Capitolo 41

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"Elì arò vaje?" mi chiede il comandante

"comandà teng bisuogn di andà n'attim rint o bagn"

Lui annuisce.

Arrivata in bagno noto una finestra. Sospiro pensando a Carmina,a quanto possa essere contrariato a questa cosa e alla promessa che ci siamo fatti...ma non posso starmene con le mani in mano,non ora che hanno toccato le persone a cui tengo.

Mi arrampico così da poter arrivare alla finestra e scappare. Per strada trovo un motorino,ci salgo sopra e,attaccando i fili giusti,si mette a moto.

Corro per le strade di Napoli con le lacrime che vengono portate via dal vento. Una parte di me mi prega di fermarmi,ma non posso,non questa volta. Carmine ed Edoardo sono la mia vita e nessuno deve far loro del male. Questa volta devo prendere la situazione in mano.

Arrivo davanti casa mia e salgo. Come sempre trovo le chiavi sotto il tappeto ed entro,senza far rumore. Vado nella mia stanza

fa un certo effetto tornare qui dopo tutto questo tempo..

É rimasto tutto uguale a com'era,non è stato cambiato nulla,nemmeno una virgola. Prendo la scatola che si trova sotto al letto e la apro

la mia scatola dei ricordi...

Nel vedere tutte queste cose sento un senso di nostalgia,a quando tutto andava bene,a quando nessuno aveva provato ad uccidere mio fratello,a quando facevo le piccole consegne di droga da parte di Enzo e ogni volta che tornavo a casa finivo per litigare con Carmine perché non voleva prendessi questa strada,alle nostre promesse,alla me bambina che camminava per le strade di Napoli con in tasca una pistola che mi faceva sentire potente,alle risate,ai pianti,alle notti insonne dopo le feste,alla prima volta che Carmine ha conosciuto Francesco,all'ultima volta che ho incrociato i suoi occhi prima di sparargli un proiettile che gli ha tolto la vita,a tutto ciò che è successo prima di quel fatidico giorno che ha cambiato per sempre la mia vita.

Prendo in mano la pistola,quella con cui ho sparato a Francesco e mi scende una lacrima. Carico l'arma per poi girare per casa,è vuota. C'è un foglietto sul tavolo

≪sto parlando con i Ricci vicino al convento≫

L'avrà lasciato per avvisare Enzo del perché non è in casa. Esco e risalgo sul motorino,sul mio stavolta

quanto mi era mancato

Raggiungo il posto e vedo in lontananza mia mamma parlare con Don Salvatore,entrambi sono accompagnati da due uomini. Lascio il motorino un pò più distante e mi avvicino a piedi cercando di nascondermi il più possibile.

"Eduardo Conte nun è mort quindi sta tregua ppe me fernisc ca,a uerra continua" dice mia mamma

"staje facenn na strunzat,piens ai figgh tuj" le risponde Don Salvatore

"e tu piens a sta allert"

Mamma gli volta le spalle e fa per andare via.

Le vado incontro "mamma" la chiamo così che tutti si accorgano di me

"Elì c cazz c faje ca" mi guarda

Il mio sguardo passa da lei a Don Salvatore

"avit ascoltat a ess" sento gli occhi farsi lucidi "avit fatt sparà a Eduard,vuj sit nu pat ppe iss"

"nun pens ca chiss song fatt tuj pccrè"

"avete ragione....non mi è mai importato degli affari di mia mamma ma sta vota avit tuccat e cos mij" prendo la pistola e la punto contro Don Salvatore.

Quello spiraglio di luce-Edoardo ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora