Chapter XIII

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Nessuno può sfuggireal suo destino; per lui,il barile di Amontilladosarebbe stata la tomba

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Nessuno può sfuggire
al suo destino; per lui,
il barile di Amontillado
sarebbe stata la tomba.
Edgar Allan Poe

-Angie
Le rondini seguivano il vento come se fosse un loro punto di riferimento, cinguettavano e mi sembrò per un istante che il sole le stesse ascoltando attentamente. La sua luce penetrava dal piccolo spazio che s'intravedeva dalla tenda e donava alla mia stanza l'intera essenza primaverile. Sbirciai l'orologio appeso alla parete e notai che era piuttosto tardi e, data la mia solita puntualità, non potevo assolutamente permettermi di far attendere la gente al pranzo di corte.
Indossai velocemente un abito leggero abbinato ad un fiocco per capelli del medesimo colore, ed uscii di fretta. Le uniche presenze vaganti per i corridoi erano le cameriere, ancora in turnazione.
Oltrepassai l'enorme atrio del palazzo e giunsi finalmente all'interno del salone. Ero puntuale come ogni giorno, contrariamente a mia sorella. Salutai garbatamente l'intero gruppo ed occupai il posto di sempre.
Passarono diversi minuti e finalmente arrivò, tutt'altro che imbarazzata, non si scusò nemmeno per la sua scarsa puntualità.
-Edith, ma dov'eri?- le chiesi, soffocando leggermente il mio tono di voce.
-Gareth non riusciva a trovare la sua spada.- rispose, accomodandosi.
Le lanciai un rapido sguardo subdolo e, dopo il breve discorso del Re, incominciammo a sfamarci.
Walter era seduto dall'altra parte del tavolo come se tutto ciò che aveva attorno non lo sfiorasse nemmeno, dovevo riferirgli la mia decisione riguardante la sua proposta.
Dei camerieri ci servirono grosse quantità di cibo e ci sfamammo tutti assieme.
Al termine del pranzo il Re si alzò per primo, anticipando gli altri membri della Corte.
Ne approfittai per raggiungere il principe, il quale avanzava lentamente in direzione del corridoio che conduceva all'uscita.
Corsi e lo superai, voltandomi verso di lui. Sembrava parecchio stanco, dei minuscoli dettagli diversificavano il suo viso dai giorni precedenti.
-Principe Walter, devo parlarvi.- affermai, decisa.
-Avete preso una decisione?- chiese, spostandosi leggermente i capelli.
Annuii, e ci dirigemmo in cortile.
Facevo parecchia fatica ad assecondare il suo passo lento e disinvolto, dato che avevo sempre camminato con molta rapidità.
Oltrepassammo uno dei portici di vetro, che dividevano l'interno del palazzo dall'esterno, e Walter si accovacciò al di sopra di una panchina. Vari secondi di silenzio si avventarono affianco alle nostre figure, rapidamente.
-Verrò con voi, per il benessere di mia sorella, ha il diritto di sapere cos'ha vissuto.- affermai secca, fissandolo dall'alto. Lui ricambiò il mio sguardo, come se gli avessi lanciato una sfida.
-Dobbiamo cercare informazioni sulla principessa ed il suo veggente, avete programmi per oggi?- propose.
-No, che io sappia.- risposi, sfiorandomi leggermente la fronte con la punta delle dita.
-Allo scoccare dell'ultima campana fatevi trovare in questo posto.- disse.
-Perché così tardi?- domandai, confusa. L'ultima campana segnava la mezzanotte, come segno di chiusura della giornata.
-Non credo che i dati a noi essenziali siano così aperti al pubblico da conservarli nei reparti comuni, bensì sono certo che dovremmo controllare in quelli più segregati, e per farlo i guardiani devono essere abbastanza esausti da permettercelo.- spiegò, incurante della mia espressione analizzante.
-Astuto, come sempre.-
-Modestamente.- replicò invadente, con un mezzo sorriso.
Al fine di quell'ultima sua risposta fece per voltarsi, nel mentre i raggi del sole donarono ai suoi ciuffi un colore candido, quasi interamente bianco, ed io feci lo stesso salutandolo con un'alzata di mano.
Ritornai nella mia stanza, mentre il sole raggiungeva il suo punto più alto nel cielo, e lasciai che la musica mi accompagnasse.
Mi sedetti sul morbido sgabello del pianoforte e permisi alle note di danzare tra le mie dita, sfiorando il legno lucido con grazia e dolcezza. Le melodie prendevano vita e riempivano la stanza con un riverbero incantevole, facendo eco alle emozioni che mi tormentavano.
Dopo aver passato del tempo immersa in quelle ultime azioni mi diressi verso la chitarra, appesa alla parete come ornamento accanto al violino, e cominciai a suonare anch'essa.
La musica per me era come un diario, le parole venivano prodotte dalle figurazioni in modo tutt'altro che comprensibile, bensì profondamente orecchiabile.
Fin da bambina iniziai a sviluppare una particolare dote per quest'attività, assieme ad un udito distintivo che i musicisti chiamano orecchio assoluto. Grazie ad esso la riproduzione di brani senza l'essenziale bisogno dello spartito diventò qualcosa di abituale, che mi garantiva la più qualificata esposizione in qualunque luogo, nonché momento.

Passai così gran parte della giornata, fin quando non sentii in lontananza il tintinnio prodotto dalla campana, ed uscii di corsa dalla stanza. Per evitare equivoci lasciai ai piedi le pantofole di velluto che utilizzavo solitamente, e giunsi in giardino senza alcun rumore.
Il frinire delle cicale mi accolse, prendendo parte a quella raffigurazione notturna che mi si prestava davanti.
Walter mi attendeva già nel posto che avevamo concordato, mentre sfogliava le pagine di un piccolo libricino. Rimasi parecchio inibita notando la sua attrazione per ciò che stava leggendo, non avrei mai potuto immaginare che potesse farlo ed in quel momento un senso di colpa si impadronì del mio cospetto, per quel minuto pregiudizio che avevo supposto.
-Da quanto tempo siete qui?- chiesi, fermandomi di fronte a lui.
Il principe alzò immediatamente lo sguardo, chiudendo il libro. Non si era neppure accorto del mio arrivo.
-Abbastanza, la sera vengo spesso qua fuori.- rispose, riponendo l'insieme di pagine in una delle tasche del suo mantello.
-Non sapevo della vostra passione per la lettura, cosa leggevate?- azzardai a domandare, fissandolo.
-Non è proprio una passione, la identificherei più come un passatempo.- affermò.
Riprese il libro dalla tasca e me lo porse, così da farmi leggere il titolo.
-Il barile di Amontillado..- pronunciai a bassa voce, ed alzai lo sguardo verso il volto del principe, esaminandolo.
Nulla traspariva dal suo viso, era abile nel nascondere ogni minima sensazione.
-Sapete, Edgar Allan Poe si addice proprio alla vostra anima.- continuai, nettamente.
-Come potete affermare un simile giudizio, quando io stesso non sono in grado di comprenderla? L'astrattismo è un corpo che nessuno può sfiorare, e parte dell'anima di ognuno di noi è costituita proprio da quest'ultimo.- spiegò, e mi chiesi per un istante se l'immagine dell'uomo che avevo davanti corrispondeva a quella che mi ero già predisposta.
-L'immaginazione può aiutarci a scovarla.- replicai, con un piccolo sorriso.
-Ma è solo frutto di innumerevoli ipotesi che nessuno potrà certificare.- continuò, pacatamente.
-Siete troppo realista.-
-Non c'è niente di sbagliato nell'esserlo, vedo il mondo nella sua forma concreta.-
-Non esiste qualcosa di concreto, dovremmo sapere con certezza l'identità del primo avvenimento che ha dato vita all'universo, ed è irrealistico perfino per me.- affermai.
Le nostre occhiate potevano paragonarsi a degli impercettibili archetti, da cui ci lanciavamo la decisione delle nostre idee, respingendola ed attirandola.
-Incamminiamoci verso la biblioteca, altrimenti non ci sbrigheremo più.- disse, cambiando totalmente discorso.
Lo seguii da dietro e lentamente arrivammo davanti all'enorme portone in legno scuro. Tentai di aprire la porta e notai che era chiusa a chiave, perciò mi girai e fissai Walter con espressione preoccupata.
-L'avevo immaginato.- affermò, cacciando da una delle tasche dei pantaloni un mazzo di chiavi.
Rimasi sbigottita per qualche secondo.
-E quelle dove le avete prese?- chiesi, ancora sorpresa.
-Le ho rubate dal guardiano, adesso dorme tranquillamente nella sua stanza.- rispose, aprendo la porta d'entrata.
Rimanevo sempre più attonita dalle azioni che compieva il principe, considerava ogni suo concetto come un'essenziale parte da compiere.
Chiusi la porta ed avanzammo verso l'interno della biblioteca. Il fuoco ardeva dinnanzi a noi, donando un colore rossastro all'enorme spazio che ci circondava. Scaffali polverosi sembravano diventare un tutt'uno con la parete, a stento visibile per l'immensità di libri presenti.

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