Capitolo 34

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Ebbi un risveglio piacevole. La tapparella rimasta alzata permise ai raggi del sole di arrivare fino ai miei occhi, avvertendomi che un altro giorno era iniziato. Il mio corpo era un po' addolorato, probabilmente perché ero rimasta per troppo tempo nella stessa posizione.

Tolsi il lenzuolo, che mi stava coprendo fino alla pancia, e una brezza leggera mi accarezzò le gambe scoperte. Allungai gli arti per stiracchiarmi. Quando si estesero su un materasso più grande del mio, spalancai gli occhi, guardandomi intorno confusa.

Non mi trovavo nella mia camera.

La mia mente assonnata mi impedì di elaborare dove fossi e per un minuto pensai di essere stata rapita. Fu solo quando i ricordi della sera precedente mi colpirono che mi tranquillizzai.

Ero stata con il professore Pascal.

Mi misi a sedere, spostando lo sguardo per la stanza alla ricerca della sua figura. Il mio cuore si strinse nel petto appena confermai che ero sola.

Era tutto reale. Non si era trattato dell'ennesimo sogno né di un'illusione.

Sfregai le mani sugli occhi, sforzando la mia mente a svegliarsi del tutto. Dei rumori all'esterno della stanza mi destarono. Alzai lo sguardo per osservare la porta socchiusa.

Il professore non mi aveva abbandonata. Si era solo alzato prima di me, magari perché aveva qualche impegno.

Posai i piedi a terra e osservai il mio corpo. Prima di andare a letto la sera precedente, ero andata in bagno per farmi una doccia veloce. Pedro era entrato con me e la nostra passione si era riaccesa. Credo che si sia trattata della doccia più calda e lunga che abbia mai fatto. Quando eravamo usciti, mi aveva presa di nuovo in braccio, portandomi fino al letto.

Presi un lembo della maglietta che mi aveva prestato per dormire. Era nera e con il nome di una band che non conoscevo. Quando mi alzai, vidi che mi arrivava fino al sedere, coprendolo appena. Cercai i miei vestiti, trovandoli, sistemati e piegati, sul comodino vicino al lato del letto che avevo occupato.

Goffamente, raggiunsi la porta, entrando nella cucina-salotto. Con un sospiro di sollievo, constatai che il mio professore era davanti ai fornelli.

Mi stava dando le spalle e sembrava concentrato solo su qualunque cosa stesse preparando. Dall'odore, immaginai che si trattasse di caffè. Approfittando della sua distrazione, mi avvicinai di soppiatto e ammirai il suo corpo. Stava indossando solo dei boxer che nascondevano ben poco.

Il mio primo pensiero fu di scrivere a Elena e descriverla la magnificenza di quelle chiappe. Riflettendoci bene, c'era altro che aveva la precedenza e che avrei dovuto raccontarle.

Con un sorriso doloroso, distolsi lo sguardo e avanzai. «Buongiorno.»

Pedro si voltò subito per guardarmi, tranquillizzandosi appena si rese conto che si trattava di me e non di un intruso. «Sei sveglia» sancì. «Buongiorno.» Mi sorrise, scaldandomi tutto il corpo. «Posso offrirti qualcosa? Caffè, dei biscotti... latte?»

«Ah, ah, molto divertente.» Mi appoggiai al tavolo con le mani. «Caffè va bene.»

Pedro annuì e tornò a concentrarsi sulla moka di caffè che stava sibilando. Attese ancora qualche secondo prima di spegnerla. Allungò un braccio per tirare fuori da un ripiano due tazzine. Mentre le riempiva, mi avvicinai a lui per osservarlo meglio durante il suo lavoro.

Ancora mi sembrava impossibile trovarmi lì: con il mio professore a qualche centimetro di distanza, mentre mi preparava la colazione.

«Hai dormito bene?» mi chiese, mettendo un cucchiaino di zucchero dentro la tazzina più vicina a me.

No one will know | 18 +Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora