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LIVIYA.

—Liv! Muovi il culo e vieni a fare colazione, altrimenti farai tardi!— la voce che in quel momento era un enorme fastidio, mi fece aprire gli occhi di colpo.

Lev a volte non sapeva proprio come essere delicato.

Sbuffai e guardai l'orologio. In effetti aveva ragione, dovevo alzarmi altrimenti avrei fatto tardi il primo giorno all'accademia. Non potevo assolutamente fare una cattiva impressione. Già arrivavo quasi a metà anno, non potevo far vedere che poco mi interessava quando non era così.

Perciò, mi alzai e avvisai mio fratello che ero in piedi, quindi poteva smetterla di urlare.

Mi vestì velocemente e rincontrollai il mio zaino, per assicurarmi che ci fosse tutto quello di cui avevo bisogno. Poi, mi avvicinai alla mia nuova scrivania, per prendere la mia macchina fotografica: una Canon EOS 2000D. Era stata un regalo da parte dei miei genitori per il mio quindicesimo compleanno.

Quando avrei avuto più soldi, mi sarebbe piaciuto prendermene una nuova.

Prima di questa macchina fotografica, però, i miei mi avevano comprato una polaroid, che ancora conservavo gelosamente. In questi giorni avrei appeso in stanza tutte le più belle foto che avevo fatto nel corso degli anni.

Uscì dalla mia stanza e mi recai in salotto, dove un openspace lo legava alla cucina. L'appartamento di Lev era colorato e moderno, mostrando molto della sua personalità. Sorrisi quando notai in salotto alcune foto di noi fratelli Smirnov.

—Oggi chiamerò Leonid. Devo aspettare che torni dall'università così ci parli anche tu?— gli chiesi, con la mia solita voce dal tono un po' basso. Era un miracolo che riuscissi a farmi sentire da una stanza all'altra.

—Ho lezione fino alle quattro. Tu non hai lezioni oggi pomeriggio?— mi chiese mio fratello, indaffarato ai fornelli. —Oggi no, domani sì, finisco alle tre— risposi, sedendomi sulla sedia.

In cucina, che non era molto spaziosa, c'era un piccolo tavolo per massimo quattro persone.

—Lo chiami dopo le quattro, allora?— mi chiese, voltandosi verso di me con un sorriso.

—Va bene. Immagino che comunque stia fino alle tre e mezza in ospedale con nonna— gli dissi.

Negli ultimi mesi Leonid si stava occupando di portare nonna in ospedale, per degli accertamenti. Dopo una caduta dalle scale, che ci aveva spaventato tutti, nonna stava avendo problemi con una gamba. La cosa mi preoccupava molto di più di quello che ammettevo ad alta voce.

Nonna Eva era stata un'importante punto di riferimento nella mia vita, avevo paura di perderla. Sapevo che prima o poi sarebbe stato inevitabile, ma diamine credevo che avesse ancora del tempo. Volevo che avesse ancora del tempo.

—Nonna deve stare più attenta quando fa le cose. Ha sempre fretta— commentò mio fratello.

Poggiai la guancia sulla mano destra e sbuffai. Sentì gli occhi di Lev addosso, mentre mi poggiava un piatto di pancake davanti.

—Non mi piace vederti col broncio— commentò, sedendosi di fianco a me. Alzai lo sguardo su di lui e mio fratello mi toccò una guancia.

—Sai cosa faccio per metterti un po' di buonumore? Questo sabato organizzo una bella festa, così festeggiamo la tua prima settimana di accademia e ti faccio conoscere subito i miei amici—mi informò, incominciando poi a mangiare in modo tranquillo.

Mi bloccai con il pancake a mezz'aria quando finì la frase.

Aggrottai la fronte e lo guardai —non credo di aver capito bene. Vorresti organizzare una festa in mio onore per tirarmi su di morale?— chiesi, quasi con la voce spaventata.

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