Lunedì 20 dicembre 1999- Pomeriggio/Sera

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Capitolo 21. Lunedì 20 dicembre 1999 – Pomeriggio/Sera


Tutti si guardarono torvi e l'aria si appestò di sospetto.
L'unico che sembrava essere inspiegabilmente soddisfatto era Draco Malfoy. Un sorriso sbieco gli sporcava il volto, facendolo apparire beffardo.
Hermione lo osservò di sottecchi e gli parve troppo simile al ragazzino arrogante che era stato nei primi anni a Hogwarts. Con un brivido comprese che tutta quella assurda situazione gli piaceva: lo faceva sentire vivo. Come se di colpo avesse recuperato un po' di quella infantile tracotanza che l'aveva fatto camminare per i corridoi della scuola con la sicurezza indolente di un giovane principe.
Rabbrividì di nuovo, concentrandosi su quel silenzio che nessuno osava interrompere.

Il vecchio O'Sullivan grugnì di insoddisfazione e infine disse: "Da cosa l'hai capito? Di Lucilla, intendo." Disse rivolto a Draco.
Il ghigno si allargò.
"Dalla risata. Non è naturale. Un suono di campanelle e vetri infranti. E dal brillio della pelle. Nella concitazione del momento il tuo travestimento ha vacillato. Non sei il primo che vedo. Ma non devi essere un Vampiro vero e proprio, giusto?" Rispose Draco rivolgendosi direttamente a Lucilla.
Lei rise, lasciando libero sfogo alla sua natura: tutti si sentirono come bagnati da una pioggia primaverile fresca e profumata.
"Cazzo, mi devo essere proprio sbagliata con te, Malfoy! Hai ragione non sono un vero Vampiro. Piuttosto una specie di Mezzosangue. Una cosa piuttosto complicata."
"Lasciami indovinare... tuo padre o tua madre erano figli diretti di un vampiro, mentre tu no. Invecchi molto lentamente e non devi nutrirti di sangue, anche se non disprezzi un sorso ogni tanto, giusto? E hai una bacchetta, vero?"
"Mio nonna era figlia di una mortale e un vampiro. Tutto giusto! Come fai a saperlo?"
Draco sorrise sinistro: "Alcuni vampiri sono molto ricchi... immensamente."
"Capisco. Il tuo venerabile padre faceva affari con loro." Concluse Lucilla.
Draco annuì.
"Bè... se avete finito con le presentazioni, possiamo dedicarci a qualcosa di più importante?!" Fece Hermione contrariata.
"La signorina Granger ha ragione... bene signori forse è arrivato il momento di comunicarci la vostra decisione!"
"Col cavolo! Lucilla! Cosa ci facevi con noi a scuola?! E quanti anni hai?" Proruppe Archie contrariato.
O'Sullivan sbuffò annoiato.
"Oh piccolo! Non rimanerci troppo male! Ci siamo divertiti, no?" Fece La ragazza divertita.
Noam fissò l'amico con sguardo interrogativo, ma Archie lo ignorò.
"Non preoccuparti! Non sono una vecchia decrepita, ho ventiquattro anni! Anche se ne dimostro ancora poco più che diciotto. E ovviamente ci sono andata piano con te! Il mio vero aspetto ti avrebbe probabilmente provocato un attacco cardiaco!"
" Il... il... tuo vero aspetto?" Balbettò il malcapitato sotto shock.
Lucilla cercò con lo sguardo il Capo per avere la sua approvazione e, ad un annoiato cenno della testa da parte di quest'ultimo, sfilò la bacchetta dalla tasca e si colpì delicatamente il viso.
L'effetto fu deflagrante.
Lucilla era sempre Lucilla, le sue note fattezze erano lì, ma allo stesso tempo era completamente diversa. Il viso aveva perso ogni traccia di innocenza, i contorni si erano fatti più netti, più seducenti. Sembrava che una polvere di stelle avesse colorato la pelle del suo viso: levigata, perfetta e luminosa.
Una bellezza spaventosamente incantevole.
Di nuovo la sua risata cristallina ruppe l'aria e Hermione, completamente soggiogata dal suo fascino innaturale, si chiese come potesse sopportare di imbrigliare tutta quella grazia in incantesimi e inganni.
"Avanti, cuccioli, chiudete quelle fottute bocche! La vostra bava è irritante!"
Draco era l'unico ad essere rimasto impassibile.
"È un trucco, o meglio, uno strascico edulcorato del potere proprio dei veri Vampiri. Un trucco per attirare a sè... la cena."
Lucilla lo guardò con astio, ma dopo qualche istante parve perdere qualsiasi interesse.
"Archie ti è andata bene. I vampiri sono privi di scrupoli e morale. E credo che la nostra Lucilla abbia ereditato anche queste caratteristiche, o sbaglio?"
Fu l'Auror a rispondere questa volta:"No, non ha sbagliato. Lucilla è un recente acquisto della squadra. Si è infiltrata a Ilvermorny tre anni fa. Avevamo bisogno di un paio d'occhi e poi è stata spedita come studentessa in scambio a Londra dove... vi ha conosciuti."
"Come pensavo...", si lasciò sfuggire Hermione con aria di trionfo.
"Mi pare evidente che l'abbiamo sottovalutata signorina Granger." Acconsentì a dire O' Sullivan.
"Perché è innamorata..." Fece Lucilla schifata.
"No, carina. Perché sono intelligente." Ribatté lei con sfida.
"E che considerazioni ha tratto?"
"Che dietro allo scandalo che ci sta travolgendo c'è lei! E voi, ovviamente!"
Lucilla sghignazzò.
"E perché l'avremmo fatto secondo lei?"
"Lo chieda a lui", disse indicando Draco, "ha delle teorie entusiasmanti in proposito."
"Ma davvero?" Fece il suo ex Capo sarcastico, rafforzando in Draco tutti i suoi sospetti. Lo consideravano davvero un idiota.
"Per costringermi a uscire allo scoperto, mettermi una taglia sulla testa e iniziare una fottuta caccia alla volpe, nella speranza che qualcuno di coloro che state cercando si lanci al mio inseguimento. Oppure che la protezione che il Wizengamot sta dando ai miei genitori venga meno e si lancino dietro a loro. Ma il piano vi sta sfuggendo di mano" Disse gelido.
"Crede davvero signor Malfoy? Mi sembra che il nostro piano stia riuscendo molto bene invece! Lei e la signorina Granger siete qui davanti a me completamente inerti. Rimanere qui le è impossibile, dunque tornerà a Londra, forse nella speranza di proteggere sua madre o perfino la signorina Granger qualora le dovessero toglierle le attuali misure di protezione e allora il gioco sarà fatto."
Hermione sorrise guardando Draco: avevano ragionato bene insieme.
"Si vede che non conosce bene mia madre o... Hermione. E nemmeno me, a dirla tutta. Forse il suo cane..." e così dicendo guardò Lucilla "... non l'ha informata bene!"
"Ah no! Io l'avevo informato benissimo! Ma loro non hanno voluto darmi retta!" Protestò lei punta sul vivo.
"Taci sciocca!" La redarguì il Capo.
Draco la guardò incuriosito, ma i suoi occhi d'ambra rimasero impassibili.

"Allora? Cosa ha deciso?" Chiese l'uomo più ruvido di quanto avrebbe voluto. Quella situazione lo stava indisponendo non poco, perché non stava andando esattamente secondo i piani. Lo sapeva lui e lo sapevano loro.
"Io accetto la vostra proposta e in cambio voi sistemate questo casino. Tutto questo casino: l'immagine pubblica di Hermione Granger deve essere ripulita da cima a fondo. Trovate voi il modo."
Il Capo rimase in silenzio e Hermione segnò un punto immaginario sul loro tabellone.
"Benissimo! Quindi lei è disposto a regalarci cinque anni della sua vita! Una splendida notizia! In quanto alla signorina Granger c'è ne occuperemo subito!" Disse O'Sullivan fingendo felicità.
Draco guardò brevemente Lucilla e la vide sogghignare.
"Ovviamente anche mia madre e mio padre dovranno essere protetti."
"Ovviamente..."
Scese un silenzio carico di aspettative.
Anche Archie e Noam sembravano stranamente in attesa di qualcosa. Non protestarono alla decisione di Malfoy di votarsi alla causa, come invece avevano fatto il giorno prima. Hermione lo trovò strano e un pensiero incominciò a prendere forma in lei. Intercettò lo sguardo di Draco e gli indicò i due ragazzi.
Draco non comprese, o forse non volle comprendere.
"Un attimo..." disse la Granger.
Tutti la guardarono, quasi speranzosi. O' Sullivan chiuse gli occhi, finalmente quella dannata ragazza faceva la sua parte: costringerlo a tornare a casa.
"Anche loro due fanno parte dell'organizzazione, giusto? Due infiltrati per controllare Draco all'interno del Ministero, altri due falsi amici per carpirne le confidenze..."
Draco li fissò intensamente, mentre una voce ripeteva: negate! Negate per favore!
Quello sarebbe stato un tradimento troppo grande da digerire. Mesi di confidenze e risate e serate e... tutto finto. Si sentiva così sciocco ad essersi fidato dei primi venuti, così assurdamente depredato della sua parte più innocente.
Mandò giù l'imprecazione che gli era salita alla gola e invece disse: " Tutto finto."
Il Capo annuì e sembrò per un istante veramente dispiaciuto.
"E i barboni? Tutta quella pantomima? Un altro compito che era stato affidato loro, giusto? Credete che Dolohov o chissà chi possano nascondersi in mezzo ai Babbani che infestano i dormitori pubblici? Quando Lucilla mi ha portato lì voleva capire se qualcuno mi avrebbe riconosciuto oppure se l'avrei fatto io, giusto? E ci avete portato anche Hermione per lo stesso motivo." Continuò Draco inarrestabile nella sua ira: l'idea che avessero giocato con la sicurezza di Hermione lo faceva diventare matto.
"E se qualcuno ci avesse attaccato? Se qualcuno si fosse scagliato contro di noi? Cosa avreste fatto? Ci avreste lasciato morire in una pozza di sangue?!" Urlò all'improvviso.
"Non siamo assassini a sangue freddo. Per quello c'erano anche loro due con voi. Lucilla ci sta lavorando da mesi. Abbiamo individuato qualche mago di mezza tacca che si diverte a far fuori i barboni No-Mag, ma niente di più. Tuttavia non potevamo lasciarci sfuggire questa possibilità." Disse il Capo tranquillo.
"Ci spiace averti ingannato. Sembri a posto, amico" disse Archie " Solo lavoro. Nulla di personale."
" Nulla di personale...", ripeté Draco stordito.
Aveva vissuto per mesi su un grande palcoscenico dove era stata messa in scena una tragedia di cui lui era il protagonista inconsapevole. Lui li aveva davvero considerati suoi amici.
All'improvviso gli tornò in mente una frase del padre: "Per quelli come noi la solitudine è l'unica amica possibile."
"Immagino che non fossero propriamente questi i patti con Kingsley." Intervenne Hermione cercando di dominare la rabbia. Dovevano rimanere lucidi, altrimenti avrebbero perso.
Il Capo rise.
"Kingsley? Oh no! Quell'uomo può concepire solo la lealtà come faro della sua vita. Ma a volte la lealtà è letale. Quello che deve capire signorina Granger è che noi giochiamo ad un altro livello. Noi siamo i guardiani dell'equilibrio."
"Mi sembra che siate solo degli stronzi", intervenne Draco a cui non importava nulla di rimanere lucido.
La piccola mano di Hermione si posò sulla sua: anche sua madre lo faceva con Lucius quando le cose si stavano mettendo male. Prese un respiro e cercò di dominarsi.
Dovevano farli parlare il più a lungo possibile in attesa che accadesse ciò che speravano.
"In che senso l'Equilibrio?" Disse allora il ragazzo.
"L'equilibrio, ragazzo. Tra Bene e Male, tra gli Stati, tra le comunità magiche e i No-Mag. Non si può pendere da una parte a favore dell'altra altra. Dobbiamo evitare che la Magia Oscura si allei con le armi babbane e via dicendo.
Poco più di vent'anni fa siamo stati sull'orlo di una Terza Guerra Mondiale, di una guerra nucleare che avrebbe coinvolto tutti, maghi e non maghi. Che ne sarebbe stato di tutto il nostro mondo? La signorina Granger è un'eroina di guerra per aver combattuto un solo mago oscuro. Per noi non ci sono medaglie, perché la nostra è una lotta clandestina."
"Ma adesso state dando la caccia a Dolohov se non sbaglio..." Intervenne Hermione.
"Non a lui nello specifico, ma una nuova organizzazione internazionale di maghi e streghe intenti a sovvertire l'ordine naturale delle cose a livello globale. E Dolohov potrebbe dare una grossa spinta a questi figli di puttana se dovesse riuscire a mettersi in contatto con loro."
"Organizzazione internazionale?" Lo incalzò la Granger.
"Già... rovesciare lo Statuto di Segretezza su larga scala riprendendo le idee di Grindelwald. Vedete Voldemort era terrificante, immensamente potente, troppo potente, ma giocava per se stesso. Pensava in grande, ma non per il Bene Comune. Questi invece, presi singolarmente non valgono come lui, ma insieme... è tutta un'altra storia."
"Dolohov è un mago potente, privo di scrupoli e che conosce in maniera approfondita la magia oscura..." disse Draco più a se stesso che a loro.
"E..." lo incalzò O'Sullivan.
"E in molti lo vorrebbero dalla propria parte. Il fatto che sia scappato vi lascia pensare che avesse già degli agganci oltre oceano..."
"Vuole svelarci qualche segreto Signor Malfoy?" Disse il Capo improvvisamente molto interessato a ciò che Draco aveva da dire.
"Può darsi. Ma prima risolvete questo casino. E..."
Proprio in quel momento un corvo lucente si posò sul davanzale della finestra e prese a beccare insistentemente il vetro.
Uno degli uccelli postini del Macusa: la targhetta legata al collo lo rendeva immediatamente riconoscibile.
Noam si alzò e prese la pergamena legata alla zampa dell'animale. La porse al Capo e tornò a sedersi con una ruga di preoccupazione tra gli occhi.
Hermione e Draco si strinsero la mano, di nuovo.
O' Sullivan prese a leggere velocemente ed era chiaro che non dovevano essere buone notizie.
"Che c'è Capo?" Chiese Lucilla facendosi attenta.
"Che cosa avete fatto?!" Urlò paonazzo rivolto ai due inglesi. Nella concitazione del momento era balzato in piedi e per un attimo parve che volesse aggredirli.
La lettera gli scivolò di mano e Hermione riconobbe la firma di Kingsley. Forse erano salvi!

O' Sullivan schiumava rabbia. Letteralmente e non era un bel vedere.
"Come avete fatto? Come? Non potete parlare in alcun modo di quello di cui siete stati messi al corrente! Il telefono, la posta elettronica, ogni fottuto pezzo di carta che viene vergato dalla sua mano viene controllato! Come?!" Sbraitò a pugni chiusi.
Draco e Hermione rimasero impassibili.
"Che vuole il Primo Ministro Inglese, capo?" Chiese Archie.
Draco appellò il pezzo di carta dimenticato sul pavimento.

Il primo Ministro Inglese, Harry Potter e lo Stregone Capo del Wizengamot stanno per raggiungere New York e ci accusano di aver rapito e di trattenere illegalmente Draco Malfoy e Hermione Granger. Che diavolo avete combinato O' SUllivan? Non doveva essere un'operazione che sarebbe andata liscia come l'olio? Dicono di avere le prove di un complotto a danno dei due cittadini inglesi e del Ministero della Magia Inglese. Come fanno ad avere delle prove? Si presenti immediatamente all' Investigation Department.

Il Presidente del Congresso Magico degli Stati Uniti d'America
Samuel G.Quahog


Un grande sorriso si allargò sul volto dei due: ce l'avevano fatta! Sembrava incredibile che fossero riusciti a mettere in scacco quei farabutti.
La lettera passò di mano in mano ed Hermione ipotizzò che il grado di disappunto che andava via via a dipingersi sulla faccia dei tre ex amici di Draco indicasse il grado di coinvolgimento di ciascuno. Noam era molto preoccupato, Archie moderatamente impressionato, mentre Lucilla appariva sostanzialmente indifferente.

"Bene signori, direi che per il momento la nostra amabile discussione può interrompersi. Ne riparleremo alla presenza delle nostre rispettive Autorità. Oppure io e la signorina Granger dobbiamo considerarci due ostaggi del vostro governo?" Fece con la massima tranquillità Draco, alzandosi in piedi e facendo cenno ai quattro di lasciare casa sua.
"Signor Malfoy non le consiglio di fare lo sbruffone...", lo minaccio O' Sullivan.
"Per caso mi sta minacciando? Costruirete delle accuse false contro di me?" Chiese il giovane a muso duro.
Hermione sperò che dicesse di sì: l'avrebbero inchiodato.
Ma O' Sullivan ora stava allerta: non li avrebbe mai più sottovalutati, liquidandoli come giovani inesperti. Era stato un grave errore.
"Avrete presto nostre notizie. Vi consiglio di non fare gesti avventati. E di non uscire."
"Non siamo in prigione. Usciremo e faremo quello che ci pare." Ribatté Hermione.
"A vostro rischio e pericolo. Non saremo in grado di garantirvi una protezione aggiuntiva e la vostra faccia è ovunque."
"Non si preoccupi. Sono piuttosto esperta con la bacchetta."
"Come crede." E così dicendo il vecchio uscì portandosi dietro i suoi sottoposti.

Non appena la porta si chiuse, Hermione le gettò un Muffliato per poi esplodere in un urlo di gioia selvaggia.
"Ce l'abbiamo fatta, Draco! Siamo stati fenomenali!" Gridò saltandogli.
Lui sorrise raggiante: "Già! Siamo stati grandi! Tu sei stata grande Hermione! Tu e il tuo cazzo di cervello d'oro!"
Hermione rise baciandolo dappertutto. Non era ancora finita, ma Kingsley stava arrivando e sarebbe andato tutto bene, Ne era certa, certissima.
"Dobbiamo mettere al sicuro i ricordi di questa conversazione. Farli vedere a Kingsley prima che arrivi qui." Fece Draco ad un tratto.
Richiamarono l'elfo e gli consegnarono altre boccette ricolme di ricordi e un'altra lettera per Narcissa: lei avrebbe saputo cosa fare.
"Sei stato bravissimo Chubby. Bravissimo!" Lo ringraziò con entusiasmo Hermione, ricevendo in cambio una smorfia e una alzata d'occhi da parte di Draco.

"Tua madre è una grande, Draco! Senza di lei saremmo stati spacciati." Disse Hermione sinceramente ammirata, dopo che Chubby fu sparito.
Il cuore di Draco si allargò: l'approvazione della Granger contava molto per lui e per un attimo accarezzò il sogno di lei e la madre che sostenevano una conversazione civile.

"E adesso? Che facciamo?" Chiese Hermione con occhi scintillanti.
"Adesso facciamo l'amore e poi... ti porto a vedere New York."
Il sorriso di Hermione gli scaldò il petto. Non l'avrebbe mai dimenticato.


Uscirono nel gelo lucido della città, smaterializzandosi vicino a Central Park, con i connotati completamente distorti dalla bacchetta di Hermione.
Un compromesso facilmente sopportabile in cambio della libertà.
Il parco riluceva sotto i cumuli di neve, spalati di fresco. Le strade erano ritornate percorribili, ma lì sembrava di essere lontani anni luce dalla brulicante umanità della città.
"Dici che la pista di pattinaggio è ancora aperta?" Chiese Hermione con le guance arrossate dal freddo e la gioia negli occhi.
"Pattinare? Granger!" Fece Draco disgustato.
"Non dirmi che non sai pattinare, Malfoy! Non è una attività degna di un Purosangue?"
"Certo che so pattinare, ma su pattini magici anticaduta!" Disse lui sbigottito.
Hermione ghignò: "Vuol dire che le tue regali chiappe assaggeranno il morso gelido del ghiaccio plebeo!" Fece lei, tirandolo per la mano.
Scoprì che quel giorno la pista chiudeva alle dieci di sera: pagò due biglietti e l'affitto dei pattini e poi si lanciò verso la lastra di ghiaccio con un recalcitrante Malfoy alle spalle.
"Granger aspetta! E se mi ammazzo?"
"Non morirai! Cammina! E se ti verranno dei lividi te li guarirò in un secondo!"
La pista era abbastanza libera e dopo aver indossato i suoi pattini Hermione si lanciò sul ghiaccio ridendo. Fece qualche giro di prova per saggiare le gambe arrugginite, ma poi si lanciò in piroette e figure.
Draco, attaccato alla balaustra, la guardava ammirato: anche se il suo viso era diverso, anche se i suoi capelli erano più corti e biondi, lui riusciva a vedere la sua Mezzosangue sotto il travestimento. La ragazza gli piombò addosso all'improvviso, aggrappandosi al bavero della sua giacca e baciandolo con le labbra gelide.
Draco la strinse per non farla cadere e le mormorò all'orecchio: "Ti amo, Granger."
Lei si staccò: rimasero a guardarsi in silenzio, circondati da quel mondo rutilante pieno di voci e risate. Poi Hermione lo prese per mano e Draco finalmente si convinse a provare quei trabiccoli babbani, scoprendo, con somma gioia, che non erano poi tanto diversi dai pattini magici: occorreva solo un po' di coordinazione in più.
"Ma sei bravissimo! Mi hai fregata!" Gli disse Hermione con un piccolo broncio.
"Noi Purosangue che la caviamo in tutto!" Rispose lui pavoneggiandosi, prima di rovinare clamorosamente a terra.
"Ma porco..." L'imprecazione si perse nella risata di Hermione, che non risuonava come la pioggia di primavera e come i cristalli infranti, ma sapeva creare calore e desiderio.

Pattinarono per un'oretta e poi, sudati e affamati, lasciarono la pista.
"Che bello! Non mi divertivo così tanto da anni!" Esclamò Hermione, prendendo Draco sotto braccio e stampandogli un bacio sulle labbra, che lui rese subito lento e invitante.
"Hai fame?" Chiese mormorò lui.
"Da morire!"
"Puoi aspettare ancora un po'? Voglio portarti in un posto..."
"Posso aspettare...", rispose Hermione, subito trepidante da quella nuova sorpresa.
Percorsero i lunghi viali immersi nella neve e nonostante il freddo Hermione si sentiva calda e grata per quell'esperienza inaspettata. A dispetto del peso che gravava sulle loro spalle, lì, in quel momento, si sentiva al sicuro e felice come non lo era mai stata nella vita. Era a casa. Una casa accogliente.
Camminavano allacciati stretti, incespicavano negli stessi passi, si baciavano e si ridevano sulle labbra, suscitando l'allegra invidia dei passati.
Giunsero infine alla famosissima Bethesda Terrace.
"Oddio Draco! Mi sembra di essere Sally in Harry ti presento Sally!" Strillò Hermione entusiasta.
"Chi?" Domandò Draco, confuso.
"Oh! Lascia perdere! È fantastico!" Disse lei posandogli un altro bacio sulle labbra.
"Tu sei fantastica...", mormorò lui, prima di sentirsi un perfetto idiota zuccheroso.
Ma fortunatamente Hermione non l'aveva sentito, perché era corsa a vedere la fontana dell'Angelo.
"Ma..." La sentì esclamare e Draco fece un ampio sorriso prima di raggiungerla.
Lei gli si avvicinò ad occhi sgranati e sussurrò: "Ma sono fate!"
"Sì i No-Mag vedono una statua in bronzo, ma in realtà la fontana è la casa di una colonia di fate. Non chiedermi come fanno i Babbani a non vederle, perché non l'ho ancora capito! Soprattutto quando iniziano a battibeccare tra di loro con questo ronzio insopportabile." Le sussurrò lui all'orecchio.
Ma Hermione non si stava chiedendo proprio nulla, affascinata da quelle lucine meravigliose che gettavano una luce da fiaba tutto intorno.
"Una cosa bellissima... io... io sono commossa." Fece la ragazza appoggiando la testa sul petto di Draco, gli occhi di nuovo lucidi e il cuore palpitante a causa di un sentimento che definire amore non era abbastanza.
"Sapevo che ti sarebbe piaciuto." Disse lui appoggiandole un bacio sui capelli.

Dopo un po', visto che il freddo si stava facendo pungente, Draco la prese per mano e la portò a bere un bicchiere di vino caldo e aromatico in un locale di inizio ottocento poco distante.
"Grazie... per tutto. So che dovrei essere preoccupatissima, ma adesso proprio non ci riesco. Io non riesco a preoccuparmi. Perché sono con te."
Draco deglutì: nessuno aveva riposto così tanta fiducia in lui. Sperò di non deluderla mai, ma un brivido gli percorse la schiena come un segno premonitore.
"Grazie a te...", riuscì solo a dire, prendendole la mano.
"Andiamo a mangiare un boccone? Non dovremmo rientrare tardi, non sappiamo quando arriveranno..."
"Cosa ti andrebbe? Una cena romantica e schifosamente costosa?" Chiese lui con un ghigno.
"Sì!", si precipitò a rispondere Hermione.
"Però!" Esclamò Draco sorpreso.
"Per una volta, no?"
"E cena costosa sia! Fammi fare una telefonata." Si alzò e chiese al padrone del bar di poter fare una telefonata.
"Fatto! E' ancora presto e sono riuscito a rimediare un tavolo al The River Cafè. Un locale babbano sotto al Brooklyn Bridge!"
"Wow! Ma come fai a conoscerlo?"
"Noam mi ha fatto una testa tanta!" Disse Draco di slancio, prima di incupirsi in una espressione accigliata.
"Draco... mi spiace. So quanto eri affezionato ai quei due." Fece Hermione seria.
"Pensavo fossero miei amici, i miei primi veri amici. Non è la cosa più patetica che tu abbia mai sentito?"
"No. Forse a loro modo ti sono stati davvero amici."
"Ma se non so nemmeno se quella sia la loro vera faccia! Come ho fatto ad essere così idiota, Hermione? Come ho potuto?" Sputò fuori Draco.
"Sono stati bravi. Del resto è il loro lavoro, no? Però non credo che abbiano sempre mentito, dopotutto ti hanno dato anche dei buoni consigli."
"Mmm... talmente buoni che siamo costretti ad andarcene in giro con un aspetto diverso e la bacchetta a portata di mano!" Fece Draco contrariato.
"Non peniamoci adesso. Andiamo a vedere questo The River Cafè, vuoi?"
Draco respirò a fondo e poi annuì.
Si fecero chiamare un taxi e poi filarono via per le strade di New York fino al quartiere Dumbo.
"Aspetta ad entrare! C'è un rigido dress code. Vieni qui!" Disse Draco tirandola in un angolo buio.
Con la bacchetta trasfigurò gli abiti pesanti di Hermione in un cappotto di cashmere, un tubino nero e scarpe con il tacco. Fece lo stesso con se stesso e poi, presala per mano, la scortò all'interno.
Una chiatta ormeggiata sotto il Ponte di Brooklyn era stata trasformata in un ristorante intimo e accogliente. La vista era mozzafiato: lo skyline di New York si apriva davanti ai loro occhi.
"Non so neanche dire quanto sia bello qui!" Mormorò Hermione un po' intimorita.
"Quel bastardo alla fine non parlava a vanvera..." Rispose Draco, spostandole la sedia per farla accomodare, mentre un cameriere solerte le portava via il cappotto.
Draco ordinò per entrambi un piatto di crudité di pesce e dello champagne.
Ecco come sarebbe dovuta andare fin dal primo momento, si disse Draco, mentre contemplava Hermione che si beveva la magia della Grande Mela con gli occhi. E non importava, di nuovo, che non fossero proprio i suoi occhi. Lei era lì e lo rendeva felice semplicemente standogli accanto in silenzio, come in quel momento. Avrebbero dovuto fare l'amore e andarsene a zonzo per la città stupidi e felici come qualsiasi fottuta coppia di innamorati.
Invece quella era una parentesi tra un problema e l'altro. Tra una scelta e l'altra.
Le prese la mano per attirare la sua attenzione e quando lei lo guardò con un sorriso gioioso chiuso negli occhi, Draco se la portò alla bocca, improvvisamente privo di parole.
"Che c'è?" Chiese lei.
"C'è che ti amo e che mi sento terribilmente stupido e inadeguato."
"Chi si ama si sente sempre terribilmente stupido e inadeguato, persino io!" Fece lei sorridendo, un poco rossa in viso. Il sorriso di Draco si allargò fino a scaldargli gli occhi. E non aveva nessuna importanza se non avevano la consueta sfumatura di acciaio: lui era lì e lei lo sentiva.

Continuarono a stuzzicarsi per un bel pezzo, fino a quanto il panorama perse ogni attrattiva e l'unica cosa che sembrava avere importanza era togliersi quei vestiti e rivedersi e annusarsi e riconoscersi ancora una volta.
Si smaterializzarono a casa e Hermione sparse incantesimi protettivi tutto intorno, incurante delle rassicurazioni di Draco. Dopodiché, ritrovati i loro sembianti consueti, si amarono con calma voracità. L'aria tutto intorno si scaldò di eccitazione e per un pezzo per le stanze buie non risuonarono che le parole del loro darsi e riceversi.
Draco percorse con tutti e cinque i sensi quel corpo benedetto, quell'anima speciale che un tempo aveva desiderato distruggere. Chiese perdono in mille modi diversi. E si sentì per la prima volta assolto, assolto davvero: da ogni increspatura della pelle che il suo respiro le provocava, da ogni sospiro spezzato che Hermione lasciava scivolare via, da ogni bacio e morso e graffio ricevuto. Da quegli occhi finalmente tornati ad essere di terra e oro, che gli chiedevano di mantenere quella promessa che la sua voce non sapeva esprimere.
"Ti amo. E sembra così sciocco dirlo, perché non serve a descrivere quello che provo. Non basta. Sei la persona che più mi ha fatto sentire sbagliata e improvvisamente sei stato capace di rimettere insieme i miei pezzi e farmi diventare migliore." Disse infine lei nascondendo sorrisi e lacrime sul suo petto ansante.
"Scusami." Sussurrò lui e Hermione non capì se per il passato, il presente o un futuro incerto.




Note
Le citazioni sull' Investigation Department e il Presidente del Congresso Magico sono presi da .In questa storia si fa sempre riferimento al MACUSA come al Ministero della Magia Americana, in realtà il MACUSA è il Magico Congresso degli Stati Uniti di AmericaL'Investigation Department era il più grande dipartimento investigativo del Congresso: possiamo dunque immaginare che al suo interno ci fosse una sezione simile alla CIA.Samuel G. Quahog viene indicato come Presidente nel 2014: non si hanno nominativi per il 1999 e quindi ho deciso di scegliere lui.


Ciao! Ehm... da questo momento nulla sarà più come prima.

MILLENNIUM BUG - From New York to London and BackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora