spiaggia, e la mia intuizione era giusta. Le ho chiesto di avvertirla, nel frattempo che eravamo impossibilitate a usare il nostro telefono e mi ha detto che lo avrebbe fatto."
"Sicura Elena? Magari ha fatto credere a Lina che l'avessi lasciata." disse sarcastica mentre, prendeva il suo vestito e si recava in camera da letto.
"Beh, Lina si è domandata la stessa cosa, era convinta che tua madre ti avesse fatto desistere."
"Quanto è stupida! Non la lascerei mai solo perché me lo dice mia madre."
Si arrabbiò con Lina per averlo pensato, ma allo stesso tempo comprendeva che non poteva essere molto severa con lei. In fondo era sparita, Lina doveva aver pensato di tutto, compresa l'eventualità che fosse fuggita via.
Dopo aver indossato il vestito, Margherita, collegò il suo cellulare alla presa, intenzionata a chiamare Lina. Esitò, però, un attimo prima di far partire la chiamata.
Era in ritardo di una vita e temeva di essere rimpoverata per telefono e, in quel caso, si sarebbe messa a piangere, il trucco si sarebbe rovinato, e sarebbe finita di nuovo nel loop dei preparativi. Ma più di ogni cosa non avrebbe sopportato di sentire che aveva deluso Lina.
Avviò finalmente la chiamata e la donna dall'altra parte rispose al terzo squillo. Margherita appena sentita la voce di Lina riuscì a dire solo:
"Mi dispiace!"
La reazione dall'altra parte fu spiazzante, la donna scoppiò a ridere.
"Sul serio siete state fermate e perquisite dalla polizia?" disse, appena ripreso fiato.
"Sì." rispose Margherita non potendo fare a meno di sorridere.
"E vi hanno portato in caserma, perché hai aggredito l'agente?"
"Non l'ho aggredito, gli ho dato una leggera spinta, ma lui mi aveva insultata, credeva ti avessi inventata."
Lina scoppiò a riedere di nuovo.
"Dio, Margherita, ti amo, ma certe volte non sai quando tacere."
"Sei arrabbiata?"
La donna tornò seria e dolcemente disse:
"Ammetto che all'inizio lo sono stata, ma più che altro ero preoccupata che ti fosse successo qualcosa."
"O che ti avessi lasciata."
"Sì, lo ammetto, mi è passato per la mente, ma poi mi hanno ricordato che quando ti metti in testa una cosa è difficile farti cambiare idea. E ti amo anche per questo."
Margherita senti un nodo formarsi in gola, ma fortunatamente Lina la distrasse chiedendole:
"A che punto siete?"
"Elena sta finendo di prepararsi. poverina, non si è fermata un attimo da stamattina....noi siamo ancora in tempo per sposarci, vero?"
"Sì, Margherita. Paola si sta occupando di intrattenere tutti. Praticamente abbiamo invertito la scaletta, ma non fa niente. Del resto l'hai detto tu che il nostro non era un vero e proprio matrimonio."
Quell'ultima frase le ricordò quello che Elena aveva detto in caserma.
"Lina, che ne pensi dei cupcake?"
"Li ho controllati personalmente, è tutto a posto..."
"...no, sinceramente, ti piace l'idea?"
"Lo vuoi sapere sul serio, adesso?"
"Faccio schifo come fidanzata! Aveva ragione Elena non ti piacciono!"
Sentì Lina ridere di nuovo, prima che dicesse:
"Non fai schifo come fidanzata! E non mi è importato mai niente dei cupcake, mi importa di te, perciò Margherita, chiudi sto telefono, alza il culo e vieni a sposarmi!"
Come spesso accadeva, le parole di Lina avevano avuto il potere di spazzare via tutta l'ansia e lo stress di quella strana mattina.
Mentre il trio riunito lasciava finalmente l'appartamento, Margherita sorrideva al pensiero che entro pochi minuti sarebbe stata una donna sposata. Le cose non erano andate come dovevano andare , era vero, ma un po' per il sostegno di Elena un po' per le parole di Lina, realizzò che per una volta non gliene importava niente. L'unica cosa che doveva andare come doveva stava per accadere, stava per sposare la donna che amava e il resto del mondo faceva da cornice.
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Il mio giorno luminoso
RomanceLa vita di Lina, quarantasei anni e divorziata dal marito, subirà una scossa grazie a Margherita, una giovane ragazza che Lina ospiterà per qualche tempo a casa sua. La presenza di Margherita permetterà a Lina di realizzare che non si possono metter...