GRACE'S POV
Sangue. Vedo solo rosso, mi circonda, mi soffoca.
Non mi piace il sangue, rosso, caldo, appiccicoso. E le mie lacrime si confondono con il liquido pulsante che mi esce dai polsi.
Smetterò di soffrire una volta per tutte, penso. Ormai ne sono ricoperta, è caldo, strano, metallico.
Inizio a non sentire più tanto bene, la vita che tanto ho odiato mi sta finalmente abbandonando, penso.
La mia pelle diventa man mano sempre più pallida, ed io sempre più vuota.
Sorrido.Non soffrirò più adesso, nessuno mi farà più del male, nessuno mi picchierà più, non piangerò più, sarò libera, penso.
Non so davvero cosa stia succedendo, ma sono sicura delle conseguenze che ci saranno, non so come mi sento e non ho parole, non lo so spiegare, sono in mezzo a troppi pensieri, troppi vuoti, troppi ricordi, tutto troppo e io troppo poco.
Sento all'improvviso dei passi che si avvicinano velocemente al bagno.
Manca poco, ancora qualche minuto e me ne sarò andata per sempre, tanto non ho niente da perdere.
Cercano di aprire la porta, ma l'ho chiusa a chiave, non come l'altra volta. L'altra volta sono riusciti a fermarmi, ma questa volta no figli di puttana, questa volta me ne vado veramente.
Ormai faccio fatica pure a respirare, ecco ci siamo.
La porta si apre di scatto, entrano delle persone in camice bianco, "be' dopotutto sono in un ospedale psichiatrico" penso, subito dopo che qualcuno mi prende in grembo e corre via dal bagno che ormai sembra dipinto di rosso.
Mi "salveranno" anche questa volta, una lacrima mi scende dagli occhi prima di perdere definitivamente i sensi.
HANRY'S POV
L'aria è frizzante, e mi sento elettrizzato per questo nuovo lavoro. Cammino velocemente e ascolto il suono dei miei passi nelle strade semi deserte.
Ho indosso una camicia appena stirata e dei jeans, anche quelli stirati alla perfezione, voglio fare una buona impressione il primo giorno di lavoro qui.
Non sono in ritardo stranamente, e per questo devo avere un aria sorridente e spensierata.
Mi avvicino alla clinica, già dall'esterno ha l'aria di un posto abbandonato a se stesso, triste e malinconico.
Deve essere mezzo vuoto, e io devo essere il medico più esperto da queste parti. Sarà per questo che mi hanno mandato qui, in culo al mondo.
Prendo una sigaretta dalla tasca della giacca, con qualche colpo di accendino prende fuoco e inizio a fumare.
Che controsenso.Sono arrivato, butto la cicca per terra e suono il campanello. Nessuna risposta.
La seconda volta la porta si apre e mi viene incontro un uomo dall'aria seria e dai capelli grigi, dev'essere sulla sessantina.
«Lei è il signor Wood presumo»
Finisce di pronunciare quelle parole e mi stringe la mano, però con troppa forza da quanto ci si aspetterebbe dal suo aspetto fisico.
«Sì, sono io, e lei è...?»
Sorride e finisce la mia frase.«Io sono il Dottor Fisher, ma lei può chiamarmi semplicemente Mike se vuole»
Già per nome? Dev'essere un tipo solare.«Molto gentile. Posso entrare e visitare la clinica? Magari vedere qualche paziente?»
«Certo certo»
Mi apre la porta e mi fa strada tra gli infiniti corridoi bianchi e silenziosi.
«Noi diamo servizio alle persone che non possono permettersi di pagarsi l'assicurazione sanitaria. È un associazione no profit, diciamo»
Mmm.Ha senso, vista la mia età era l'unico posto in cui avrebbero potuto mandarmi, ora che ci penso.
Ho solo 21 anni, per l'amor di Dio.«Tutti i nostri casi sono stati praticamente risolti, e i pazienti curati. Tranne uno, è per questo che l'hanno mandata qui»
Cammina più veloce adesso, catturando un secondo dopo la mia attenzione quando dice:
«È una ragazza, ha sedici anni e si chiama Grace, il caso più complicato che abbia mai visto, e io lavoro in questo campo da più di trent'anni, figliolo.»Inizio ad incuriosirmi, portando una mano nel mio ciuffo biondo e inarcando le sopracciglia chiedo gentilmente
«cos'è successo?»Guarda un attimo il suo orologio da polso color nero e abbastanza vecchio per poi rispondere come se fossi l'ennesima persona che gli fa questa domanda.
«Non si sa di preciso,»
si volta a guardarmi negli occhi, molto serio.
«ma ha paura di tante cose e ha tentato il suicidio due volte. É piuttosto instabile, dobbiamo sempre riempirla di medicine per farla stare tranquilla.»
Porca miseria, dico mentalmente spalancando gli occhi. Una ragazzina di 16 anni che tenta il suicidio, chissà cosa le deve essere successo.
Vengo interrotto dai miei pensieri quando l'uomo si volta a guardarmi.
«Vuoi che ti porti da lei?» Mi domanda.
«Sarebbe fantastico»Giriamo nel corridoio a destra quando mi viene in mente una domanda su ciò che mi ha appena affermato.
«Di cosa ha paura esattamente?»
Fissandolo in attesa di una risposta, mentre lui prende le chiavi dal camice
«Anche delle persone, é come un animale selvatico, devi fare attenzione perfino a come ti muovi»Mi chiedo ripetutamente il motivo per il quale ha tutte queste paure, e non vedevo l'ora di vederla, di parlarle.
«Ora vada a cambiarsi, la aspetterò fuori e poi andremo da Grace»
Lo ascolto ed entro in una stanza.
Le pareti sono tutte di color bianco, c'è una grande finestra che illumina l'intera stanza.Mi giro verso sinistra e mi cade l'occhio su un camice bianco, lo afferro e me lo infilo velocemente.
Sono impaziente di conoscere questa ragazza così complicata.
Mi guardo allo specchio per un secondo. I miei capelli biondi sembrano apposto, credo.
Esco dalla stanza e ci dirigiamo da lei, ritrovandoci di fronte ad una porta grigia.
«Numero 47. Buona fortuna»
Mi giro a guardarlo notando il suo sorriso gentile stampato sulle sue labbra.
«Grazi» esussurro ricambiando il sorriso.
L'uomo si allontana nel corridoio deserto lasciando la scia di odore di fumo
--{la protagonista della storia é Kaya Scodelario, un'attrice, e fa la parte di Grace.
Il protagonista della storia, invece, é Lucky Smith, un modello, e fa la parte di Hanry.
Posterò alcune loro foto nei prossimi capitoli, vi piaceranno sicuramente.}Ciao😘