LIVIYA.
Dopo aver concluso la conversazione con Jordan, o meglio, dopo che lui mi aveva liquidata, rimasi ad osservare lo schermo per un po'.
Ero molto paranoica, quindi rilessi le cose che gli avevo scritto e mi chiesi se avessi per caso scritto qualcosa che avesse potuto infastidirlo.
Non avevo trovato nulla di rilevante.
Quando mi resi pienamente conto di quello che stavo facendo, spensi il cellulare e lo buttai sul letto come se fosse di fuoco.
Davvero stavo diventando paranoica con Jordan Solberg?
Se avessi mandato la foto a Leonid, ora non starei qua a fare la stupida.
Iniziai a mangiucchiare l'unghia del pollice destro, mentre con la mano sinistra mi aggiustai gli occhiali sul naso. Strinsi le gambe al petto e rimasi a fissare un punto nel vuoto.
Dovevo smetterla. Dovevo smetterla.
Non ero venuta negli Stati Uniti per incasinarmi ancora di più di quanto non lo fossi stata in Russia.
Ero un disastro con i ragazzi. Era meglio che uno come lui, con tanta esperienza, non lo sapesse. Era stato divertente parlare con lui, nonostante avessi ammesso che lui era stato il mio primo bacio. Forse potevamo, però, essere amici.
La porta della mia stanza si spalancò poco dopo, facendomi sobbalzare.
Lev entrò nella mia stanza con il suo computer. Lo posò sulla scrivania e mi guardò: —mamma e papà vogliono fare una riunione di famiglia online. Devono dirci una cosa importante. Immagino che sappiamo già di che si tratta—, mi informò.
Sgranai gli occhi e mi alzai dal letto, sorpresa.
—Credi che si tratti del divorzio?
—Spero che si tratti del divorzio. Farebbero un favore a tutti se decidessero di lasciarsi una volta e per sempre.
Capivo Lev. I nostri genitori avevano mandato avanti il loro matrimonio più del dovuto e avevano finito per farsi molto male. Avevano addirittura fatto scappare i propri figli di casa.
—Vogliono farla ora?
Lev annuì ed io mi andai a prendere una sedia nella sua stanza, visto che nella mia ne avevo solo una. Ci sistemammo uno di fronte all'altro, la videochiamata iniziò poco dopo.
Leonid e nonna Eva apparirono sullo schermo, con lo sfondo del salotto della casa in California. Mamma e papà erano, invece, nel nostro salotto in Russia.
—Privet, Babushka— salutai mia nonna in russo. Lei mi sorrise e ricambiò il saluto.
—Privet mama, privet papa. Kak dela?— Lev salutò mamma e papà e gli chiese come stessero. Entrambi sorrisero, mentre Leonid, si limitava a fissare lo schermo con le braccia incrociate al petto e un espressione neutra.
Lui era quello che ne aveva vista di più di tutta quella merda. Era diventato più chiuso col mondo. Lo capivo, persino io ero diventata più introversa nel corso degli anni. Leonid era stata la persona che aveva rincuorato me e Lev quando le urla diventavano troppo grandi e non riuscivamo più a concentrarci sulle voci dei nostri cartoni animati preferiti. Era lui che ci aveva portato via dalle stanze, ogni volta che mamma e papà si mettevano a litigare davanti a noi, o mentre mangiavamo tutti insieme.
Si era messo su un'armatura, per difendere me e Lev. Non sapevo quanti pezzi del suo cuore gli fosse costato tutto questo.
—Come stai, mamma? Leonid mi ha detto che sei caduta— chiese mio padre a nonna, sempre in russo.
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My Greatest Desire
Romance"Era stata la prima ragazza per la quale avevo provato di più del desiderio fisico. Ero così legato a lei, come se stare in sua compagnia fosse il mio più grande desiderio" (When The Night Comes Down series. Libro 6) Lasciare la Russia per iniziare...