Chapter XIV

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Persino il cuore più freddopuò provare empatia,se solo gli viene datala possibilità di farlo

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Persino il cuore più freddo
può provare empatia,
se solo gli viene data
la possibilità di farlo.
Fëdor Dostoevskij

-Walter
Poggiai le chiavi su uno dei grossi tavoli presenti nella stanza, assieme al mio mantello. Angie analizzava ciò che aveva attorno, con un minuscolo sorriso pendente sul viso.
-Non siete mai stata in biblioteca?- le chiesi, incuriosito.
-Due volte. Preferisco leggere nella mia camera, c'è più tranquillità.- rispose, avvicinandosi al fuoco.
-A quest'ora è tutt'altra cosa.- replicai pensante, e la dama anticipò con mia sorpresa le riflessioni che stavo elaborando:
-Il fuoco sembra avvolgere l'intero spazio, come se in realtà ci fosse un tramonto.-
Un leggero rossore ricopriva il confine dei suoi lineamenti, donando un impercettibile luccichio visibile a stento nelle sue iridi.
-Anche uno sconosciuto si accorgerebbe che siete una scrittrice, da come parlate.- la stuzzicai, sedendomi su una delle morbide poltrone che giacevano di fianco al camino.
-Ancora non lo sono, non ho pubblicato nulla.- disse modestamente, spostando lo sguardo verso la mia figura.
-Dubitate del vostro lavoro?- chiesi.
-In verità non penso spesso alla pubblicazione. Scrivo per il semplice gusto di farlo e non per particolari raggiungimenti sociali.- rispose, e lentamente riuscivo a comprendere le sue motivazioni.
-Dovreste riconoscerla come un'opzione.-
-Ci penserò.- affermò, dopo vari minuti, fissando gli ondeggianti movimenti delle fiamme.
-Mettiamoci a lavoro adesso.- dissi, alzandomi in piedi. Angie compì i miei stessi movimenti e ci dirigemmo verso un angolo della biblioteca, in cui erano messi in mostra esclusivamente libri sulle storie dei regni.
Analizzai gran parte delle copertine, fin quando, scostando dei libri, ne vidi uno enorme. Era rivestito probabilmente in cuoio, data la consistenza della rivestitura, ed i suoi angoli erano ornati da degli geroglifici color oro, che donavano ad un ammasso di fogli una stretta eleganza.
Lo presi in mano e lo posai su un tavolo, cautamente. Ci sedemmo su delle poltrone e la ragazza cominciò a sfogliarlo.
Per diversi minuti si sentì solo il sibilo delle pagine che venivano voltate e lo scoppiettare del fuoco.
-Ho trovato la sezione che cerchiamo.- esclamò, dopo un po' di tempo, girando il libro nella mia direzione per farmi scorgere ciò che ci era scritto.
I due fogli erano completamente vuoti, l'unica parola presente era allineata al centro, in maiuscolo: Scozia.
-Ogni capitolo si concentra su un unico stato, ecco perché il libro è così grosso.- spiegò, rigirandolo verso di sé.
Lesse per molto tempo, fin quando trovò ciò per cui eravamo in quel posto.
-Ecco la parte dedicata unicamente alla principessa.- affermò, cercando con lo sguardo qualcosa di abbastanza utile riguardante il veggente.
-Ci sono delle raffigurazioni?- chiesi, alzandomi per mettermi di fianco a lei.
-L'ho trovato!- esclamò nuovamente, ignorando il mio quesito.
Spostò il libro, lo mise fra noi per garantirmi parte della visuale ed iniziò a leggere:
-Hermann Nicksteen, nato nel 1611 in un piccolo quartiere di Londra, venne nominato veggente di corte all'età di soli venticinque anni, per la sua sorprendente bravura. Mantenne il suo ruolo per più di cinquant'anni, fino al 1675 quando morì improvvisamente all'età di sessantaquattro anni, per via della peste.-
Lanciai un'occhiata verso il basso dove una minuscola foto, il cui protagonista rappresentava a pieno i segni dell'età passata, si faceva spazio.
-È lui, adesso siamo a conoscenza di tutte le informazioni che ci occorrono.- dissi, analizzando l'immagine.
Piegai l'estremità della pagina e, con estrema cautela, strappai parte di essa in cui era presente l'immagine.
-E se qualcuno vedesse che manca un pezzo del libro?- domandò Angie, esitante.
-Nessuno saprà che sono stato io.- risposi, con il tono più tranquillo con cui potevo esprimermi.
Chiuse l'oggetto che stavamo esaminando e s'incamminò verso lo scaffale da cui l'avevamo preso.
-Pesa, vi do' una mano.- dissi, seguendola.
-Non ce n'è bisogno.- replicò, raggiungendo il mobile.
-D'accordo.- non insistetti, sapendo che non avrebbe mai accettato il mio aiuto, testarda com'era.
-Quando partiremo?- chiese, sbadigliando per la tarda ora.
-Al più presto, anche domani. Devo solo avvisare il Re.- risposi.
-Spegniamo il fuoco prima di andar via?-
-Non occorre, al guardiano è sfuggito, perciò era acceso al nostro arrivo. Si spegnerà autonomamente nel corso della notte.- affermai, dirigendomi verso la porta. La dama mi seguì, levandosi da dosso il coprispalle che portava, senza dubbio per l'esagerato calore che si stava disperdendo in quello spazio chiuso.
-Vi accompagno nella vostra stanza.- dissi, uscendo.
-Non occorre che vi disturbiate.- obiettò, lanciandomi una delle sue occhiate fulminee.
-Non posso abbandonare a quest'ora della notte una giovane ragazza come voi.-
-Ma siete giovane quanto me, o sbaglio?- replicò, fermandosi al mio fianco.
-Voi avete appena diciannove anni.- confutai, abbassando leggermente il capo per fissarla negli occhi.
-E voi allora, quanti anni avete?-
-Abbastanza per accompagnarvi.- risposi, concisamente.
Angie non pronunciò nulla per il resto della strada, come me del resto. Soltanto i nostri respiri erano udibili, assieme ad i nostri passi silenziosi.
Salimmo la scalinata, voltammo l'angolo ed avanzammo fino a destinazione.
-Eccola.- disse Angie, sussurrando, per evitare che orecchie indiscrete ci sentissero.
Procedette verso l'entrata ed aprì la sua borsa, in cui aveva deposto le chiavi.
-Buonanotte.- mormorai, e lei si girò per rispondermi a sua volta:
-Buonanotte.-
Cercò di fare il possibile per chiuderla silenziosamente, ma fallì ed il tonfo rimbombò per l'estremità del corridoio. Un leggero sorriso mi sfuggì e mi diressi lentamente verso la mia rispettiva stanza. Durante il tragitto sbirciai le lancette dell'orologio, erano le tre passate.

Giunsi in camera e, dopo essermi chiuso dentro, mi tolsi la camicia di seta e la buttai sul divano. Mi affacciai alla finestra e stetti nella stessa posizione per un arco di tempo che non calcolai, scontato ma estremamente riflessivo.
L'Intrepida notte voleva sussurrarmi qualcosa nella sua più oscura immensità, ed io stavo lì a risucchiare ogni minimo suo bisbiglio. Il vento muoveva le foglie posate sugli alberi, trascinandole e spingendole giù, come se ci fosse un qualcosa a tirarle,
come se qualcuno potesse davvero avvolgerle e farle sparire per sempre,
rubando così la loro essenza e spogliarle di ogni minima sensazione.
Come quando si scagliarono contro il mio corpo astratto, per levar via i semi che davano vita alla mia più completa persona,
timorosi proprio di quest'ultima.

Fui un quesito da risolvere fin dal principio, perfino per me stesso.
Eppure, nessuno fu in grado di aiutarmi a scovare la soluzione.. per quanto codardi e sfacciati fossero, restavano uno scrigno di idiozie.
È possibile amar qualcuno per cui sei esclusivamente un mucchio di carbone?
Utile sì, ma l'oscurità prevale sull'utilità come un'enorme cascata sopra un albero infuocato. E per quanto le fiamme possano essere dominate dall'ira, un singolo schizzo è sufficiente per metter fine a tutto.
Soltanto uno.
E la propria persona si dissolve così irrevocabilmente.

Presi dalle tasche il libricino che avevo custodito precedentemente all'interno, accesi la lanterna e mi stesi al di sopra del mio letto, per leggerlo. Il silenzio rendeva l'atmosfera altamente confortevole.

"Volevo, non soltanto, punire, ma punire rimanendo impunito. Un torto non può essere risarcito se il prezzo pagato ricade su chi si vendica. Del pari non è riparato quando il vendicatore manca di manifestarsi come tale a colui che ha fatto il torto."

Ciò che scriveva Edgar Allan Poe mi fece riflettere a lungo quella notte, in particolare sulla frase che mi disse quello stesso giorno Angie, sulla connessione della mia anima con lo scrittore.
Il torto, in sé per sé, era frutto di una vendetta. E se un torto porta alla vendetta ed anche quest'ultima è a sua volta un torto, come si da un fermo a questo giro ripetitivo?
Finii il racconto dopo pochi minuti, e mi addormentai con l'accrescere di quei pensieri confusionari.

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