Spinsi la testa all'indietro, lasciandomi cadere sul telo che avevamo steso nell'erba verde del parco.
Era una domenica soleggiata e mia madre aveva deciso che era arrivato il periodo migliore per fare picnic all'aperto. Aveva costretto tutti ad alzarsi alle undici per raggiungere un parco che si trovava nella nostra città. Molte altre persone avevano avuto la stessa idea, ma per fortuna il parco aveva a disposizione abbastanza spazio per permetterci di avere un po' di privacy.
Era già passata una settimana dalla gita e io ero stata costretta a tornare alla mia vita mondana, fatta di stress, pranzi veloci e pisolini pomeridiani.
I nostri professori non avevano avuto pietà di noi e già il lunedì successivo ci avevano interrogato o costretti a fare verifiche di due ore. Ogni giorno passato a scuola, ero sempre più contenta che presto la tortura sarebbe finita.
Ancora pochi mesi. Poi, sarei stata libera.
Speravo che l'università sarebbe stata più tranquilla, perché non avevo la forza di vivere altri cinque anni come quelli delle superiori.
Quella domenica, avrei preferito stare nel conforto della mia stanza, dormendo fino a tardi e rilassandomi. Ma mia madre aveva imposto i suoi piani a tutta la famiglia. Nemmeno mio fratello sembrava tanto felice di trovarsi all'aperto. I suoi starnuti continuavano a scacciare il silenzio tra di noi, seguiti da battute squallide di mio padre.
Io non stavo soffrendo molto le allergie quel mezzogiorno solo grazie all'antistaminico che avevo preso in anticipo, però ero certa che appena avessi chiuso gli occhi mi sarei addormentata.
Puntai lo sguardo nel cielo azzurro, che le lenti dei miei occhiali da sole stavano rendendo più marrone. Le nuvole avevano forme normali, rotonde e piccole, altre secche e lunghe. Non avendo granché da fare se non ascoltare l'ambiente che mi circondava, mi venne da ripensare alla settimana appena termina.
Non era successo granché. Tutta la nostra classe, e immagino anche quella dello scientifico, si era rammollita, come ci aveva definito la professoressa di matematica. La gita, a suo dire, ci aveva resi più svogliati e distratti. Eravamo tutti sovrappensiero, la mente ancora attaccata a Lisbona. Ci sarebbe voluto un po' prima di riprendere il ritmo dei mesi precedenti. I due professori che ci avevano accompagnato non sembravano aver subito le stesse conseguenze della vacanza.
La Leone era tornata solare, per quanto una persona grigia di natura possa esserlo. La sua voce era più attiva e lei parlava in continuazione, inserendo riferimenti alla gita una frase sì e l'altra pure. Il Pascal era normale. Più rilassato e più annoiato. Anche lui sembrava essersi reso conto del cambiamento di Martina e di altre mie compagne di classe nei suoi confronti. Non alzavano più la mano per rispondere alle sue domande, né cercavano di attirare la sua attenzione. E quando Martina iniziò a diffondere le sue idee meschine sul nostro professore mi sentii in dovere di intervenire.
«La sera in cui abbiamo litigato» dissi a Laura ed Elena, «Martina è andata alla porta del Pascal e ha cercato di andarci a letto, ma lui ha rifiutato.»
Avevo usato un tono di voce abbastanza alto, sicura che Linda e Irene, sedute davanti a me mi stessero ascoltando. Come mi ero aspettata, le loro teste si erano girate verso di me e loro mi avevano guardato incredule.
«Giura!» aveva detto Linda.
«Giuro.»
Avevo fatto promettere a Linda e Irene di non dire in giro che ero stata io a rivelare quell'informazione, e nel giro di una giornata scolastica, tutta la classe lo sapeva. Non ci fu un cambiamento netto all'interno delle nostre relazioni interpersonali, ma notai che alcuni miei compagni di classe rivolgevano occhiate divertite a Martina ogni volta che il Pascal era presente.
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No one will know | 18 +
RomanceAlessia Orlandi è una studentessa di diciannove anni. Davanti a sé ha un futuro promettente, sebbene le sembri lontano e annebbiato. Nei cinque anni di liceo è stata troppo concentrata sullo studio per comportarsi come una normale adolescente e alla...