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LIVIYA.

Non ti sopporto quando fai così, Amos, lo capisci?!

Mi traducevo tutte le loro frasi nella mente, per abituarmi a non parlare mai più in russo. Sarei andata negli Stati Uniti, non ci sarebbe più stato nulla che mi legasse al mio paese d'origine, tranne i miei genitori, che non facevano altro che litigare. Non me li ricordavo più come una coppia felice, lo erano mai stati?

sono io che non sopporto il modo in cui vuoi controllarmi, Irina. Non sono una marionetta, sono tuo marito

Sbuffai.

In realtà sono io che non sopporto più entrambi.

Non vedevo l'ora che arrivasse domani. Sarei andata a Richmond, nello stato del Virginia, per studiare fotografia nella scuola dove, per mia grande fortuna, ero stata ammessa. 

Erano ormai due anni che mi preparavo per questo. Avevo fatto ogni tipo di corso d'inglese possibile per riuscire a parlare perfettamente la lingua ed essere sicura di non avere problemi, ma anche se fosse successo, avevo il traduttore a portata di click, pronta per qualsiasi evenienza.

Volevo sperare che ci fosse ancora qualcosa di bello da vedere nel mondo, perché Amos e Irina Smirnov mi avevano fatto perdere la speranza nella vita e soprattutto, nell'amore.

Perché dovevamo legarci ad una persona che con il passare degli anni e l'entrata in scena di figli, si sarebbe stancata di stare con noi? Alla fine stavamo tutti quanti meglio da soli, no?

io cerco di controllarti? Ma ti senti quando parli? Voglio solo mandare avanti questo matrimonio per il bene dei nostri figli!

Urlò mia madre, sempre in russo. Ma davvero credeva che continuare a stare con un uomo, che palesemente non amava più, avrebbe fatto felice me e i miei fratelli?

Il mio fratello più grande, Leonid, se n'era andato da nostra nonna in California appena era diventato maggiorenne e il mio altro fratello maggiore, Lev, era a Richmond per l'università. Sarei andata a vivere con lui, dopo un anno che non lo vedevo, per il momento era la seconda cosa positiva, insieme alla scuola di fotografia.

Avevo notato che le cose belle succedevano lontano dai miei genitori e lontano dalla Russia. Divertente, no?

Nel mentre i miei genitori continuavano ad urlarsi contro al piano di sotto, controllai di aver messo tutto in valigia, cercando di ignorarli come ormai facevo da diversi anni. Era diventato stancante dover assistere a scene piene di parole d'odio e di cattiveria, soprattutto se queste venivano dalle persone che ti avevano cresciuta e che sembrava si stessero perdendo e non riuscivi più a riconoscere. L'unica cosa che volevo era evadere da lì e ricominciare in un luogo tranquillo, anche se, considerata la personalità esuberante di Lev, non sarei andata proprio in un posto pieno di tranquillità. Già potevo immaginare come, ogni weekend, avrebbe organizzato qualche festa, disturbando la mia pace. 

Proprio per questo motivo, all'inizio avevo fatto domanda per la scuola di fotografia di Los Angeles, così sarei stata con mia nonna e con Leonid, il fratello al quale somigliavo di più caratterialmente, ma lì non mi avevano accettata e non mi erano rimaste molte alternative.

—Liviya!

Mio padre.

—Liviya!

Mia madre.

Oh no, non di nuovo...

—Liviya!

Entrambi. 

Ecco come mi mettono in mezzo, sperando che io dia ragione a uno dei due.

Andai al piano di sotto sbuffando. Raggiunsi i miei genitori nel salone di casa e li vidi guardarsi con gli occhi in fiamme, sospirai.

Cosa c'è?— chiesi in russo.

Mia madre si voltò verso di me con lo sguardo contratto dalla rabbia.

pensi che io sia esagerata nel voler sapere cosa fa mio marito quando non è a lavoro? Dice che voglio controllarlo, è assurdo!— ribatté lei, indignata.

Sbuffai.

non ho né la voglia, né il tempo per potervi stare dietro. Se non andate più d'accordo divorziate, cazzo!

E con questo tornai nella mia stanza velocemente, fermando qualsiasi tentativo di coinvolgimento nella loro ennesima discussione. Sbattei la porta così forte che sicuramente i miei capirono che non volevo più essere chiamata, soprattutto per essere messa in mezzo alle loro discussioni.

Mi buttai sul letto di malavoglia, presa dal malumore che solo loro riuscivano a causarmi. Era anche per questo che non mi ero mai fatta degli amici al liceo, insomma, già io ero quella che ero, se poi aggiungevamo la situazione a casa...

Il mio telefono vibrò sulla scrivania. Mi alzai per vedere chi mi avesse scritto e come se fosse qui, Lev mi mandò uno dei suoi messaggi incoraggianti:

'dai che mancano poche ore e poi ci incontriamo, futura cittadina statunitense!'

Non potei evitare di sorridere, riusciva sempre a farlo.

Si, Lev, tra poche ore inizia la mia nuova vita.
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Ciao lettori! Eccomi qui con il primo capitolo dell'ultima storia di questa serie. Quest'ultimo viaggio è appena iniziato e spero proprio che possiate godervelo al meglio. A presto! 💘

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