✍ Capitolo 19

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Continua a fissarmi, in silenzio. Sembra che mi stia studiando, vuole capire se sto mentendo o meno.

A un certo punto parla, a bassa voce, con la gola secca «La vuoi vedere?» mi sta dando tutta la sua fiducia... pensavo sarebbe scoppiata a piangere, oppure che mi avrebbe urlato addosso... ma non questo.

«Sei sicura? Io non voglio obbligarti a fare niente...»

Scuote la testa. «Tanto l'hai già vista, un po'. Non preoccuparti.»

Mi appoggia la mano sulla spalla con gentilezza, poi si gira di schiena.

«Alzami la maglietta.» è seria, con la voce un po' triste.

Continua la frase. «Non molto, però. Non ho il reggiseno, okay?»

«Okay Grace.» pronuncio quelle parole e le alzo delicatamente il lembo della maglietta. Le sfioro l'enorme taglio e lei geme piano per un attimo.

«Puoi per favore non toccarla?» allontano la mano dalla pelle.

«Scusa.». Le alzo ancora un po' la maglia e noto che la cicatrice si assottiglia man mano che si avvicina alla nuca. È molto precisa, come se fosse stata fatta con un righello e un taglierino, rabbrividisco al solo pensiero.

La sento respirare, nella stanza regna il silenzio. Osservandolo bene, noto che dentro al taglio ci sono dei buchetti più scuri, più profondi, non c'é ne sono molti. Devono essere i segni del cacciavite che le conficcava nella carne.

Sto per fare una cosa azzardata, molto azzardata. Sono in un campo minato, un solo passo falso e sono morto. Però non resisto, mi avvicino e le bacio delicatamente un punto della ferita, quello con più segni di cacciavite.

La sento chiudere gli occhi, ma non si ribella, non dice niente. Il suo respiro si fa più pesante e allontano le labbra dalla cicatrice, abbassandole la maglietta lei si gira verso di me.

Penso che mi dirà qualcosa come "cosa cazzo ti è venuto in mente?" oppure "se lo fai di nuovo ti uccido"

«È la stata la cosa più dolce che qualcuno abbia mai fatto per me.» sento queste sue parole e subito si avvicina a me abbracciandomi con delicatezza, non come faceva nel sonno.

Non si è arrabbiata.

Pensavo mi avesse urlato merda addosso e invece... «Gri?»

Sorride lievemente. «Sì, Henry?» le sposto una piccola ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Vorrei farti qualche domanda, professionale questa volta, e poi se te la senti andremo a pesarti.»

«Okay va bene. Vorrei rimettermi i pantaloni il più preso possibile, mi sento scomoda ferma così.. Davanti a te.»

Sorride impacciata e mi ritorna il sorriso, ma non si rende conto di quanto sia adorabile quando fa così?

«Puoi anche rimetterteli adesso, se vuoi. Volevo solo vedere quanto eri magra sulle gambe Grace.»

Sorrido e lei prende i jeans che sono sul letto e se li rimette velocemente, cazzo che bel sedere. Non posso negarlo, sono attratto da lei fisicamente. E poi dice di essere brutta eh?

«Innanzitutto vomiti perché vuoi vomitare o perché stai male?» si gira, okay con quella fottuta maglietta nera scollata é davvero sexy, ma é meglio guardarla negli occhi.

«Entrambe le cose.» cosa? Vuole, vomitare?

«Spiegami meglio.» si siede sul letto.

«Ecco io... non mi sento a mio agio col mio corpo. Non mi piaccio. E quindi vomito perché non voglio ingrassare, mi vedo come una botte. Ma poi anche perché sto veramente male quando mangio. Io mi sforzo, però molte volte non ce la faccio.» lei, grassa? Ma se è al limite dell'anoressia?

«Tesoro, intanto tu non sei grassa, sei sotto peso, guardati cazzo. Poi, forse ho capito perché stai male sai?» mi guarda incuriosita.

«Quando eri con lui quanto mangiavi Irene?» abbassa lo sguardo sulle mani che ha appoggiato sul grembo.

«Dipendeva. Se era di buon umore e mi ero comportata bene sì, se no rimanevo senza cibo. Funzionava così.» fa un sorriso forzato, e mi fa tanta tristezza.

«Evidentemente eri abituata a mangiare poco o niente, e il tuo stomaco si è abituato in quella maniera. Bisogna riabituarlo a mangiare in maniera normale. Non ci vorrà molto tempo, sta tranquilla.»

Sorride debolmente. «Dai vieni, andiamo a pesarti.»

La prendo per mano ed usciamo da camera sua « Grace, sai dove sia una bilancia?» fa segno di sì con la testa e mi trascina per i corridoi bianchi, come diavolo faccia ad orientarsi in questo posto io non lo so proprio.

Entriamo in una stanza «Qui deve essercene una.» sembra nervosa e stressata, anzi, sono sicuro che lo sia.

«Sta tranquilla. Hai paura?» si gira e mi guarda, i suoi occhi azzurri sono qualcosa di spettacolare.

«Ho paura che tu ti possa incazzare.» non capisco. «Per cosa dovrei arrabbiarmi Gri?»

Si morde il labbro, oddio.

«Magari sono dimagrita, e tu potresti arrabbiarti con me. E mi fai paura quando ti arrabbi.» oh tesoro, no.

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