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JORDAN.

Pianti. Lamentele.

Fin troppe lamentele.

Rumore di passi. Porte che si aprivano e ancora lamentele.

Sospirai, prendendo il cuscino e mettendomelo sulla testa, sperando che potesse attutire il rumore. Ma ovviamente non succedeva mai.

Non volevo neanche sapere a che orari improponibili si era svegliato Markus questa volta.

Amavo quel bambino, davvero, tranne quando mi faceva questo. Si supponeva che fossi il suo zio preferito, la stanza in cui dormiva (quella di Cameron) era anche di fianco alla mia, ma il piccolino non voleva farmi dormire. Mai.

Come se la vita universitaria non fosse già difficile di suo...

Quando Cameron e Sawyer dormivano qui, era sempre il caos per tutti. Oramai questa casa era diventata una sottospecie di hotel e il piccolo Markus svegliava tutti. Quando invece i neogenitori andavano a dormire a casa di Sawyer ed Ivy, tutti dormivamo sogni tranquilli.

E ovviamente la famigliola doveva essere qui, proprio quando domani avevo un'esame.

Ero proprio fortunato, eh?

Quando mi resi conto che il cuscino non mi stava aiutando, se non a togliermi l'ossigeno, lo rimisi apposto e mi misi a pancia in su, pronto per un'altra metà notte in bianco nella speranza che Markus si riaddormentasse in fretta.

Sfiorai con le dita della mano sinistra, il braccialetto di perline che avevo sul polso destro. Era un regalo della mia sorellina di 12 anni, Meredith.

Adorava creare gioielli e si dava il caso che il suo cliente preferito fossi io. Avevo un porta gioie pieno di sue creazioni poggiato sulla mia scrivania. Ogni settimana me ne mettevo uno diverso, perché ammettere che mi mancava da morire ad alta voce era troppo difficile per me.

Mia sorella viveva con i miei genitori a Roanoke, la città che era stata sia una salvezza che una rovina per me. Salvezza perché avevo avuto la possibilità di ricominciare e allontanare la mia famiglia dagli scandali che avevo causato per la mia condotta, inoltre avevo conosciuto i miei veri amici lì. Rovina perché ero finito in riformatorio, facendomi arrestare proprio in quella città.

Prima di venire in America, avevo vissuto in Norvegia, il paese di mio padre e dove io e mia sorella eravamo nati. Mia madre era americana, perciò aveva ancora qualche contatto qui e nel giro di poche settimane, eravamo pronti a partire per una meta improbabile, che nessuna rivista di gossip avrebbe mai potuto indovinare così facilmente.

Però, nonostante la vicinanza tra Roanoke e Richmond, non andavo a trovare Meredith quanto avrei voluto, perché non avevo proprio voglia di affrontare mio padre...

Okay. Basta pensieri depressi, per la miseria. La vita era già difficile di suo, perché dovevo autosabotarmi?

Sbuffai. Markus aveva smesso di piangere, ma il sonno mi aveva oramai abbandonato.

E cosa facevo quando avevo bisogno di rilassarmi? Prendevo un libro e iniziavo a leggere.

Così, mi alzai dal letto e mi avvicinai alla mia scrivania, dove insieme al portagioie, avevo il mio computer, alcuni libri dell'università, una foto con mia sorella e il libro che leggevo nel tempo libero: il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde.

Mi aiutava anche a scaricare l'ansia pre-esame.

Mi azzardai a guardare l'orario e vidi che erano le quattro del mattino. L'esame lo avevo alle dieci.

Conoscendomi avrei fatto la veglia fino alle nove, poi mi sarei addormentato esattamente un'ora prima dell'esame e sarei arrivato in ritardo, rischiando di non poterlo fare più.

Una volta era successo, per questo parlavo per esperienza.

Mi ripromisi che avrei tenuto sotto controllo l'orario, cercando di non perdermi troppo nel libro.

Mi misi a sedere sul letto, con la schiena poggiata alla testiera. Accesi la piccola lampada che tenevo sul comodino di fianco al letto e mi immersi in un altro mondo.

Avevo sempre amato lasciarmi alle spalle la mia realtà e cimentarmi in una nuova. Avevo sempre sentito il bisogno di staccare dalla mia vita, almeno per un paio d'ore. Avevo sempre creato qualche problema quand'ero ragazzino, per sopportare i sensi di colpa, avevo trovato nella lettura una via di fuga che poteva alleviare il dolore.

La prima persona ad introdurmi a questo mondo, era stata mia madre, Dorcas Solberg, donna in carriera di successo, nel settore immobiliare, con una segreta passione per i classici.

Non l'avevo mai ringraziata abbastanza per questo.

Decisi di concedermi un'ora e mezza di lettura, poi mi costrinsi ad addormentarmi, altrimenti non sarei stato in grado di affrontare l'esame di domani e non volevo fallire.

Perciò, chiusi gli occhi alle cinque e mezza del mattino, crollando di nuovo in un sonno profondo.

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