Chapter IV

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L'unico fatto certo è chesenza il condimento dellafollia non può esisterepiacere alcuno

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L'unico fatto certo è che
senza il condimento della
follia non può esistere
piacere alcuno.
Erasmo da Rotterdam

-Walter
Niente di tutto ciò che avevo progettato stava andando per il verso giusto, le circostanze lo affermavano pienamente. Strinsi le mie mani in un pugno e cercai di concentrarmi per prendere la decisione più ragionevole, e la ragione dov'era in quell'istante? M'aveva abbandonato come un vecchio amico d'infanzia.
Angie era piazzata di fronte a me, la sua espressione smarrita mi scrutava attentamente, in attesa di una risposta. Il suo vestito brillava nel buio a causa del tessuto da cui era costituito, così come la sua collana di diamanti.
-Allora?- proseguì, notando che non rispondevo alla sua domanda.
Ormai aveva già visto ciò che non doveva vedere, anche se avessi mentito l'indomani avrebbe scoperto tutta la verità.
-Ti avverto..- iniziai, fissandola dritto negli occhi.
Notai una certa titubanza nel suo sguardo quando cominciai a parlare, forse per il modo in cui mi stavo esprimendo.
-Ciò che è accaduto ed accadrà questa notte dovrà restare tra le mura di questo corridoio.- dissi, scandendo parola per parola il contesto.
Lei rimase ancora immobile, come per elaborare ciò che le avevo appena detto. La sua faccia confusa continuava ad analizzarmi, fin quando non mutò nella sua solita espressione.
-Ad una condizione.- affermò, scacciando il timore che la tormentava fino a poco tempo prima.
-Voglio sapere tutto nei minimi dettagli, vedendolo con i miei occhi. Come posso coprirvi se non so nemmeno cosa avete fatto?- disse, con un piccolo sorriso.
-È un patto questo?-
-Chiamiamolo così.-
-Affare fatto.- affermai, nel mentre un senso di piacere rischioso mi attraversò.
Angie allungò la sua mano verso la mia, ed io feci lo stesso stringendola. Guardandole mi accorsi di avere qualche macchia su di essa per quello che avevo fatto in precedenza, ed evidentemente anche lei se ne accorse poiché sentii un piccolo tremolio proveniente dalle sue dita.
-Seguimi.- enunciai, precedendola.
I ticchettii che avevo già sentito ricominciarono a diffondersi.
-Non sarebbe meglio togliervi quelle scarpe?- dissi.
-Non aspettavo altro.- rispose entusiasta. Qualunque altra donna sarebbe rimasta con i tacchi ai piedi pur di non sporcarli.

Arrivammo davanti alle ripide scale sulle quali avevo lasciato l'uomo. Il suo completo reale era macchiato, e non poco, in direzione del petto da una grossa macchia rossastra.
Angie si avvicinò, la sua bocca a quella vista si spalancò e cominciò a tremare leggermente. Fissò prima l'uomo, poi me.
-Ma lui è..- pronunciò lentamente, quasi in un bisbiglio, osservandolo fermamente da capo a piedi.
Indietreggiò di qualche passo, spostando la sua vista ancora una volta su di me.
-Re Ath Frederic Cambels di Scozia.- dissi, rispondendo alla sua domanda prima ancora di sentirla porre del tutto.
-Siete voi l'artefice di tutto questo?- domandò, indicando la grande ferita che l'aveva reso incosciente.
-Già.-

Un silenzio oscuro regnò per vari minuti. Angie scrutava nei dettagli il cadavere.
-Perché?- disse semplicemente, sconvolta.
-È una lunga storia.-

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