✍ Capitolo 4

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{la ragazza nella foto sopra é la protagonista della storia e si chiama "Grace"}
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Ho la camicia umida dalle sue lacrime, e lei non ha ancora detto niente.

«Cosa è successo?» Mi guarda e noto che ha smesso di piagnucolare, anche se ha ancora gli occhi arrossati.

«Scusa per la camicia» Dice mentre si asciuga il viso con la manica del maglione.

«Questo non è importante, non chiedere scusa. Spiegami cosa è successo, perché sei scoppiata a piangere?»

Ci mette qualche istante per articolare le parole.

«Un flashback credo. La cintura era piena di sangue e io mi ricordo il dolore e la sua voce e...» rimane a bocca aperta.

Ho capito, ecco perché era isolata e non mi rispondeva. Stava vivendo i suoi ricordi.

«Ho ancora due domande, no?» Chiedo per distrarla un pò dai suoi ricordi.

Sorride in modo triste «Giusto, il gioco.»

«Perché vuoi morire? Sei una ragazza che può benissimo vivere serenamente la sua vita se vuole. Non appena risolveremo tutto ciò che ti disturba.»

Mi lascia andare e rimane in piedi di fronte a me.

«Perché voglio morire? Perché non posso vivere la mia vita se ho paura di tutte le sigarette che vedo, tutte le corde, tutti gli accendini, tutte le catene, tutti i pezzi di vetro, tutte le cinture. Non posso. E non voglio sentirmi minacciata ogni volta che cammino da sola per strada. Forse non posso essere sistemata, non posso essere guarita da nessuno. E le possibilità sono due: o "vivo" in quattro mura riempita di tranquillanti e medicine per il resto della mia vita, oppure con un coltello pongo fine alle mie sofferenze. Capisci?»
Rimane a fissarmi, molto seria.

«C'è sempre un'altra possibilità, Grace. Ora ci sono io ad aiutarti, a farti superare tutta questa merda. Te l'ho già detto e ti prometto che non me ne andrò prima di fare tutto questo. Non devi porre fine alla tua vita solo perché non vuoi o pensi di non essere abbastanza forte per superare le tue paure, questo lo fanno i codardi, e l'ultima cosa che tu sei é codarda. Mi hai dimostrato che puoi farcela e che lo vuoi fare quando hai toccato la cintura, e questo Grace, significa tanto.»

Sorrido in modo dolce e lei ricambia, abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore.
Oh dio.

«Non possiamo ricominciare da capo, ma possiamo iniziare ora e fare un nuovo lieto fine» dico avvicinandomi a lei.

«Questa frase è di Ziglar» afferma con aria divertita.

«Infatti se non mi sbaglio ti ho detto che mi piace leggere» Sorrido e anche lei lo fa.

Voglio portarla fuori, qui mi sembra un uccellino in gabbia. Magari andare a mangiare qualcosa...

«Ti va di uscire?» Le chiedo chinando la testa da un lato sorridendole.

All'improvviso mi guarda e i suoi occhi si illuminano.

«Davvero?!?»

Da quando sono entrato in questa stanza é la prima volta che la vedo un po' più felice.

«Sì davvero. Magari andiamo in qualche libreria e a mangiar qualcosa... Se vuoi.»

Faccio la faccia indifferente e lei ha un sorriso sempre più grande sul viso.

«Mi vuoi portare fuori? Sei sicuro?»

Effettivamente non ci avevo pensato.

«Cara Grace,» sorrido "dopotutto sono io il tuo medico curante e decido io cosa puoi fare o no.» Lei continua a fissarmi sempre più contenta.

«Hai una giacca?» Le chiedo mentre lei si sistema un minimo i capelli e il maglione, mi guarda e fa segno di non con la testa.

«Allora ti presto la mia.» Vado a prendere la mia giacca di Jeans e gliela do.

Lei mi sorride timidamente ringraziandomi.
Prova a metterla e noto che é troppa lunga e grande per lei, ma é bellissima lo stesso.

Prendo la cintura dal pavimento e me la rimetto, noto quasi subito che lei si blocca per un attimo.

«Dai vieni. stai tranquilla, non ti farò mai del male.»

Le prendo la mano ed esco da quella stanza, che sembra più una biblioteca, e ci dirigiamo verso l'uscita della clinica quando una voce ci ferma.

«Dove state andando?»

Ci voltiamo nello stesso istante. É il signor Fisher, il capo della clinica.

«La porto fuori. É sotto la mia supervisione, non succederà niente.» Annuisce e scompare di nuovo tra i corridoi.
Questo posto é un labirinto.

Passano i minuti mentre passeggiamo, e lei mi stringe la mano forte forte, non so per quale motivo.

«Da quanto non esci?» Poso il mio sguardo verso di lei.

«Sei mesi più o meno. Prima mi portavano fuori una volta alla settimana.» Distoglie lo sguardo dal mio.

«Perché ora no, Grace?» Chiedo con un tono gentile.

Ci mette un po' per rispondere, ma la capisco, é normale.

«Ho avuto un piccolo problema...»

Con la mano le tocco il mento e alzo il suo viso per guardarmi.

«Che genere di problema, Grace?» La guarda con occhi fiduciosi.

«Avevo..» Riflette per un istante. «Avevo raccolto un coltellino da tasca per strada senza che se ne accorgessero, poi quando sono tornata mi sono chiusa in bagno e ho provato... ad uccidermi, per la seconda volta.»

Non riesce più a reggere il mio sguardo, né a guardarmi in faccia, si vergogna.

«Non ti piace parlarne vero?»
Fa segno di no con la testa mente si stringe sempre di più la giacca a sé.

«Okay. Adesso andiamo a mangiare, va bene Gri?» Mi guarda storto.

«Gri?» Ridacchia.

«Si, é la prima cosa che mi é venuta in mente. E poi mi piace dire Gri.» Sorrido a 32 denti e lei ricambia il sorriso abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore.

Stringendole la mano ci dirigiamo verso un locale in lontananza.

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