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LIVIYA.

Uno sconosciuto mi stava baciando.

No. Non uno sconosciuto. Non lo era del tutto se sapevo il suo nome. Aveva detto di chiamarsi Jordan Solberg ed era amico di mio fratello.

Mi stava baciando nel bel mezzo della festa a casa di Lev, dove chiunque avrebbe potuto vederci.

E perché mi stava baciando, per prima cosa?

E perché io ero ferma immobile come se tutto questo fosse normale?

Portai le mie mani tremanti sulle sue braccia, cercando di allontanarlo da me. Ovviamente non ci riuscì, ma non dovetti preoccuparmi ulteriormente perché Jordan si allontanò da me subito dopo.

Mi sorrise.

—C-cosa ti salta in mente?— domandai, facendo qualche passo indietro.

Lui rise, probabilmente trovava divertente la mia espressione terrorizzata.

—Cavolo, sei la prima ragazza che reagisce in questo modo ad un mio bacio. Potrei quasi ritenermi offeso, Liviya— commentò lui, poi, si lanciò uno sguardo alle spalle e fece un sospiro di sollievo.

—Dico sul serio, che ti salta in mente? Non ci conosciamo neanche.

Lui mi guardò di nuovo con le sue iridi castane e alzò un sopracciglio.

—Ci siamo appena presentati.

Cosa? Sbattei le palpebre diverse volte.

—Quindi è questo il tuo approccio con le ragazze? Chiedi il nome e poi le baci senza chiedere il permesso?— non volevo mettermi a discutere con uno degli amici di mio fratello, ma diamine, che gli era venuto in mente?

Lui roteò gli occhi —tecnicamente l'ho fatto, sei tu che non hai reagito subito— si difese.

Ma che?

Lo guardai ancora più stranita e lui sbuffò —senti, avevo bisogno di una mano, ti ho già detto che ti devo un favore per questo. Se poi, questa cosa la vuoi portare ad un altro livello, puoi dirmelo anche adesso— disse e si avvicinò con un sorrisetto.

Incrociai le braccia al petto ed ero sicura che lo stavo guardando come se fosse un alieno. Ma non potevo evitarlo. Lui era il primo ragazzo che mi faceva delle avances così dirette.

Sentì subito il battito cardiaco aumentare di velocità.

—N-non capisco perché dovrei chiederti una cosa del genere— ribattei io.

Jordan sembrava davvero divertito dalla situazione —sei proprio una su un milione tu, non è così?— chiese, guardandomi da capo a piedi.

La cosa stava diventando imbarazzante per me.

Poi, velocemente, Jordan si mosse in cucina, prese un fogliettino dal bancone e una penna e scrisse qualcosa. Conosceva questa casa meglio di me ed io ero la sorella del proprietario.

Lev...

Cazzo! E se ci avesse visto? Come glielo avrei spiegato?

Iniziai a sudare freddo al solo pensiero che ci avesse visto qualcuno che conosceva Jordan, principalmente. E se qualcun altro degli amici di Lev ci avesse visti?

Sapevo che questa festa non era una buona idea. Avrei dovuto insistere nel non organizzarla.

Jordan si rimise di fronte a me e mi porse un bigliettino.

—Questo è il mio numero. Se volessi un po' di compagnia, chiamami— sorrise ancora, era l'unica cosa che sapeva fare?

—Non farò sesso con uno sconosciuto— gli dissi, ma presi lo stesso il bigliettino, non seppi neanche perché lo feci.

—Allora usalo per quando ti servirà un favore. Lo intendo sul serio quando dico che te ne devo uno. Prometto non baciarti di nuovo dal nulla, a meno che non sia tu a chiedermelo— mi fece l'occhiolino.

Stava davvero flirtando con me, no?

Mi sistemai meglio gli occhiali sul naso e nascosi il bigliettino nella tasca della felpa. Conoscendomi non lo avrei affatto usato.

—Perché sei qui nascosta in un angolo, comunque?— mi chiese ancora. Non sembrava proprio intenzionato ad andarsene.

Deglutì. Non volevo dire sciocchezze, ma lui stava instaurando una conversazione con me come se fosse la cosa più normale del mondo. Io non riuscivo ad essere così.

—Non mi piacciono le feste— dissi. Lui non rispose subito, si limitò a guardarmi. Forse stava cercando tracce del mio disagio, che erano abbastanza evidenti.

Fece per dire qualcosa, ma si bloccò quando notò una ragazza che ci fissava.

No, fa' che non debba baciarmi di nuovo.

La ragazza ci guardava con un sguardo accigliato, come se non potesse capire che cosa diamine stessimo facendo. O meglio, cosa Jordan stesse facendo. Guardava principalmente lui.

—È la tua ragazza?— chiesi, non riuscendo a darmi altre spiegazioni.

Jordan scoppiò a ridere e scosse la testa, poi si passò una mano tra il ciuffo ribelle di capelli castano chiaro—io e quella ragazza non dureremmo insieme neanche ventiquattro ore, credimi— commentò, come se fosse ovvio o io potessi saperlo.

Osai guardarla di nuovo. Aveva lunghi capelli mossi e castano scuro, indossava una maglia a maniche lunghe nera e dei jeans larghi. I suoi occhi erano di un castano scuro che quasi incuteva timore. Era il suo sguardo, soprattutto, che metteva in soggezione.

—Sarà meglio che vada. Prima mi faccio scannare e prima finisce questa tortura— disse e senza darmi ulteriori informazioni, si allontanò, lasciandomi perplessa.

Si avvicinò alla ragazza e iniziarono a parlare, ma decisi di distogliere lo sguardo. Non erano fatti miei.

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