Un'amara scoperta

20 4 5
                                    


Adriano aveva le sue convinzioni: la vita segue certe regole e le persone non potevano divenire divinità e arrogarsi il diritto di ergersi a giudice e dio.

Durante il recupero del potente manufatto, chiamato "Calice della Benedizione", Francesco Gatti lo aveva ferito a morte e l'Antichista sapeva che la sua vita si sarebbe conclusa in una terra remota della Scozia.

Ma Annalena non voleva lasciarlo andare ed egoisticamente lo aveva condannato a una vita immortale: non poteva morire.

Adriano ci aveva provato diverse volte, ma che ingoiasse pasticche o si tagliasse i polsi la vita di prepotenza lo riportava indietro.

Neppure fosse stato Dean o Sam Winchester.

Aveva provato a fingere che l'amore di Annalena lo avesse salvato grazie allo scellerato potere del manufatto, ma più la guardava e più si ricordava del suo egoismo e della condanna che ormai pendeva sopra la sua testa.

Lei sarebbe invecchiata e lui no.

Per quanto un essere umano fosse spaventato dalla morte e che dunque di natura si aggrappasse egoisticamente alla vita, quel giorno di tre anni fa, Adriano Manfredi era pronto a morire.

Ciò non avvenne e lui alla fine si convinse che quella ricerca smaniosa dei tesori non poteva che essere più terribile delle idee distorte degli Anti Collezionisti.

Dalle sue ricerche era emerso che chiunque avesse riunito i Cinque Tesori dell'Occulto, sarebbe stato graziato dell'onniscienza; tuttavia, per quanto fosse un regalo gradito da parte dei talismani, Adriano non era cieco e per ogni cosa che i manufatti di quel tipo davano, chiedevano sempre in cambio un conto troppo alto perché un essere umano potesse ripagarlo.

In realtà si era unito a loro solo perché sapeva che in questo modo avrebbe ferito i sentimenti di Annalena e di per sé era curioso di vedere come i Cinque Tesori dell'Occulto avrebbero minato il genere umano.

Il prezzo che avrebbero chiesto a chiunque li avesse riuniti era l'annichilimento totale del mondo e lui sapeva che non erano le solite storielle di maremoti, tempeste, terremoti o altre calamità naturali; qualcosa sarebbe successo e scosso violentemente il nucleo della Terra. Tutto sarebbe partito da lì.

«Avete ancora un'ora prima che la cena sia pronta. Potete dare un'occhiata in giro se volete.» dichiarò poco dopo Sumi mentre usciva dal soggiorno dell'edificio in cui viveva Jimin.

I ragazzi la ringraziarono e ne approfittarono per riposare un po'; il leggero brusio aiutò l'erede di Park Daeshim a seguire Yoongi fuori nel giardino, ignorando i molti sguardi di intesa dei Collezionisti.

La leggera brezza dell'imbrunire scosse i capelli dei due ragazzi.

«Dunque è per questa ragione che te ne sei andato senza dire nulla?» domandò con voce stanca il Collezionista.

L'Antichista si raccolse in un silenzio contemplativo: davanti a sé c'era la stessa persona che non riusciva a lasciare andare.

Yoongi era sempre meraviglioso e non solo esteticamente. Tuttavia, Jimin aveva anche potuto osservare come il Collezionista riuscisse a convivere con quelle serie cicatrici che lui stesso gli aveva procurato andandosene senza dire una parola.

Sebbene Yoongi soffrisse ancora, faceva di tutto per non mostrarlo o comunque di non pensarci.

«Sono un Antichista e l'erede della collezione di Park Daeshim: non potevo permettere agli Anti Collezionisti di farti del male e me ne sono andato.» fece Jimin abbassando lo sguardo. «Mi vergogno e mi pento ogni giorno della decisione che ho preso. Non credi che io sia stato punito abbastanza? Vederti così distante e arrabbiato è qualcosa che mi fa male.»

Museo 6 (BTS fanfic)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora