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JORDAN.

Liviya non mi aveva risposto al messaggio che le avevo mandato. Aveva visualizzato e mi aveva volutamente ignorato.

La capivo. Era giusto così. Eppure non riuscivo a non preoccuparmi per lei. L'avevo ferita e non riuscivo a togliermi dalla testa il suo viso pieno di lacrime.

Idiota.

Mi passai le mani fra i capelli e sospirai. Mi sentivo confuso e angosciato. Mi ero chiuso nella mia stanza da quando ero tornato dalla caffetteria. Ero steso sul letto a fissare il soffitto, con i sensi di colpa che mi stavano mangiando vivo.

Non sapevo che fare.

L'unica cosa di cui ero certo era che, più pensavo alla mia discussione con Liviya, più mi veniva voglia di sbattere la testa contro un muro.

Stava già male ed io non avevo fatto altro che peggiorare le cose con le mie cazzate.

Io le piacevo, sul serio. E anche lei mi piaceva. Il fatto era che lei si era messa sulla strada del "voglio qualcosa in più del divertimento" ed io... Non credevo di essere in grado di poterle dare qualcosa del genere. Nessuna ragazza si era mai veramente aspettata di più da me dopo il sesso. Sì, lo avevo sempre messo in chiaro, nessuna di loro si prendeva il disturbo di insistere o di pensare di "lottare" per me per farmi cambiare idea. E andava bene così, non ero il prototipo di ragazzo che qualcuna avrebbe mai voluto presentare ai genitori.

Se questi pensieri avrebbero dovuto farmi sentire meglio, non ci riuscirono. Non riuscivo a togliermi il viso di Liviya dalla testa.

Avevo fatto una cazzata. Se mi fossi spiegato meglio, invece di farmi prendere dal panico, forse non avremmo litigato, forse lei mi avrebbe capito. Forse non mi sarei fatto odiare e forse, non mi sentirei così idiota.

Guardai di nuovo il cellulare, ma non c'erano messaggi di Liviya. Che diamine dovevo fare adesso?

—Jordan!— la porta della mia camera si spalancò e subito mi misi a sedere. Emerson entrò, seguito da Lenora, che stava mangiando dei biscotti.

Oramai questi due erano diventati i miei angeli custodi.

—Cosa c'è?— domandai. Emerson si venne a sedere di fianco a me sul letto.

—Che è successo con Liviya?— domandò subito il mio migliore amico. Figuriamoci se non avesse capito subito tutto quanto...

—Emerson, non iniziare...

—Che cosa? Credi che non abbia capito che è successo qualcosa tra voi?

No. Non l'avrei mai sottovalutato così. Era ovvio che sapesse già. Sospirai, non sapevo che diamine fare e la loro ramanzina era l'ultima cosa di cui avevo bisogno.

—Scommetto che ti sei spaventato perché ha iniziato a chiederti qualcosa in più di quello che hai sempre dato a tutte— commentò Lenora, mangiando i suoi amati Oreo.

Dio mio, questi due erano inquietanti.

Emerson guardò la sua ragazza, —ti prego, dimmi che non è questo il motivo per cui hai litigato con lei, Jordan— mi disse, quasi come se non volesse crederci.

Sì, lo so di essere un coglione, non c'è bisogno di enfatizzarlo.

—Non rompermi i coglioni, Emerson— gli dissi.

—Ti rendi conto che è una cazzata?— continuò lui, ignorando completamente le mie parole. Fece un cenno a Lenora e lei se ne andò, lasciandoci da soli. Il mio migliore amico chiuse la porta della mia stanza e venne a sedersi sul letto.

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