Chapter IX

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Se non potrò piegare gli dei del cieloscatenerò quelli dell'inferno

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Se non potrò piegare gli dei del cielo
scatenerò quelli dell'inferno.
Virgilio

-Charles
La ragazza rimase in silenzio per un po'. Mi fissava come se tutto ciò non fosse niente di speciale, ma in fondo non lo era.
Non lo era fin quando non mi resi conto che poteva vedermi e sentirmi.
-Ora voglio sapere voi chi siete.- alzai il tono di voce.
-Oh si, ma io volevo sapere la stessa cosa di voi.-
-Ditemi chi siete.-
-Edith Philipson.- Cedette con i nervi a fior di pelle ed io sorrisi.
-Quindi? Voi non siete il Re Charles. Non potete essere lui.-
-Perché no?-
-Perché è morto centinaia di anni fa.-
-Allora la domanda non è chi sono io, ma perché vedete un defunto. Io sono Charles.-
Distolse lo sguardo dalla mia figura e mi venne in contro per scendere la scalinata.

-Dove andate?-
-A riposare, la stanchezza mi fa brutti scherzi.-
-Non ditelo a nessuno.-
-Cosa? Che ho incontrato un uomo che viene da chissà dove e si finge l'erede assoluto del nostro regno? No grazie, non voglio finire in manicomio.-
-Io sono reale. Io sono il Re Charles Hadery.- Sottolineai l'ultima frase come per inciderla nella sua memoria. Sospirò e iniziò a scendere le scale.
Tentai di andarle dietro.
-Miss Edith, potete mantenere il segreto?-
Non mi rispose. -Edith, vi prego.- Continuai a non ricevere risposte. Un'ira profonda iniziava a salire dal basso della mia anima, fino a raggiungere qualsiasi piccola parte d'aria. Provai ad afferrarle il braccio ma non riuscii a toccarla. Era la prima volta che dimenticavo di non avere più il tatto. Urlai il suo nome in preda ad una crisi di nervi. Si girò di scatto con aria di sfida, e forse anche un po' impaurita. Non avevo mai visto un essere più irritante di quello.
-Non dovete dirlo a nessuno, intesi?-
-Suona come una minaccia.- Disse quasi scocciata.
-Potrei farvi decapitare se solo lo volessi, e fidatevi che sono a tanto così dal volerlo. Questa è una minaccia.-
-E come fareste? Siete un fantasma, sempre se ciò che dite è vero.- Sorrise soddisfatta.
-Oh già, voi non sapete niente. Io lo chiederei al principe Walter e lui lo farebbe senza pensarci due volte, siamo parecchio amici, sapete?- Nei miei occhi bruciavano le fiamme dell'inferno. Non so cosa mi abbia fatto adirare, se il fatto che per lei ero un essere qualunque, se perché non mi credeva, oppure perché non voleva promettermi che non avrebbe detto niente sul nostro incontro.
-Va bene, vi credo. Ora non fatevi più vedere.-
-Non mi credete davvero.-
-Come faccio a credere che siete un fantasma?- La sua voce avrebbe potuto rompermi i timpani, se solo questi ultimi fossero stati concreti.
-Non urlate.-

Mi avvicinai ancora di più a lei.
-Ve lo dimostro.- Sussurrai.
Le sfiorai la mano. Attraversai la sua pelle come un filo di vento.
-Non posso toccarvi. Prima eravate girata e non l'avete notato, ma ho provato a farlo.- Il mio tono era vuoto, senza rabbia, senza sentimenti umani. Era soltanto un sussurro. Un buco nero incolmabile.
Edith fece due passi indietro.
-Siete spaventata?-
-No, siete troppo freddo.-
-Sicura di non aver paura di me?-
-Perché dovrei?-
La fissai, provando a darle una risposta. Guardai la mia camicia bianca e poi tornai su di lei. Aveva degli occhi stupendi.

Un ragazzo che sembrava avere più o meno la mia età si avvicinò a passo svelto. -Edith, non posso passare da quella parte, ci sono troppe guardie. Verranno anche qui, controllano il castello. Tornate in stanza, io devo finire il turno di lavoro.-
-Va bene, Gareth. Domani prima delle lezioni passo a salutarvi.- Sorrise con lo sguardo colmo d'emozioni che io non provavo da troppo tempo. Lui le lasciò un bacio sulla fronte e poi si diresse in uno stretto corridoio.

-Non vi ha...-
-Lo so.-
-E perché io ci riesco?-
-Non ne ho idea, ma lo scopriremo.-
Rimase ad osservarmi per secondi interminabili.
-Miss Edith, dovete andare.-
-Sì. Potete raccontarmi qualcosa di voi, una prossima volta?-
-Volentieri.- Provai a sorriderle ma mi riuscì difficile, odiavo farlo. Feci un inchino per salutarla e una sensazione strana ed incontrollata mi colpì come una freccia d'argento. Feci una smorfia di disgusto e presi il verso opposto al suo. Il mio odio nei suoi confronti era tramutato in qualcosa che non comprendevo, che non avevo provato neanche da umano.

La mattina dopo la vidi di sfuggita, mentre salutava il ragazzo biondo della sera prima. Cercai il principe Walter per tutto il castello. Uscii in giardino sperando che fosse lì e lo trovai sdraiato in mezzo all'erba. I ciuffi di capelli folti e chiari erano scompigliati sul terreno soffice ed il suo viso era investito dalla luce del sole. Tra le labbra stringeva una pipa dal colore scuro e tenebroso.
-Principe Walter, come state?-
Lui girò il capo nella mia direzione.
-Come ogni singolo giorno.- Mi rispose con i pensieri altrove.
-Ho bisogno di un favore.-
-Illuminatemi.-
-Edith Philipson non andrà mai da un veggente sotto richiesta. Portatela voi, è importante.-
-Spiegatemi la faccenda.- Riuscii a percepire un piccolo briciolo d'interesse negli spazi delle sue parole.
-Ieri notte mentre vagavo per i corridoi del palazzo ho avuto questo spiacevole incontro con la dama. Inizialmente pensava ch'io fossi reale e non voleva promettermi di non spifferare niente sull'accaduto. Un senso d'odio inondava la mia triste anima condannata, ma quando incrociai davvero il suo sguardo cambiò tutto. I suoi occhi mi riportano a quelli di Meredith Cambels.- Non potevo dirgli che sentivo un profondo bisogno di sapere se avesse davvero qualcosa a che vedere con lei. Era troppo sentimentale per chiunque ed io non sono mai stato un tipo legato ai sentimenti. Era soltanto una profonda curiosità.
-Oh... d'accordo, vedrò cosa posso fare.-
-Mi raccomando non dovete torturarla, ucciderla o farle del male. Dovete solo portarla dal veggente di corte.-
-Tratterò il mio istinto interiore per il tempo che occorre, non preoccupatevi.- Le sue parole avevano perso interesse da molto, ormai. Ma Walter era così, un po' sconnesso da tutto ciò che lo circondava.
-Vi ringrazio, avete libera scelta sul modo in cui compiere questa faccenda.-
-Sazierò la vostra fiducia.-
-Buona giornata, principe.-
-Altrettanto, Charles.-

Le giornate, quando si è morti, passano in modo diverso. Io accoglievo la solitudine ed il silenzio più assoluto. Tornai nel posto a cui ero più legato, la stanza dell'astronomia. Per me era tutto, ogni volta che era vuota ne approfittavo per abbracciare gli astri da lontano, per osservare ogni singolo centimetro del cielo. Nonostante non fosse più in mia custodia rimaneva il mio più grande spettacolo e la mia luce più profonda. Mi sedetti nell'angolo della stanza per pensare, sperando in qualcosa che forse non sarebbe mai arrivato.

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