Una musica soave

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Shin Junho era uno studente del terzo anno e amava suonare il violino e il pianoforte; solitamente si esercitava per molte ore in compagnia di un altro studente e suo più caro amico: Min Yoongi.

Per lui arrivare a Seoul e studiare in quel prestigioso conservatorio fu come aver vinto il primo premio; era contento, aveva lavorato sodo e si sentiva fiero di se stesso.

Aveva trovato degli amici con cui passare il tempo, divertirsi e provare quel senso di leggerezza che ormai parve un antico ricordo; ma anche lui aveva i suoi demoni e la pressione di dover primeggiare in tutto ed essere superiore agli altri studenti del conservatorio lo prese con sé in una morsa letale. 

La sua mania di voler riuscire in ogni cosa lo portò a trascorrere più tempo a suonare ed esercitarsi, criticando ogni suo minimo errore e ricominciando da capo fino a detestare completamente la musica: non sapeva più il motivo per cui aveva iniziato a suonare. Preferì la compagnia della solitudine, delle note senza sentimento piuttosto che vivere con serena spensieratezza l'anno accademico insieme ai suoi amici.

Tutti loro erano ignari dei suoi propositi e dell'angoscia generata dall'imminente audizione che ormai aveva rapito Junho.

Prima che morisse, il ragazzo si era chiuso in una delle tante aule e aveva chiuso gli occhi; l'audizione poteva essere il punto di svolta e gli avrebbe garantito una certa visibilità nel mondo musicale per questa ragione notte e giorno non aveva smesso neanche un attimo di suonare.

La sua mente era già abbastanza fragile e non riusciva a pensare ad altro che a quell'esame.

All'improvviso si udì nell'aria una musica conosciuta, almeno per lui, gli entrò nelle orecchie e mentre si lasciò cullare da essa alle sue spalle sentì una morsa che lo teneva prigioniero; la testa cominciò a fargli male, si sentiva bruciare e il dolore lo consumava senza alcuna pietà.

Tuttavia, sebbene provasse una simile sofferenza, la sua anima era pervasa da uno stato di pura estasi davanti alla luce; le sue lacrime di gioia avevano rigato il suo viso sofferente e i suoi occhi colmi di una strana felicità videro qualcosa oltre la stanza.

Junho camminò verso la luce, cercò di toccarla mentre quella soave musica accompagnava ogni suo gesto.

In un attimo la finestra si ruppe e in pochi attimi la sua vita cessò di esistere.

Min Yoongi si trovava seduto in una panchina del giardino del conservatorio con lo sguardo perso nel vuoto e i rumori esterni ovattati a fargli da sfondo; era come se il suo intero corpo fosse stato abbracciato da una forte sinestesia, nulla per lui aveva senso dopo quel tragico evento e non si sarebbe mai aspettato di essere coinvolto personalmente in una cosa del genere.

Non riusciva a pensare a nulla, non pianse né fece scenate isteriche davanti al cadavere di Junho. Semplicemente il mondo andava a rallentatore per lui e nessuno sembrava accorgersene.

Perché non aveva avuto alcuna reazione?

Perché sentiva una strana morsa allo stomaco?

«Va tutto bene?»

Hoseok si sedette al suo fianco e come Yoongi guardava un punto insignificante oltre il suo naso, tanto per non dover guardare in viso il suo interlocutore.

Jung Hoseok aveva incontrato quel giovane studente tempo addietro e sicuramente non avrebbe voluto ritrovarlo in una circostanza simile. Yoongi non si mosse: le parole gli morivano in bocca ogni qualvolta tentassero di uscire.

Solo dei borbottii spezzarono quello spazio surreale.

«Sì, credo di sì. Non lo so... non so più nulla.» si schiarì la voce Yoongi.

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