𝙲𝚊𝚛𝚗𝚎𝚏𝚒𝚌𝚎.
ɪʀɪɴᴀ
La vita, che brutto affare.
Spietata come poche e benevola con gli ingiusti.
Ero giunta lì, in quella fottuta casa, davanti a quel fottuto bastardo perché volevo essere giusta. Volevo essere la figlia leale che mio padre aveva cresciuto, volevo fare di lui un martire, volevo darmi l'illusione di avergli fatto giustizia ma lui non era altro che l'origine dei miei problemi.
Quanto avrei dato in quel momento per eliminare il suo ricordo dalla mia testa, per eliminare l'amore che ancora era vivido nel mio cuore.
Ero diventata la carnefice perfetta, non solo per Edgar ma per tutti quegli come lui, e la parte più divertente accadde proprio quella sera, quando mi resi conto di esserlo.
Mi si contorsero le viscere, quella sensazione di essere soltanto un granello di sabbia in una caduta in mare aperto, non me la scordai mai.
A quel punto, per il resto di quella cena, il silenzio mi fu grande amico. Fu più facile pretendere di non soffrire, di non avere paura e di non patire il peso della mia esistenza.
Piccola e ingenua Irina, non bastava conoscere la malvagità per poterla manovrare.
Non bastava.
Scrutai persa la tortina di fragole, crema e menta davanti ai miei occhi. La mia vista oscillava, andava e veniva seguendo l'onda dei miei pensieri.
Edgar aveva finito la sua da un pezzo infatti per prolungare la cena, chiese alle sue domestiche dello Scotch con del ghiaccio e non mi mise alcuna fretta.
Si comportò da vero bastardo.
Se lo sorseggiò a rilento e, in quella luce tenue, mi puntò contro i suoi occhi scuri. Era una sorta di tortura, ne ero più che certa. Più tempo mi avrebbe dato, più sarei stata costretta a girare il coltello nella piaga, tanto la fine sarebbe stata una sola con l'eccezione che avrei sofferto di più aspettandola.
Lui finì lo Scotch e forse anche la pazienta, e si mise in piedi.
Osservai tutto di sottecchi mentre aggirava il tavolo con disinvoltura e veniva dalle mie parti. Si fermò accanto al tavolo.
Raccolsi la mia miserabile angoscia e sollevai gli occhi.
Incrociai il suo sguardo, i suoi lineamenti scolpiti con minuziosità e quelle labbra ingannevoli nel loro sorriso.
Non mi mostrò nulla di nuovo in quel volto.
Era sempre una faccia estranea ai sentimenti, estranea a me.
Allungò la mano sinistra con altrettanta lentezza con cui mi aveva raggiunto, la avvicinò al mio viso e passò il dorso delle dita su un lato. Cominciò dalla tempia per poi scendere pigro fino a raggiunge l'angolo della mia bocca.
Osservò il suo stesso gesto quasi ne fosse assuefatto.
Sotto al tavolo, strinsi forte le veste dell'abito tanto che le ossa delle mani mi dolevano.
Mi disgustava l'ardimento che aveva nel toccarmi con così tanta naturalezza.
Non mossi un dito finché non fece qualcosa che mi alterò all'istante.
Spostò la mano ancora più in basso arrivò quasi ad afferrare il mio crocifisso.
Gli afferrai il polso d'istinto, fermandolo, e lo guardai efferata. «Non lo toccare.» gli sussurrai intimidatoria.
STAI LEGGENDO
Devotion // Famiglia e Lealtà //
ChickLit[La trilogia è completa] Un contratto di matrimonio. Un accordo terribile. Uno sconosciuto dalle mani gentili. Lei gli è stata promessa e lui ha fatto una promessa al padre per averla. Edgar Dutton e Irina Fagarò sono due opposti, due figli della ma...